Napoli, in Piazza del Plebiscito il padre dell'assassino troneggia con due statue
Tra le assurdità di sistemazione dei monumenti civili per onorare la memoria storica alta di Napoli una è quella della statua di Carlo III, opera di Canova, che campeggia sul lato destro di Piazza del Plebiscito (a sinistra domina quella dell’assassino figlio Ferdinando IV). Poiché tra le otto statue di sovrani che ornano le nicchie a piano terra della facciata del Palazzo Reale sulla Piazza del Plebiscito, c’è anche quella di Carlo III di Borbone, si crea l’assurdo di un sovrano borbonico, che è presente due volte nella stessa piazza. Poichè si tratta comunque di una statua di valore artistico e storico, si dovrebbe (si dovrà) spostarla nella sua naturale destinazione: la grande Piazza Carlo III, contribuendo a creare così una scena suggestiva, estetica, per chi entra in Napoli, scendendo dalla Calata di Capodichino, ed anche per richiamare l’impresa del monumentale Albergo dei Poveri, legata all’azione riformatrice del sovrano (di cui nessuno sa sia quando finiranno i lavori dopo i danni del terremoto del 1980, miniera d’oro per pescecani, affaristi, appaltatori, sia quale sarà la destinazione, mentre poteva, potrebbe essere lo spazio opportuno per unificare le mille sedi universitarie napoletane, sparpagliate in ogni dove, con affari immensi per privati o altri, con impazzimenti per studenti e docenti e utenti).
Le otto statue dei sovrani presenti nelle nicchie sono, a partire da sinistra, quelle di:
1) il normanno Ruggiero II; 2) lo svevo Federico II; 3) l’angioino Carlo I; 4) l’aragonese Alfonso V; 5) l’austro-spagnolo imperatore Carlo V; 6) lo spagnolo borbonico Carlo III; 7) il francese Gioacchino Murat; 8) il sabaudo, poi re d’Italia, Vittorio Emanuele II. Come si può notare, la tragica storia millenaria di Napoli e del Mezzogiorno è stata quella di un dominio costante di ‘stranieri’ (francesi, tedeschi, francesi) o di ‘italiani non meridionali’ (sardo-piemontesi), a segnalare una debolezza, una incapacità profonda ad esprimere da sé una classe dirigente meridionale, ridotti a lazzari accattoni. In altre parole, ‘Francia o Spagna, purchè se magna’, e a scannarci e odiarci tra di noi, sia per invidia, cattiveria, ignoranza e superstizione fanatica, corsa alla cuccagna, sotto gli occhi sprezzanti dall’alto di chi ci comanda, al quale si è pronti ad offrire ogni tipo di complicità e di servilismo, specialmente da parte dell’egemone antropologicamente, culturalmente ed economicamente elemento clericale cattolico napoletano e meridionale e da parte della secolare criminalità camorrista. L’unica volta che Napoli e il Mezzogiorno insulare hanno espresso una memorabile, commovente, napoletana, meridionale, di rilievo italiano ed europeo, classe dirigente è stato nei cinque mesi della Repubblica Napoletana del 1799. Per questo la principale piazza di Napoli deve avere il Monumento alla Repubblica del 1799, accanto al ‘Monumento del Plebiscito’, anche per dare riconoscimento solenne a quei valori di Repubblica, di Libertà, di Eguaglianza, che costituiscono la nostra cara, costata lacrime e sangue (dal Risorgimento democratico all’Antifascismo, alla Resistenza), Repubblica Italiana.
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