Il velo strappato sulla cupa notte
Ieri. È antipatico citarsi. Chiediamo preventivamente scusa e si può immaginarci contrite, con la testa inclinata all’indietro, impegnate a battere i pugni violentemente sul petto. Meglio scaricare su noi stesse la violenza esplosa dentro e farlo in un gesto tipico del mea culpa. La faccenda, in una sintesi estrema, tipo la concentrazione di sali precipitati nel fondo del bicchiere, ma afferrando qualche granello di sale prima che giunga alla fine del viaggio: I° Viene voglia di scrivere un racconto lungo, di genere fantasy, e si decidere di pianificare una metafora. Vogliamo parlare di arte, delle tantissime opere conservate nei musei e, soprattutto, nelle sale nascoste giacché in Italia non ci sono spazi adeguati per dare degna visibilità a tutto. Abbiamo in mente gli Uffizi, Firenze. Vogliamo parlare anche di emigrati della Campania, delle zone interne del Cilento che nessuno conosce. Sono stati tanti e si sono dispersi per il mondo. L’intenzione è riportarli tutti a casa propria, anche coloro che sono morti lì, in quelle terre lontane. Ciò implica che si dovrà andare in Francia, negli U.S.A., in Brasile … in tantissimi altri Paesi. Ci andremo, con la mente.
II° Siamo definibili plasticamente “ciucce”. Mai letto il genere fantasy e, come tutti gli italiani, di geografia ne sappiamo poco. Di arte: qualcosa di più, ma il livello è basso. III° Si avverte la necessità di approfondire, di recarci alla Biblioteca provinciale di Salerno. Si ammirano gli incunaboli; si sfiorano molti libri; si va via, girandoci più volte, con la sensazione di ferire la Cultura nel girare le spalle ai libri e con ancora almeno una piccola matassa di idee da dipanare. Ci rendiamo conto subito che non basta. IV° Si prendono armi e bagagli e si va a Napoli: andiamo a mangiare un dolce a Spaccanapoli, da Scaturcio. Si passa per via Dei Librai. Ci rapisce una bancarella. In bella vista c’è Notizie su Capodimonte. Catalogo del museo e gallerie nazionali, di Bruno Molajoli. Non è in buonissime condizioni. Qualche pagina interna, con illustrazioni, è azzeccata alla dirimpettaia. Lo acquistiamo lo stesso: euro 14,00. Ci rechiamo alla Biblioteca di Storia dell’Arte Bruno Molajoli, a Castel Sant’Elmo. Ci accolgono con gentilezza tutta napoletana. Adocchiamo il libro Journal de voyage du Cavalier Bernin en France, (Electa Napoli ed.). Autore: Paul Fréart de Chantelou. Ottimo. Tornerà molto utile per la tesi di una delle due che, nell’abstract in Francese, inizierà così: Le 7 décembre du 1558 c’est un jour très important pour Naples: c’est la date de naissance de Gian Lorenzo Bernini. Son père, Pietro, était un architecte et Gian Lorenzo était destiné au succès. Lasciamo la Biblioteca, emozionate e davvero grate. V° Ci si reca all’Archivio di Stato. Ci imbattiamo in documenti sul brigantaggio politico, in giornali dell’epoca. Le notizie torneranno utili in una serie di articoli, poi pubblicati da Il Giornale del Cilento. VI° Finalmente si giunge all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Intravediamo l’avvocato Gerardo Marotta. Ci appare minuto, tenero. Gli sguardi si incrociano per pochi attimi. Noi diamo di gomito. Entrambe pensiamo: Che tenero! È pensieroso. Non facciamo nulla per distoglierlo. Sfioriamo i libri con lo sguardo. Dire che farlo è libidinoso forse sembra brutto, ma lo è. Notiamo i libri di Giordano Bruno e Benedetto Croce. Quelli del filosofo torneranno utili per una serie di articoli pubblicati in Napoli Misteriosa. Saranno tra i più letti in assoluto. Quelli del nolano Giordano Bruno: saranno al centro del nostro racconto lungo SENZA MACCHIA. Giordano Bruno sarà da noi “usato” in maniera spudorata. Da quel momento in poi studiamo le sue tecniche di memorizzazione. Avendo in mente la sua fine, mandato sul rogo a Roma, in piazza Campo de’ Fiori e le ceneri disperse nel Tevere, non potrà che essere da noi resuscitato. La sua energia contribuirà a dissolvere Madre Terra, questa Madre Terra violata di continuo, in un processo di cancellazione apparentemente indolore. L’Energia giungerà a Napoli, si recherà al centro della navata della Cappella Sansevero. Sembrerà voler osservare il Cristo velato, tra le opere più note e suggestive al mondo. Quel Cristo per noi ha il volto di Gerardo Marotta. Ci vediamo, contemporaneamente, anche quelli degli operai, dei contadini, degli intellettuali che hanno dato e danno il sangue per una città. Nel silenzio assoluto. Nel disinteresse di certa politica che ancora non è stata mandata in pensione. Oggi. Il bianco velo si strappa e attraverso quella ferita siamo trascinate nella cupa notte: «… il camion dei traslochi si appresta a caricare l’ultimo pacco di libri sfrattati dagli appartamenti dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Finiranno ammassati in un capannone a Casoria dove nessuno studente potrà più consultarli. Un patrimonio culturale costato all’avvocato anni di sacrifici e debiti. In quei pacchi rischiano di marcire dalla prima edizione italiana dell'Encyclopedie di Diderot e D'Alembert, agli scritti di Giordano Bruno e Benedetto Croce. Marotta li tocca con infinita tristezza.» Lo si legge in Il Nuovo Monitore, articolo firmato dalla Direttrice Antonella Orefice
C’è una foto: Gerardo Marotta è quasi diafano. Con un velo di barba e l’evidente tristezza nello sguardo, al di là degli occhiali. Vorremmo essere con lui, dargli almeno una pacca sulle spalle. Forse è tardi. Forse avremmo dovuto farlo allora, nell’estate del 2007. Forse è colpa nostra se l’Istituto chiude. Ce ne assumiamo la responsabilità. Autolesioniste. Imprevidenti e incapaci a chi dopo noi avrà bisogno di consultare quei libri. Sputateci in faccia! Fatelo pure, avete ragione, ma non può finire così. Seguano atti responsabili agli appelli infiniti. Chi può faccia e lo faccia non presto, bensì ora. Nota. Dalla visita all’Istituto è nato SENZA MACCHIE, e Book sin dall’inizio scaricabile gratuitamente dalle pagine di Edizioni Scudo, collana LONG STORIES: Siamo felici che sia stato il più scaricato in assoluto in Italia e in altri Paesi, adottato anche dalla Scuola Dante Alighieri in alcune sezioni estere. Lo siamo perché in molti hanno potuto imbattersi nella Napoli sconosciuta. Vorremmo sapessero che quel Cristo per noi è Gerardo Marotta. |
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