La strana realtà dell’Intelligenza Artificiale
La preoccupazione per l’allargamento della guerra tra Federazione Russa e Ucraina ci induce a dimenticare un fatto davvero essenziale. E il fatto è questo: si tratta del primo conflitto che si svolge anche nella dimensione del “cyberspazio”. Si tratta di una novità di enorme portata, poiché ci fa capire che, d’ora in avanti, la guerra non sarà più la stessa. Non solo. Quello ucraino è anche il primo conflitto digitale tra nazioni, e questo implica che anche un’eventuale pace dovrà essere perseguita sul piano digitale. Gli hacker, e soprattutto quelli al servizio diretto di uno Stato, avranno un ruolo sempre più decisivo per decidere le sorti dei conflitti. Si noti, a questo punto, che la classica distinzione tra realtà naturale da un lato, e realtà artificiale (o digitale) sfuma sempre più. Un hacker molto abile può farci credere tutto ciò che lui (o lei) vuole, facendoci entrare in una dimensione che, con la vecchia realtà, ha ben poco a che fare. Dunque il pragmatismo filosofico aveva ragione a insistere sull’importanza fondamentale della “possibilità”. Se non esiste una natura umana in quanto tale, né una natura ultima delle cose, allora l’unica realtà di cui disponiamo è quella che si manifesta nel nostro agire o, se si preferisce, nel corso delle azioni che gli esseri umani compiono quotidianamente. A ben guardare, l’Intelligenza Artificiale segue proprio questa strada: essa plasma e rimodula il Reale, il quale diventa semplicemente il risultato di un processo di costruzione che gli enormi sviluppi della tecnologia hanno infine reso possibile. Castrati fisici e castrati mentali
Conservo sempre un affettuoso ricordo del mio prof. Androkli Baltadori, docente di Ecologia Agraria all’Università degli Studi di Perugia, che soleva sbottare ogni tanto con la frase: “roba da castrati”, riferendosi alla pochezza mentale di insulsi personaggi del tempo che operavano nel campo scientifico. E di castrati mentali se ne incontrano tuttora ogni giorno, spuntano come i funghi dopo le prime piogge autunnali e, come il prezzemolo, s’imbucano in ogni minestra, facendo capolino da ogni campo dello scibile umano, dalle scienze, alle lettere, alla politica, alla religione. Per illustrare – seppur marginalmente – la tanta sporcizia che galleggia allegramente nel campo scientifico, Giovanni Ferrari, all’epoca ordinario di biotecnologie vegetali all’Università di Padova, dove insegnava Biochimica Agraria e Fisiologia delle piante coltivate, scrisse un libretto dal titolo Homo Scientus – Crescita o declino di una nuova specie?1 In prefazione Ferrari ha scritto che «come il “politichese” ha creato il baratro tra cittadini e politici, lo “scientese” l’ha creato tra scienziati di diversa estrazione e tra produttori e destinatari dell’informazione scientifica.» La tradizione popolare in Campania: la tammurriata
La musica come forma di espressione popolare deve il suo nome al fatto che in origine era prodotta e fruita dalle classi popolari. Si distingue ancora oggi a seconda delle aree geografiche e si differenzia dalla musica colta, oltre che per lo stile e le pratiche, anche per essere completamente priva di notazione musicale. Inoltre, risulta essere particolarmente legata a specifiche occasioni funzionali connesse a vari momenti di vita collettiva (matrimoni, festività religiose ecc.): essa è infatti definita musica funzionale, cioè legata al contesto esecutivo. La musica popolare è studiata dall’etnomusicologia con alcuni contributi antropologici e sociologici; essa Influenza ed è influenzata dalla musica colta. L’assenza di forme di scrittura e la sua trasmissione da individuo a individuo rappresentano la conservazione della comunità attraverso se stessa: la musica diviene, quindi, espressione sociale di una comunità. In Campania questa tradizione è molto viva e sentita e si manifesta soprattutto attraverso il fenomeno culturale della Tammurriata. Ma andiamo alle origini. Leggi tutto: La tradizione popolare in Campania: la tammurriata Economia circolare: il cerchio da chiudere
Il concetto di economia circolare, il riciclo dei materiali prodotti, è piuttosto recente nella storia dell’umanità. Nei secoli scorsi si recuperava materiale edile, pietra o marmo per i nuovi edifici, oppure materiali preziosi, oro o argento, in tempi più recenti carta straccia o indumenti usati. Il riciclo di materiale organico era comune nella società contadina, alcune forme di riuso sono ancora apprezzate in ambito gastronomico, vedi la “ribollita” toscana con avanzi di pane e verdure. Anche durante i periodi bellici si sono riusati materiali: un ricordo storico è la raccolta di ferro domestico durante le sanzioni comminate all’Italia per l’aggressione all’Etiopia nel 1935. L’accumulo di materie di scarto era messo in discarica senza problemi. Un esempio è quello del monte Testaccio, una collina artificiale nella zona portuale dell’antica Roma. Alto 54 metri e con una circonferenza di circa 1 chilometro, è formato da milioni di cocci, le testae, da qui il nome del monte. Sono in prevalenza frammenti di anfore accatastati con la massima economia di spazio, utilizzando la calce per eliminare gli inconvenienti causati dalla decomposizione dell’olio. La strage degli innocenti in Trentino
Gli agenti del Corpo forestale trentino hanno eseguito il decreto firmato venerdì scorso dal presidente della Provincia autonoma di Trento provvedendo alla rimozione, tramite abbattimento, dell'orso M91. L'operazione è stata condotta all'interno del territorio del comune di Sporminore e si inserisce nell'ambito di quanto prevede la legge provinciale 9/2018 ai fini di "assicurare la tutela della sicurezza e dell'incolumità pubblica. A distanza di parecchi mesi dall'inseguimento di una persona che non aveva determinato alcun tipo di attacco, una barbara ed insensata uccisione. L’ennesima. Maurizio Fugatti, Presidente delle Trentino, ormai è noto come ‘lo sterminatore di orsi’ dato che sembra che l’unico obiettivo della sua vita sia abbattere questi animali. Alla base di una società civile dovrebbe esserci il rispetto per gli animali ed invece c’è questa sete di sangue che fa diventare prioritario l’abbattimento di esemplari dichiarati pericolosi. Mentre la caccia viene considerata un’attività ricreativa e consentita, non si fa nulla per trovare soluzioni alla convivenza degli orsi, il cui habitat naturale è invaso dall’uomo e non il contrario, e li si abbattono.
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Cultura della legalità A un anno dal DL Caivano, non voltiamoci dall’altra parte Vittime innocenti. Novembre 1945- 2021
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