Scienza e relativismo dei concetti
1) Culture diverse impiegano schemi concettuali radicalmente diversi per definire ciò che esiste nel mondo, per determinare come oggetti ed eventi sono organizzati nel tempo e nello spazio, e quali tipi di relazioni vi sono tra le cose. 2) Non è possibile fornire motivi razionali per concludere che uno degli schemi concettuali tra loro in competizione riflette meglio di un altro la realtà. La prima tesi seleziona le assunzioni di fondo degli individui che appartengono a un certo gruppo a proposito del mondo circostante. Basandoci sulla visione del mondo della scienza occidentale, noi identifichiamo oggetti dotati di proprietà causali, collocati nello spazio e nel tempo; ciò ci porta a concludere che ogni evento ha una causa. Tuttavia i relativisti culturali sostengono che questo è soltanto uno tra molti schemi concettuali possibili, e che, inoltre, la varietà delle alternative si può constatare attraverso lo studio delle culture non occidentali. Possiamo cominciare la discussione di questa tesi menzionando l’ipotesi di Whorf. Benjamin Whorf negli anni ’30 del secolo scorso studiò in modo intensivo la lingua degli Hopi. Dalle sue ricerche egli trae la conclusione che le concezioni Hopi dello spazio, del tempo, della causalità e di altre categorie metafisiche fondamentali sembrano radicalmente differenti da quelle in uso nelle lingue e nelle società occidentali. Com’è noto, Kant affermava nel XVIII secolo che l’intero pensiero razionale dipende dall’esistenza di un insieme di concetti universali (trans-culturali) mediante i quali l’individuo analizza il mondo empirico; “oggetto fisico”, “spazio”, “tempo” e “causalità” sono alcune delle idee che Kant riteneva fondamentali e universali, cioè valide per ogni uomo in quanto tale. Whorf, al contrario, sostiene che lo schema concettuale Hopi è radicalmente diverso da quello kantiano, a sua volta basato sulla fisica newtoniana e sulla geometria euclidea. I ricordi di Napoli nella Giornata della Memoria
«Rappresenta non solo un luogo del ricordo e della memoria, ma anche un luogo dell’impegno di Napoli nel contrastare tutte quelle che sono forme di intolleranza e ricordare questo terribile episodio della Shoah. Mai come in questo momento nel quale ritornano in Europa venti di intolleranza e venti di violenza ricordare con grande impegno questo momento buio della nostra storia, soprattutto per le nuove generazioni è molto importante perché è un monito per evitare di ripetere gli errori del passato.» [G. Manfredi – Sindaco di Napoli] Successivamente sono stati deposti dei fiori in P.zza Bovio presso le pietre d’inciampo e la cerimonia in Prefettura con la consegna delle medaglie alle vittime della deportazione nei lager nazisti. Leggi tutto: I ricordi di Napoli nella Giornata della Memoria Antonio Amoretti, ultimo testimone delle Quattro Giornate di Napoli
La scomparsa di Antonio Amoretti è stata, però, una perdita per la storia della città di Napoli. Ultimo testimone delle Quattro Giornate, Antonio ha tenuta accesa la fiaccola della Memoria, raccontando, specialmente ai giovani, di quei giorni di settembre del 1943, ottant’anni fa, quando un popolo intero, ribellatosi al giogo nazifascista, diede inizio alla Resistenza italiana. Antonio, studente di poco più di sedici anni (era nato nel 1927) noto come Tonino ‘o biondo, nel suo quartiere –Stella San Carlo all’Arena- era un po’ il punto di riferimento dei suoi coetanei quasi tutti garzoni di barbiere, dei guantai o dei calzaturifici della zona. Aveva ardore e coraggio; forse troppo coraggio, tanto che anche il suo papà –uno dei ragazzi del 1899 combattente nella Grande Guerra- temeva per quel figlio troppo audace, sprezzante del pericolo, pronto a scendere in strada, dietro una barricata, dall’alto di una terrazza, per battersi contro gli occupanti nazisti. Leggi tutto: Antonio Amoretti, ultimo testimone delle Quattro Giornate di Napoli Degas a Napoli, rarità in mostra a San Domenico Maggiore
Alcune delle opere esposte restituiscono uno sguardo insolito sulla Napoli di metà Ottocento. «Fra gli impressionisti la fotografia è stata molto importante, in particolare Degas che ha sperimentato punti di vista diversi ed ha utilizzato le fotografie per realizzare disegni e dipinti. [Vincenzo Sanfo – curatore della mostra] Impressionista atipico, Edgard Degas ebbe tra i suoi soggetti prediletti le ballerine e le prostitute. Con il catalogo della Maison tellier il pittore parigino indagò con acuto realismo gli interni di una casa di appuntamenti. «E’ la serie di monotipi utilizzata da Degas indagando la vita delle case chiuse parigine. Ha ripreso i racconti di Guy de Maupassant ed ha realizzato monotipi molto rari, difficilmente esposti, che raccontano la vita di queste poverette che vivevano in queste case chiuse, luoghi abituali di uomini della Parigi di fine Ottocento.» [Vincenzo Sanfo – curatore della mostra] La mostra resterà a Napoli fino al 10 aprire 2023. Leggi tutto: Degas a Napoli, rarità in mostra a San Domenico Maggiore Zivia Lubetkin e le altre. Partigiane nei ghetti nazisti
Zivia (Celina fu il nome di battaglia) e gli altri partigiani, tutti tra i venti e venticinque anni, ad eccezione di Celina, che ne aveva ventinove, erano acquattati negli armadi, nascosti dietro le porte e in ogni angolo della casa. Il silenzio fu rotto dal rumore degli stivali dei tedeschi che salivano le scale del caseggiato. Quando irruppero nella stanza dove Zivia e i compagni sedevano intorno al tavolo come se fossero poveri ebrei in attesa dell’esecuzione, tutti uscirono dai nascondigli; i tedeschi furono massacrati con ogni tipo di arma e i sopravvissuti batterono in ritirata.» Fu uno dei primi episodi di ribellione nel ghetto di Varsavia che precedettero la rivolta generale nell’aprile successivo; il tutto è stato descritto nel libro di Judy Batalion Figlie della resistenza. La storia dimenticata delle combattenti nei ghetti nazisti (2023). L’autrice di origini canadesi è nipote di alcuni sopravvissuti all’Olocausto Nel libro sono state ricostruite le storie di Zivia Lubetkin e di altre donne che operarono contro l’occupazione nazista in oltre novanta ghetti dell’Europa orientale, per ricordare il contributo femminile, rimasto a lungo nell’oblio. Leggi tutto: Zivia Lubetkin e le altre. Partigiane nei ghetti nazisti Altri articoli... |
Pubblicazioni mensiliStatistiche
(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on lineAbbiamo 308 visitatori e nessun utente online |