Energia, siamo nella guerra dei trent'anni
Secondo molti storici, l’attuale assetto geopolitico degli Stati nazionali ha origine dal trattato di Vestfalia che nel 1648 pose fine all’europea «Guerra dei Trent’anni». Nei prossimi tre decenni, il pianeta dovrà porre le basi per un nuovo ordine, determinato dalla gestione energetica. Saranno i vincitori di questa guerra a decidere il modo in cui vivremo e lavoreremo. Nel 2010 il nostro pianeta ha consumato 13,2 miliardi di tonnellate di energia, di cui il 33,6% petrolifera, il 29,6% carbonifera, il 23,8% ricavata dal gas naturale, il 6,5% idroelettrica, il 5,2% nucleare e solo l’1,3% proveniente da fonti rinnovabili. Ogni tentativo di mantenere, di qui a 30 anni, queste proporzioni, aumentando per di più la produzione energetica del 40% per soddisfare il fabbisogno mondiale, è impossibile. Il cambiamento climatico è in atto: innalzamento del livello dei mari, siccità e caldo prolungati.
Il picco del petrolio è prossimo 2040 e gli scienziati hanno detto che è pessimo ricavarlo dalle sabbie bituminose. C’è il gas naturale che forse potrebbe sostituire petrolio e carbone, ma comunque la sua estrazione provoca danni alle acque. Il nucleare è da bandire e l’uscita dal nucleare è comune. Il disastro giapponese della centrale di Fukushima ha spinto molti Paesi, quali l’Italia e la Svizzera, a fare marcia indietro. Nonostante altri, come la Cina, proseguano nel programma atomico civile, e gli entusiasti del nucleare (incluso il Presidente statunitense Barack Obama) promuovano lo sviluppo dei cosiddetti piccoli «impianti modulari» meno inquinanti e più sicuri, è improbabile che sia questo il futuro dell’energia. Nei prossimi 30 anni il mondo ricorrerà al solare e all’eolico in misura significativamente maggiore. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, queste due fonti passeranno da una fetta di circa l’1% del consumo globale nel 2008 al 4% nel 2035. Per raggiungere tale obiettivo, però, sarà necessaria una «rivoluzione tecnologica». L’energia geotermica, quella delle onde e delle maree, sono tutte scarsamente inquinanti, ma con altri possibili rischi da valutare: l’energia geotermica, per esempio, comporta profonde trivellazioni che potrebbero innescare piccoli terremoti. L’efficienza energetica, ovvero la capacità di ottenere il massimo risultato con il minimo consumo, farà sicuramente la differenza. le energie rinnovabili, più facilmente spendibili a livello urbano e di quartiere, fanno meglio sperare rispetto ai pesanti impianti nucleari e carboniferi. Vincerà la scommessa energetica chi saprà puntare sul totale sfruttamento del vento del sole dell’energia geotermica e su efficienza energetica. Allora non si comprende come mai in Italia il ministro Passera voglia puntare su idrocarburi, su scavi nella Basilicata o nel Cilento, territori che sarebbero inquinati da scavi senza senso. Le energie rinnovabili, più facilmente spendibili a livello urbano e di quartiere, fanno meglio sperare rispetto ai pesanti impianti nucleari e carboniferi. |
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