Lo storicismo secondo Popper
Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una molteplice graduazione delle posizioni sociali. La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta. La nostra epoca, l’epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L’intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l’una all’altra: borghesia e proletariato». Per Popper tutto ciò è “storicismo”, dove con tale termine si intende un’interpretazione del metodo delle scienze sociali che aspiri alla previsione storica mediante la scoperta dei “ritmi”, delle “leggi” e delle “tendenze” che sottendono l’evoluzione storica. Quando parla di storicismo, egli pensa dunque alle filosofie della storia nelle quali si presume di aver colto la legge (o le leggi. che guiderebbe l’intero corso della storia umana: può trattarsi di leggi di decadenza, di progresso, di sviluppo ciclico, etc. E, una volta comprese tali leggi, diverrebbe ovviamente possibile predire il corso futuro della storia. Le concezioni di Hegel, Comte e Marx sono esempi di filosofia della storia. Popper le critica in quanto infalsificabili, e quindi nel senso che le loro previsioni non sono scientifiche, ma solo “profetiche”. All’epistemologo austriaco preme dimostrare che lo storicismo è una concezione insostenibile dal punto di vista logico. Infatti - egli afferma - per ragioni strettamente logiche ci è impossibile predire il corso futuro della storia. Josef Radetzky, feldmaresciallo a Vienna, gendarme a Milano
Nato in Boemia il 2 novembre 1766, iniziò la carriera militare come cadetto a 18 anni. Partecipò con gradi di comando sempre maggiori fino a feldmaresciallo, la massima carica onorifica tedesca, alla guerra austro-turca (1788-1791), alle guerre rivoluzionarie francesi e contro Napoleone e alla prima guerra d’indipendenza italiana. Nel 1834, a settant’anni, si insediò stabilmente a Milano. In quel periodo l'armata austriaca di stanza in Italia consisteva in circa 100mila uomini. Negli anni successivi limitò il proprio ruolo a questioni strettamente militari intervenendo solo con modeste riforme sulle tassazioni. Dopo il 1846, per la crescente intolleranza della popolazione al dominio austriaco e l’aumentare dei sentimenti patriottici, impose feroci provvedimenti di repressione e proclamò lo stato d'assedio. Sconfitto nelle “Cinque giornate di Milano” nel 1849, vi ritornò dopo la vittoria a Custoza sull’esercito piemontese guidato da Carlo Alberto, completando il soffocamento delle libertà su tutto il Lombardo-Veneto con la resa della Repubblica di San Marco. Assunse “il governo militare e civile delle province”, che mantenne fino al 1857 arrogandosi molte competenze civili (oltre a quelle di polizia), con un atteggiamento strettamente repressivo. Leggi tutto: Josef Radetzky, feldmaresciallo a Vienna, gendarme a Milano I danni della pseudostoria
Nonostante le differenze di contenuti, di protagonisti, di temi e periodi storici, la pseudostoria ha alcuni fattori comuni, riassunti da Garrett G. Fagan nel suo saggio Archaeological Fantasies (Routledge, New York 2006), che riguarda in modo specifico la pseudoarcheologia. Riprendendo quanto scritto da Fagan e rielaborandolo, si possono individuare alcune componenti abituali nella pseudostoria.1 1) È immancabilmente opera di semplici dilettanti, invariabilmente privi sia d’una preparazione culturale specifica, sia d’esperienza di ricerca storica. Spesso costoro sono privi persino di una formazione universitaria di qualsivoglia genere e nella loro esistenza hanno svolto professioni lontanissime da quella di storico. In Italia, fra celebri autori di pseudostoria si ritrovano uno sceneggiatore televisivo, un tabaccaio, un cantante, giornalisti esperti di cronaca nera o di calcio… 2) Rifiuta ogni forma di confronto con la storiografia, che viene escluso accusando a priori e senza prove tutti gli storici d’essere falsari e mentitori consapevoli, perché intenzionati a nascondere una verità che loro stessi conoscerebbero ma che vorrebbero nascondere. Insomma, postula un gigantesco complotto degli storici, nonostante la sua inverosimiglianza, considerando che tale categoria professionale è diversificata per nazionalità, idee politiche, metodologie, istituti di ricerca etc. etc. etc. Ad esempio, in Italia il sedicente revisionismo del Risorgimento immagina fantasiosamente che esista una “storia ufficiale” i cui membri sarebbero parte, tutti, di una medesima congiura contro la verità. Per una storia del regno d'Italia
Simili visioni, care in particolar modo ai secessionisti o comunque a coloro che contestano lo stato nazionale predicandone la dissoluzione e la scomparsa, non hanno in realtà fondamento storico alcuno. È appena il caso di precisare che nazione e stato non sono sinonimi e che la patria o gruppo etnico continua ad esistere qualunque sia la forma politica in cui si trova. L’Italia ha un’esistenza più che due volte millenaria che si esprime sul piano della lingua, dell’onomastica, della toponomastica, della letteratura, dell’architettura, dell’urbanistica, della musica, delle strutture giuridiche, della coscienza collettiva ecc. Essa non nasce quindi nel 1861, essendo pienamente esistente quantomeno dal I secolo avanti Cristo. Non è neppure vero che l’Italia non fosse mai stata unita prima del Risorgimento. Il 17 marzo del 1861 è il momento in cui il regno d’Italia viene ad essere ufficialmente e giuridicamente ri-costituito, non costituito, poiché esso era già esistito in precedenza e per lunghi secoli. Tommaso Gar e la Biblioteca Universitaria di Napoli
Dopo la laurea a Padova nel 1831 si trasferì a Vienna dove conobbe la baronessa Madeleine Creutzer che divenne sua moglie. Nel 1838 fu assunto come segretario presso il conte Moritz Von Dietrichstein prefetto della Biblioteca di corte. Nel 1842 entrò nella redazione dell'Archivio Storico Italiano per poi vincere il concorso alla Biblioteca Universitaria di Padova. Partecipò ai moti del '48 e divenne ambasciatore della Repubblica di San Marco. Dopo la caduta di Venezia, dal 1853 al 1862 diresse la biblioteca civica di Trento. Nel giugno 1863 fu nominato direttore della Biblioteca Universitaria di Napoli al posto di Paolo Emilio Imbriani che era stato destituito dal ministro della Pubblica Istruzione Cesare Correnti. L'ambiente politico dell'epoca non era dei più felici a causa dell'invasione piemontese avvenuta due anni prima e con la guerra civile ancora in corso nelle campagne. Leggi tutto: Tommaso Gar e la Biblioteca Universitaria di Napoli Altri articoli... |
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