Perdere le tracce
A che serve studiare la storia? Se lo chiedete a uno studente, vi risponderà quasi sempre: «A niente». È una risposta involontariamente colta, perché senza saperlo riprende una posizione espressa da Friederich Nietzsche nel 1874. In Sull’utilità e il danno della storia per la vita, il filosofo immagina che l’uomo chieda all’animale: «Perché non parli con me della tua felicità e ti limiti a guardarmi?». Se avesse potuto, l’animale avrebbe risposto: «Il fatto è che mi sono dimenticato quello che volevo dire». Secondo Nietzsche, la storia è dannosa, perché rende infelici. Se imparassimo a dimenticare, potremmo invece rinnegare la civiltà, recuperare una primordiale spontaneità e vivere in un eterno presente. Sembra proprio quello che è successo nell’età della Rete, nella quale ci troviamo a vivere. In The History Manifesto (2014), gli storici americani Jo Guldi e David Armitage denunciano un tipico male del nostro tempo: l’abitudine di ragionare sui tempi brevi, in economia come in politica, o nella vita quotidiana. L’amnesia è un’esperienza di massa, che va di pari passo con la diffidenza nei confronti della cultura umanistica e del sapere critico. La storia è quindi diventata una delle materie di studio meno popolari, anche nell’università, che pure è una delle istituzioni più antiche e resilienti che l’uomo abbia mai creato. Persino il lavoro dello storico si orienta verso problematiche sempre più specialistiche, settoriali, e di breve periodo: al limite, un giorno nella vita di un villaggio medievale. In sé non ci sarebbe nulla di male, ma la rinuncia all’interdisciplinarità denuncia una crisi delle motivazioni profonde per cui si studia la storia. Come diceva Benedetto Croce, la storia è sempre storia del presente. Ci serve per capire chi siamo e dove ci troviamo a vivere. Per questo la studiamo, e per questo l’ignoranza della storia viene oggi coltivata sapientemente. La pratica della tortura ad usum del potere politico
Jean Paul Sartre, nella prefazione al libro La tortura di Henri Alleg, giornalista francese che l’ha subita personalmente, ha definito la tortura come un crimine ignobile e lurido, commesso da uomini contro altri uomini, e che altri uomini ancora possono e debbono reprimere. Non è inumana perché l’inumano non esiste, se non negli incubi generati dalla paura. Basta il calmo coraggio di una vittima, la sua modestia, la sua lucidità, per liberarci dalla mistificazione. Per i medici è più difficile affrontare l’argomento sia perché hanno fatto proprio il giuramento d’Ippocrate di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona, sia perché hanno diretta conoscenza della sofferenza e del dolore e conoscono le misure che la scienza medica mette a disposizione per ridurle o abolirle. Leggi tutto: La pratica della tortura ad usum del potere politico Napoli prende posizione sulla crisi umanitaria di Gaza
«Visto il mancato rispetto da parte di Israele del ruolo e delle funzioni sancite dallo statuto delle Nazioni Unite e dallo statuto della Corte Internazionale di Giustizia in merito alla legalità internazionale» [Sergio d’Angelo – Consigliere Comunale di Napoli] La mozione ha chiesto ancora al sindaco, in qualità di presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, di reclamare presso regioni e governo l’adozione di restrizioni agli accordi per lo studio, la cultura, la ricerca e gli scambi commerciali e tecnologici verso università ed imprese israeliane. Primo firmatario del documento è stato il consigliere Sergio D’Angelo: «A Gaza si è consumato un vero e proprio sterminio di innocenti, duecento giornalisti uccisi, operatori sanitari, medici, volontari, cooperanti e soprattutto popolazione civile, decine di migliaia di bambini. Tutto quanto questo non è più possibile tollerarlo.» Leggi tutto: Napoli prende posizione sulla crisi umanitaria di Gaza La Ruota degli esposti di Manduria: l’infanzia abbandonata nell’Ottocento
Per ragioni narrative e nel rispetto della sensibilità storica e della riservatezza personale connessa ai fatti descritti, premetto che useremo un nome di fantasia al posto di quello – anch’esso attribuito in modo convenzionale e non ereditario – assegnato alla neonata abbandonata che è stato realmente registrato nei documenti dell’epoca. Si tratta del documento con cui viene registrata ufficialmente la nascita di una neonata che noi chiameremo “Maria Assunta Luce” (nome che, come già ho anticipato, non corrisponde a nessuna persona reale), una bambina abbandonata che ricevette una prima accoglienza nella cosiddetta “casa della ruotiera o dei proietti”, luogo destinato ai nati da genitori ignoti, situato proprio in quella zona della città dove esiste il piccolo immobile che un tempo ha ospitato la ruota degli esposti o dei proietti. Quella stessa strada, come diremo in seguito, è stata oggi denominata via della Ruotiera, toponimo scelto recentemente per rendere omaggio a questa pagina dimenticata della storia sociale e civile di Manduria.* Leggi tutto: La Ruota degli esposti di Manduria: l’infanzia abbandonata nell’Ottocento Le false speranze di Kiev nella Nato
Dopo un periodo di entusiasmo iniziale quando l’Alleanza Atlantica era diretta dal norvegese Jens Stoltenberg, con il passaggio delle consegne all’olandese Mark Rutte meno di un anno fa tale entusiasmo è assai diminuito. Non è certo colpa di Rutte, ovviamente, che sta facendo il possibile per tenere unita l’alleanza. Le cause vanno piuttosto ricercate a Washington, dove a Donald Trump non basta aver imposto alle nazioni Nato dazi sulle esportazioni e un corposo aumento della spesa militare. E’ ben noto che il tycoon non crede molto all’alleanza occidentale e cerca, al contrario, di ristabilire buoni rapporti con la Federazione Russa di Putin (tentando, al contempo, di tenere a bada la Cina). Di qui le continue sberle in faccia ai tradizionali alleati europei e asiatici, e un disinteresse progressivo per Kiev. Tutto questo proprio mentre il gruppo dei “Brics” (formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ai quali si sono recentemente aggiunte altre nazioni importanti come Indonesia, Egitto e Iran, sta lavorando intensamente per promuovere il commercio extra-occidentale. Non solo.
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