Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Quelli del '99, quelli della BNF, quelli che se ne stanno a casa

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Nell'ultimo passaggio per Parigi, speravo come sempre di rimanere sorpreso da una diminuzione del consueto disappointment sparso doviziosamente in atteggiamenti e mentalità, e così puntando su un cavallo vincente come la cultura, sono andato alla BNF, la Bibliothèque nationale de France, una megastruttura nel XIII arrondissement voluta da Mitterrand, una delle sue cosiddette grandi opere, non a torto considerate spesso soprattutto grandi megalomanie.

Tuttavia, nel mio desiderio di rinvenire testi francesi che parlassero della rivoluzione napoletana del 1799, per acquisire altri punti di vista e trovare nuovi spunti di riflessione su quello che ancora oggi ritengo uno degli accadimenti, nella storia moderna, che hanno il peggiore rapporto fra importanza reale, considerazione fra gli studiosi e conoscenza contemporanea, pensavo che fosse una tappa obbligata, recarsi da colei che per farsi notare vanta 7,5 ettari di costruzioni, 4 torri di 79 metri, un giardino (n on accessibile al pubblico) di 12 000 m² davanti al deambulatorio del Rez-de-jardin, 2.900.000 m² di pavimenti, 385 km di scaffali, innumerevoli linee squadrate di sentore razionalista fra pareti ricoperte in maglie di tessuto metallico INOX, e soprattutto collezioni fisiche stimate in 30 milioni di oggetti, di cui 575.000 visibili nella sede principale.

Non vorrei soffermarmi sulle osservazioni che del resto già abbondantemente sono sorte altrove sulla mastodontica quanto fredda e non sempre comoda struttura, mi limiterò a ricordare l'esperienza di un giornalista che era alla ricerca di testi, entusiasta di essere circondato da un numero così impressionante di libri (nella sua testa, ovviamente, dato che di libri, fra corridoi, strade, ascensori e clima da star trek radical chic, per un bel po' di tempo non se ne vedono nemmeno sui poster, salvo il negozio di souvenir all'entrata, con bookshop annesso).


Noi ci lamentiamo della nostra burocrazia e facciamo bene, ma spesso all'estero ci sono occasioni per “consolarsi”, ed ecco una di queste: cercare un libro alla BNF. Dopo qualche tempo passato a guardarsi intorno per capirne il funzionamento, mi si dice che bisogna chiedere di consultare un testo preciso ad uno sportello di accoglienza. Peccato che io non cercavo alcun testo preciso, ma immaginavo di seguire fra gli scaffali di qualche sezione specifica i libri presenti, per trovarne alcuni interessanti, più o meno come si faceva una volta, quando si andava in biblioteca e si perdeva un po' di tempo in questa bellissima attività. Mi sbagliavo. Bisogna chiedere subito un testo preciso.

Arrivato il mio turno, ho spiegato alla gentile assistente l'argomento, non senza difficoltà perché naturellment non capiva una parola né di italiano, né di inglese, ma parlava soltanto francese (vi risparmio il mio pensiero su un luogo che pretende di essere il meglio al mondo nel suo campo, ma il cui impatto con lo straniero è del solito modello francese, ovvero “o capisci la nostra lingua, oppure peggio per te, anzi ti consideriamo pure un poveretto, ma ti concediamo egualmente di stare qui, soprattutto per farti sentire a disagio per come guardiamo chi non parla francese”), e così fra il mio pessimo francese ed il suo inesistente inglese, sono riuscito a farle capire quale fosse l'ambito della ricerca che mi premeva di svolgere.

Dovendo però necessariamente individuare un testo di cui chiedere la visione, pena il mancato ingresso nelle fauci del Leviatano, scelgo l'unico, fra i pochi trovati (…), che mi sembrava interessante, ovvero “ Bonnamy, Général: Coup d'oeil rapide sur les opérations de la campagne de Naples, jusqu'à l'entrée des français dans cette ville - 1800”: quello che cercavo era esattamente un coup d'oeil, il punto di vista di un militare francese, et voilà, sembrava che si stesse mettendo bene...

