I volti del realismo
La risposta a tale quesito è facile: perché questo volto è l’unico che ci è conosciuto e l’unico che possiamo conoscere. Eppure, il riconoscimento dei limiti della nostra conoscenza dovrebbe metterci in guardia a questo proposito: non è corretto identificare il reale con ciò che noi possiamo conoscere. Apparentemente c’è qualcosa di sbagliato nelle posizioni che sostengono di indagare la realtà, ma non fanno altro che analizzare il nostro modo di rapportarci a essa. Prendiamo ora in considerazione il cosiddetto “realismo interno” proposto da Putnam, filosofo che com’è noto amava spesso cambiare posizione (al punto che secondo alcuni non è possibile parlare di “un solo” Putnam). Il realismo interno avanza una serie di critiche alle tesi realiste forti, prendendo soprattutto di mira (1) la teoria della verità come corrispondenza, (2) la natura oggettiva della stessa verità, e (3) l’oggettività della realtà. Mi sembra tuttavia utile, prima di continuare, offrire un breve resoconto articolato per punti del realismo inteso in un’accezione molto generale. Il filosofo realista (nel senso “forte” del termine), interessato ai rapporti tra scienza e filosofia, avanza un insieme di proposte correlate riguardanti gli scopi della scienza e i rapporti fra realtà e teorie scientifiche. Eccole esposte in modo schematico: (1) La scienza si propone di scoprire la verità sul mondo. Ciò significa, ovviamente, che la verità non viene da noi “creata” o “costruita”, come invece affermano molti filosofi - della scienza e non - contemporanei. (2) Si dà dunque progresso scientifico, nel senso che la scienza, pur non avendo ancora raggiunto la verità, è in marcia verso essa e può prima o poi conseguirla. Il continuo rimpiazzamento delle teorie non viene quindi visto come elemento che possa portare alla negazione del carattere progressivo dell’impresa scientifica. Per una storia del regno d'Italia
Simili visioni, care in particolar modo ai secessionisti o comunque a coloro che contestano lo stato nazionale predicandone la dissoluzione e la scomparsa, non hanno in realtà fondamento storico alcuno. È appena il caso di precisare che nazione e stato non sono sinonimi e che la patria o gruppo etnico continua ad esistere qualunque sia la forma politica in cui si trova. L’Italia ha un’esistenza più che due volte millenaria che si esprime sul piano della lingua, dell’onomastica, della toponomastica, della letteratura, dell’architettura, dell’urbanistica, della musica, delle strutture giuridiche, della coscienza collettiva ecc. Essa non nasce quindi nel 1861, essendo pienamente esistente quantomeno dal I secolo avanti Cristo. Non è neppure vero che l’Italia non fosse mai stata unita prima del Risorgimento. Il 17 marzo del 1861 è il momento in cui il regno d’Italia viene ad essere ufficialmente e giuridicamente ri-costituito, non costituito, poiché esso era già esistito in precedenza e per lunghi secoli. Prima ancora del medievale regno d’Italia questa regione e la sua nazione italiana erano state ambedue unificate da Roma antica per un periodo plurisecolare. Tommaso Gar e la Biblioteca Universitaria di Napoli
Dopo la laurea a Padova nel 1831 si trasferì a Vienna dove conobbe la baronessa Madeleine Creutzer che divenne sua moglie. Nel 1838 fu assunto come segretario presso il conte Moritz Von Dietrichstein prefetto della Biblioteca di corte. Nel 1842 entrò nella redazione dell'Archivio Storico Italiano per poi vincere il concorso alla Biblioteca Universitaria di Padova. Partecipò ai moti del '48 e divenne ambasciatore della Repubblica di San Marco. Dopo la caduta di Venezia, dal 1853 al 1862 diresse la biblioteca civica di Trento. Nel giugno 1863 fu nominato direttore della Biblioteca Universitaria di Napoli al posto di Paolo Emilio Imbriani che era stato destituito dal ministro della Pubblica Istruzione Cesare Correnti. L'ambiente politico dell'epoca non era dei più felici a causa dell'invasione piemontese avvenuta due anni prima e con la guerra civile ancora in corso nelle campagne. Alcuni amici lo avevano avvisato dei possibili disagi, uno tra questi Aleardo Aleardi: «Starei per ora dove sono, compirei quel bene che ho cominciato nel collegio, starei attendendo un posto di bibliotecario quassù, in paese di cristiani, dove non si bestemmia il re, dove non si odiano i piemontesi» (28 giugno 1863). Leggi tutto: Tommaso Gar e la Biblioteca Universitaria di Napoli Amatore Sciesa e Don Enrico Tazzoli, eroi del Risorgimento
Amatore Sciesa era nato a Milano il 12 febbraio 1814, di umili origini, popolano, di professione tappezziere. Nel 1850, a 34 anni, entrò in contatto con alcuni gruppi clandestini repubblicani che lottavano contro il dominio dell’l’Austria sulla Lombardia e sul Veneto. Erano passati appena due anni dalle cinque giornate di Milano e Radetzky, governatore del Lombardo Veneto, perseguiva una politica ferocemente repressiva, che non lasciava altro scampo ai patrioti lombardi che la sottomissione, la forca o l'esilio. Il suo proclama era perentorio: «in considerazione della aumentata pericolosità di sette e di movimenti fanatici, che tentano di contrastare l'autorità dell'Imperial-Regio Governo, chiunque sarà colto nell'atto di svolgere attività sovversiva in qualunque forma sarà consegnato alla Gendarmeria e immediatamente impiccato». Leggi tutto: Amatore Sciesa e Don Enrico Tazzoli, eroi del Risorgimento La sinistra italiana e gli ebrei
Neofascisti o seguaci di Almirante? No, si tratta di militanti della Cgil, Cisl e Uil, nella capitale per i rinnovi contrattuali. Il rabbino Elio Toaff protesta e li definisce antisemiti, ma il segretario della Cgil Luciano Lama, invece che condannare quanto accaduto, giustifica i vergognosi slogan come comprensibili di fronte alla «guerra crudele scatenata dalle armate israeliane in Libano». D’altronde pochi giorni prima lo stesso Pci nella Direzione del 10 giugno 1982 ha accusato Israele di rasentare il «genocidio». È uno dei tanti episodi raccontati nel documentato saggio di Alessandra Tarquini intitolato La sinistra italiana e gli ebrei. Socialismo, sionismo e antisemitismo dal 1892 al 1992 (Il Mulino, 2019), dal quale emerge che l’antisemitismo, a correnti alterne, ha allignato anche nella storia della sinistra italiana e non solo a destra, anche se vi sono stati pure diversi leader che viceversa hanno solidarizzato con gli ebrei. Il rapporto tra la sinistra e gli ebrei è stato un po’ schizofrenico fin dalla fondazione del Psi nel 1892, data di inizio della indagine storica della Tarquini. Altri articoli... |
Pubblicazioni mensiliStatistiche
(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on lineAbbiamo 170 visitatori e nessun utente online |