Quelli del '99, quelli della BNF, quelli che se ne stanno a casa
Nell'ultimo passaggio per Parigi, speravo come sempre di rimanere sorpreso da una diminuzione del consueto disappointment sparso doviziosamente in atteggiamenti e mentalità, e così puntando su un cavallo vincente come la cultura, sono andato alla BNF, la Bibliothèque nationale de France, una megastruttura nel XIII arrondissement voluta da Mitterrand, una delle sue cosiddette grandi opere, non a torto considerate spesso soprattutto grandi megalomanie. Tuttavia, nel mio desiderio di rinvenire testi francesi che parlassero della rivoluzione napoletana del 1799, per acquisire altri punti di vista e trovare nuovi spunti di riflessione su quello che ancora oggi ritengo uno degli accadimenti, nella storia moderna, che hanno il peggiore rapporto fra importanza reale, considerazione fra gli studiosi e conoscenza contemporanea, pensavo che fosse una tappa obbligata, recarsi da colei che per farsi notare vanta 7,5 ettari di costruzioni, 4 torri di 79 metri, un giardino (n on accessibile al pubblico) di 12 000 m² davanti al deambulatorio del Rez-de-jardin, 2.900.000 m² di pavimenti, 385 km di scaffali, innumerevoli linee squadrate di sentore razionalista fra pareti ricoperte in maglie di tessuto metallico INOX, e soprattutto collezioni fisiche stimate in 30 milioni di oggetti, di cui 575.000 visibili nella sede principale.
Arrivato il mio turno, ho spiegato alla gentile assistente l'argomento, non senza difficoltà perché naturellment non capiva una parola né di italiano, né di inglese, ma parlava soltanto francese (vi risparmio il mio pensiero su un luogo che pretende di essere il meglio al mondo nel suo campo, ma il cui impatto con lo straniero è del solito modello francese, ovvero “o capisci la nostra lingua, oppure peggio per te, anzi ti consideriamo pure un poveretto, ma ti concediamo egualmente di stare qui, soprattutto per farti sentire a disagio per come guardiamo chi non parla francese”), e così fra il mio pessimo francese ed il suo inesistente inglese, sono riuscito a farle capire quale fosse l'ambito della ricerca che mi premeva di svolgere. Dovendo però necessariamente individuare un testo di cui chiedere la visione, pena il mancato ingresso nelle fauci del Leviatano, scelgo l'unico, fra i pochi trovati (…), che mi sembrava interessante, ovvero “ Bonnamy, Général: Coup d'oeil rapide sur les opérations de la campagne de Naples, jusqu'à l'entrée des français dans cette ville - 1800”: quello che cercavo era esattamente un coup d'oeil, il punto di vista di un militare francese, et voilà, sembrava che si stesse mettendo bene... Quasi dimenticavo: questo iter è stato possibile soltanto previa esibizione del tesserino dell'Ordine dei giornalisti, perché senza manifestare un concreto interesse diretto, e bontà loro essere un giornalista napoletano che voleva documentarsi su fatti napoletani legati alla rivoluzione francese lo era, a quanto ho capito non mi avrebbero nemmeno fatto cominciare a spiegare cosa volessi: questo lo ricordo come uno degli aspetti più sconcertanti, ma non ho indagato oltre; resta il fatto che senza questa “giustificazione”, non avrei potuto neanche iniziare il percorso. Faccio la card rossa valida per 3 giorni, espleto altre formalità fra cassa, accoglienza e guardiani, e finalmente mi si indica la strada del Sapere: un tornello elettronico, una porta, un ascensore. E poi un corridoio, ed una scala mobile infinita, non saprei valutare l'altezza ma di sicuro era quella che il suo progettista, l'architetto Dominique Perrault, aveva installato per simboleggiare il viaggio verso la conoscenza (beh, si, avevo studiato un po'...). Ho preso una strada laterale perché ho creduto che non fosse quello l'ingresso, sembrava più un secondo livello di accessi per il quale ci fosse bisogno di altre procedure, ma alla fine di due lunghi corridoi scopro che non c'era null'altro. Torno indietro ed inserisco la mia card nel tornello: niente. Nessuno mi dice nulla. Riprovo. Niente. Chiedo al guardiano, che naturalmente mi manda al desk senza spiegazioni, e qui di nuovo la scena dell'accoglienza francese esclusivamente in francese: mostro le mie credenziali, chiedo se magari interessava loro studiare anche il mio C.V., e comincio a seccarmi perché dopo tutto l'iter completato nei piani alti, non capivo in cos'altro poteva consistere il secondo step. La gentile impiegata, dopo aver consultato il suo terminale, mi dice che “oh, certo, ecco il problema: non ha prenotato la visione!” Mi trovano uno spazio e mi concedono 40 minuti di tempo. Non capisco bene per cosa, ma ormai volevo solo entrare, e la card così magicamente ha aperto le porte. Poi altre porte. Poi il corridoio del jardin esterno, quello inaccessibile, e lungo l'intero percorso la grande sala suddivisa per sezioni. Arrivo alla mia, mi rivolgo alla nuova assistente, e trovandola particolarmente disponibile approfitto per chiederle qualcosa in più, dopo essermi infine assiso sulla postazione assegnata, e dopo aver aperto la mia finestra temporale e visualizzato il testo che avevo individuato nell'iperurano, al piano di spora, che mi è apparso in tutta la sua bellezza elettronica, sullo schermo davanti, in formato PDF. Molte grazie, per carità, ma se volessi toccarlo, che so, o addirittura sfogliarlo, anche magari sotto minaccia armata alle spalle? No, mi spiega che faceva parte di una collezione inaccessibile (come quasi tutte, sospetto), e che quello era l'unico modo di leggerlo. Volendo, però, potevo stamparne qualche pagina da lì, e perfino scaricarlo e copiarlo su una mia pen drive, ma questo mi sarebbe costato un extra. Ok, ok, va bene così, ma allora, mi scusi se mi permetto... se è in formato digitale e sta in una rete, non avrei potuto consultarlo anche da casa...? Da casa è gratis. Già. Il fatto è che la cosa migliore che tutta la scienza della Bibliothèque nationale de France, dei suoi architetti e dei suoi amministratori, hanno fatto finora, oltre ad alcune sale spaziose fornite di ben comode sedie e postazioni informatiche, a modesto avviso del vostro cronista è il progetto di digitalizzazione di libri, manoscritti e fotografie che permette di consultare, ad oggi, 90.000 volumi ed 80.000 immagini. A chiunque. Trovate tutto a questo indirizzo, si tratta di Gallica. Meglio ancora, Gallica è una delle reti che sta confluendo nel più ambizioso progetto di Europeana, che già oggi rende accessibili da casa oltre 30.000 biblioteche europee ed oltre 20 milioni di oggetti: lo trovate a questo indirizzo. Toh, questo si che ha vere ambizioni universali: pensate, è scritto in 29 lingue... e soprattutto, non fornisce solo i formati immagine, ma anche il testo ottenuto tramite OCR. Allelujah. Col numero di riferimento di un libro di Cuoco trovato sull'indice digitale, arrivo dunque al settore “Storia della Campania” e cerco qualche titolo che potrebbe essere interessante. Non che ci si poteva aspettare altro, ma l'esito è stato davvero sconfortante, di testi ce ne sono soltanto 3: |
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