Dopo circa 30 minuti di tentativi dunque, ci capiamo, mi stampa il titolo del testo di cui chiedere la visione e mi manda di nuovo all'accettazione, dove si sceglie il tipo di ingresso o abbonamento da comprare. Non ricordo il costo, ma trattandosi, come avevo ormai capito, di un testo solo, per principio non mi è sembrato poco.

Quasi dimenticavo: questo iter è stato possibile soltanto previa esibizione del tesserino dell'Ordine dei giornalisti, perché senza manifestare un concreto interesse diretto, e bontà loro essere un giornalista napoletano che voleva documentarsi su fatti napoletani legati alla rivoluzione francese lo era, a quanto ho capito non mi avrebbero nemmeno fatto cominciare a spiegare cosa volessi: questo lo ricordo come uno degli aspetti più sconcertanti, ma non ho indagato oltre; resta il fatto che senza questa “giustificazione”, non avrei potuto neanche iniziare il percorso.

Faccio la card rossa valida per 3 giorni, espleto altre formalità fra cassa, accoglienza e guardiani, e finalmente mi si indica la strada del Sapere: un tornello elettronico, una porta, un ascensore. E poi un corridoio, ed una scala mobile infinita, non saprei valutare l'altezza ma di sicuro era quella che il suo progettista, l'architetto Dominique Perrault, aveva installato per simboleggiare il viaggio verso la conoscenza (beh, si, avevo studiato un po'...).

Il viaggio verso la conoscenza dunque scende verso l'infinito fino ad arrivare in un atrio dal silenzio che sembra schiacciare colui che discendeva, poi altri tornelli, un guardiano davanti ad altre pesanti porte in metallo ed un desk di accoglienza dove tre impiegate stavano in beata solitudine davanti ai loro computer, inattive.

Ho preso una strada laterale perché ho creduto che non fosse quello l'ingresso, sembrava più un secondo livello di accessi per il quale ci fosse bisogno di altre procedure, ma alla fine di due lunghi corridoi scopro che non c'era null'altro. Torno indietro ed inserisco la mia card nel tornello: niente.

Nessuno mi dice nulla. Riprovo. Niente. Chiedo al guardiano, che naturalmente mi manda al desk senza spiegazioni, e qui di nuovo la scena dell'accoglienza francese esclusivamente in francese: mostro le mie credenziali, chiedo se magari interessava loro studiare anche il mio C.V., e comincio a seccarmi perché dopo tutto l'iter completato nei piani alti, non capivo in cos'altro poteva consistere il secondo step. La gentile impiegata, dopo aver consultato il suo terminale, mi dice che “oh, certo, ecco il problema: non ha prenotato la visione!

“Prenotare la visione” significa trovare una finestra di tot minuti in cui risulta esserci una postazione informatica libera, nonché esservi formalmente assegnati mediante riconoscimento della card, senza essere sicuri della quale non si può entrare.

Mi trovano uno spazio e mi concedono 40 minuti di tempo. Non capisco bene per cosa, ma ormai volevo solo entrare, e la card così magicamente ha aperto le porte. Poi altre porte. Poi il corridoio del jardin esterno, quello inaccessibile, e lungo l'intero percorso la grande sala suddivisa per sezioni. Arrivo alla mia, mi rivolgo alla nuova assistente, e trovandola particolarmente disponibile approfitto per chiederle qualcosa in più, dopo essermi infine assiso sulla postazione assegnata, e dopo aver aperto la mia finestra temporale e visualizzato il testo che avevo individuato nell'iperurano, al piano di spora, che mi è apparso in tutta la sua bellezza elettronica, sullo schermo davanti, in formato PDF.

