Miti e Riti (3)
Vlad Tepes, o se volete, semplicemente e meglio Dracula, ha innescato e continua a innescare incredibili e fantastici confronti tra il reale, l’irreale e l’assurdo in cui la realtà storica si confonde con quella leggendaria, alimentando all’infinito un mito inutilmente svelato e sviscerato dalla storiografia contemporanea più attenta. Le continue e debordanti contaminazioni e ibridazioni tra un Dracula-Hitler, un Dracula-Stalin o un Dracula-Ceausescu non fanno che il gioco di un Circo Barnum al Servizio della confusione mediatica. Malgrado ciò, proprio questa continua e incalzante mitologizzazione consente agli studenti, ai giovani e agli adolescenti di percepire il labile e sottilissimo confine che separa la propaganda, la pubblicità dalla storia e come la storia , quella meno inattendibile, faccia un’enorme fatica a imporsi all’attenzione e come essa oggi , per essere studiata a scuola e all’Università, abbisogni di strumenti multimediali più che di strumenti semplicemente testuali. Il mito di Dracula è così potente e prepotente proprio perché si fonda, si produce e si diffonde attraverso mezzi fluidi e flessibili che consentono una continua e instabile fermentazione immaginativa che evolve in continuazione, servendosi di mezzi elettronici e telematici che sfuggono a qualsiasi duratura e costante definizione.
Questa inesauribile crescita ipertestuale in rete, arricchita dall’incessante produzione cinematografica, televisiva e da una editoria iper - ricettiva rispetto a questa topica transdisciplinare di massa, trova la sua sublimazione e la sua inesausta e agguerrita progressività narrativa nella indefinita ed inesauribile proliferazione affabulativa di siti e sitografie di illustri e perfetti sconosciuti che con i loro continui assemblaggi multimediali rinverdiscono costantemente e permanentemente una saga che sembra non avere fine. Proprio l’estrema e inesauribile narratività del “testo draculico” consente agli artisti, soprattutto “agli artisti” del mondo elettronico e multimediale, ma anche agli studenti, giovani ed adolescenti, di contaminare e intersecare generi e forme testuali e ipertestuali che finiscono con l’apparire tanto più reali proprio perché gli stessi studenti, fino a che punto consapevoli, è difficile dirlo, vivono a scuola come nell’extrascuola una realtà ibridata e allo stesso tempo parcellizzata da tecnologie , che, come, le campane medievali, sembrano scandire i ritmi ambigui e distorti delle loro precarie ed effimere esistenze. Le vicende narrative del Principe della Notte non lanciano solo segnali truculenti, fantasmagorici, diabolici , mefistofelici e allucinogeni , come una critica falsamente adulta vuole cogliere per stigmatizzare un mondo malconosciuto e disprezzato perché ritenuto vacuo e infantile. Nelle feste e nei trastulli dei nostri adolescenti non ci sono solo esigenze psichedeliche : nella dialettica draculica è presente anche una dirompente forza antitetica , contestatrice e alternativa che sottilmente e lentamente, ma poi prepotentemente incalza e spinge verso la ribellione. Alla fine del suo percorso narrativo e della sua vicenda umana e transumana del Conte, i contadini sempre repressi e oppressi dal potere sovrumano e “biotecnolgico” del Vampiro trovano finalmente la volontà e la forza della rivolta . Questo mondo gotico e brutale, questa infinita, bestiale e satanica manifestazione di un potere senza scopo e senza fine, se non quella dell’eterna e sanguinaria autoriproduzione biogenetica all’improvviso implode perché le sue vittime sacrificali, i tanto bistrattati e vituperati contadini rumeni o meno che siano, prendono coscienza di se stessi, della loro effimera e precaria condizione sociale ed esistenziale, della loro terribile forza d’urto come gruppo sociale e politico. Anche nella Romania ortodossa e bizantina, tradizionalista, addormentata e addomesticata da un potere millenario, illimitato, onnipresente e corrosivo, i fuochi di rivolta contadina preannunciano la Grande Svolta, una Rivoluzione giacobina o bolscevica ormai prossima e inevitabile.
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