Molte grazie, per carità, ma se volessi toccarlo, che so, o addirittura sfogliarlo, anche magari sotto minaccia armata alle spalle? No, mi spiega che faceva parte di una collezione inaccessibile (come quasi tutte, sospetto), e che quello era l'unico modo di leggerlo. Volendo, però, potevo stamparne qualche pagina da lì, e perfino scaricarlo e copiarlo su una mia pen drive, ma questo mi sarebbe costato un extra. Ok, ok, va bene così, ma allora, mi scusi se mi permetto... se è in formato digitale e sta in una rete, non avrei potuto consultarlo anche da casa...?
Si, certo, può farlo anche da casa .
Ah. E se qui devo pagare un tot per scaricarlo, da casa cosa devo fare, iscrivermi alla BNF on line, pagare un abbonamento, o cosa?
No, no. Da casa, è gratis .

Lascio una riga in bianco, nel caso in cui qualcuno sentisse il bisogno di commenti estemporanei.

Da casa è gratis. Già. Il fatto è che la cosa migliore che tutta la scienza della Bibliothèque nationale de France, dei suoi architetti e dei suoi amministratori, hanno fatto finora, oltre ad alcune sale spaziose fornite di ben comode sedie e postazioni informatiche, a modesto avviso del vostro cronista è il progetto di digitalizzazione di libri, manoscritti e fotografie che permette di consultare, ad oggi, 90.000 volumi ed 80.000 immagini. A chiunque. Trovate tutto a questo indirizzo, si tratta di Gallica.

Meglio ancora, Gallica è una delle reti che sta confluendo nel più ambizioso progetto di Europeana, che già oggi rende accessibili da casa oltre 30.000 biblioteche europee ed oltre 20 milioni di oggetti: lo trovate a questo indirizzo.

Toh, questo si che ha vere ambizioni universali: pensate, è scritto in 29 lingue... e soprattutto, non fornisce solo i formati immagine, ma anche il testo ottenuto tramite OCR. Allelujah.

Dunque, dopo la simpatica informazione della serie “ma allora che so' venuto a fare qua?”, chiudo tutto, e cerco di resettare l'intera questione: non era questo, ciò che volevo... speravo di camminare fra i libri, restare a occhi spalancati davanti alle centinaia di migliaia di testi, essere sovrastato da scaffalature kilometriche... e allora facciamolo, anche a caso magari. Purtroppo però, ma sicuramente è questione di funzionalità oltre che di gusto, gli scaffali sono tutti ad un'altezza d'uomo, e pertanto data la vastità dello spazio a disposizione, danno la sensazione di essere dispersi, razionali ma disequilibrati.

Col numero di riferimento di un libro di Cuoco trovato sull'indice digitale, arrivo dunque al settore “Storia della Campania” e cerco qualche titolo che potrebbe essere interessante.

Non che ci si poteva aspettare altro, ma l'esito è stato davvero sconfortante, di testi ce ne sono soltanto 3:

Mario Battaglini – La Repubblica napoletana (testo in italiano)
Benedetto Croce – La Rivoluzione napoletana del 1799 (testo in italiano)
Vincenzo Cuoco – Histoire de la Révolution de Naples (testo in francese)

Stop. Tre testi che si conoscono a memoria, tutti e tre italiani, zero francesi. Come mi aspettavo, già. 213 anni dopo, il tema non cambia, e fra le rivoluzioni europee successive a quella francese, mi sembra che giaccia ancora sottovalutata, se non ignorata, quella che ha avuto le caratteristiche di originalità e di visione del futuro più forti fra tutte.
Torno a casa.

p.s.
Il testo che ho trovato, e che avrei trovato anche da casa, è quello che troverete seguendo questo link, lo sto leggendo, ma mi pare dica davvero pochissime cose interessanti. Il mio consiglio è di aprirlo da casa: oltre a risparmiare il viaggio e tutto il resto, al contrario che dalle postazioni della BNF, pensate che dalla vostra poltrona non si paga nemmeno il download.

 

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