La Costituzione in TV, una trasmissione da ricordare

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Per motivi professionali, culturali o politici, ho assistito ad un numero notevole di conferenze, dibattiti e interviste; alcune le ricordo con piacere per gli argomenti e le modalità con cui venivano presentate. Ho trovato di particolare interesse le interviste sulla Costituzione italiana nella trasmissione “La torre di Babele”, andata in onda su la TV 7 il 29 gennaio 2024.

Al di là dell’importanza del tema, della nota professionalità del conduttore e della autorevolezza degli intervistati, la trasmissione aveva caratteristiche positive non frequenti: l’illuminazione discreta e l’arredamento semplice dello studio televisivo, la presenza di un solo ospite, il tono pacato delle domande e delle esposizioni dei concetti, l’assenza di sovrapposizione delle voci, che rendono incomprensibili gli interventi.

Da parte del conduttore, ho apprezzato l’evidente empatia verso l’ospite, ma senza alcuna piaggeria, nessuna interruzione alle risposte, né sfoggio di competenza personale: le osservazioni erano poste con grande modestia e le domande “provocatorie” precedute da avvertimenti cautelativi.

Le interviste erano interrotte da scritte che rimanevano il tempo necessario per la lettura e il commento e dalla proiezione di brevi documentari.

Le interruzioni vivacizzavano la trasmissione e mantenevano costante l’attenzione che tende a cadere quando i colloqui si prolungano; infine la durata relativa della trasmissione, andata in onda in tarda serata, è andata a tutto vantaggio di preziose ore di sonno.

 

Il conduttore era Corrado Augias, gli ospiti Luciano Canfora, filologo, storico e saggista e Elena Cartabia, esperta di diritto costituzionale europeo; è stata la prima donna Presidente della Corte costituzionale.

In apertura della trasmissione Augias ha proiettato l’articolo 1 della Costituzione Italiana “L’'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, sottolineando il valore delle parole “Repubblica” “democrazia”, “lavoro”.

Canfora ha illustrato la storia delle costituzioni, facendola addirittura risalire ad epoca preellenica, alla corte persiana, dove si discuteva di norme costituzionali.

Ha riconosciuto che la nascita effettiva avvenne con la democrazia ateniese di Pericle nel 400 a.C., sottolineando tuttavia che si trattava di una democrazia incompleta che escludeva le donne, gli schiavi e i nati fuori da Atene.

La Magna Charta, che non era una costituzione, per la prima volta nel 1200 limitò il potere assoluto dei re. Può essere questa considerata l’inizio della “storia delle libertà”.

Ha poi ricordato i diritti dell’uomo presenti della Dichiarazione dell’Indipendenza Americana, proclamata il 4 luglio 1746 nello spirito dell’illuminismo europeo.

Tra i diritti era previsto anche “il perseguimento della felicità” e Canfora, con l’ironia che lo contraddistingue, ha ipotizzato che l’ispirazione dell’articolo fosse dovuta ad un complesso di colpa per la schiavitù ancora presente negli Stati Uniti. Seguiva la Costituzione americana nel 1787 ispirata anch’essa alle idee illuministiche.

Secondo lo storico, la Costituzione francese del 1791, fondata sui principi di libertà, uguaglianza e fraternità portati avanti dalla Rivoluzione, ha rappresentato il cardine di tutte le costituzioni successive. Tuttavia, mentre i primi due principi sono ormai acquisiti, lo stesso non sembra avvenire per fraternità, il saper vivere insieme degli uomini.

Canfora ha poi ricordato la Costituzione russa del 1918, di breve durata, con l’accentuazione del potere al proletariato, addirittura preceduta dal suffragio universale, ma poi naufragata nella dittatura staliniana, e ancora quella di Weimar in Germania dal 1919 al 1933, annullata dall’avvento del nazismo.

La Costituzione Italiana è nata dopo il suffragio universale con la mirabile convergenza di tutte le correnti politiche, liberali, cattoliche, socialcomuniste, e con l ‘influenza azionista di giustizia e libertà.

Nel primo documentario proiettato, il comunista Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente, annunciava, il 22 dicembre 1947, l’avvenuta approvazione del testo costituzionale con 452 voti favorevoli e 62 contrari; si odono gli applausi e le grida “viva la Repubblica.”

In un secondo documentario è la voce commossa di Piero Calamandrei, antifascista e costituzionalista, che nel 1955 ricordava ai giovani le radici della Costituzione italiana: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».  

Canfora ha infine sottolineato il valore universale dell’articolo 3  della Costituzione letto da alcuni studenti: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», evidenziando che non vi è motivo di togliere la parola razza, un riferimento preciso alle leggi razziali precedenti e come vi sia un aspetto innovativo della nostra Costituzione che  va oltre le semplici enunciazioni, là dove indica l’impegno a progredire nei diritti: «E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Fu Teresa Mattei, una delle ventuno “madri costituenti”, a voler inserire l’espressione “di fatto”, per indicare che non si trattava di una indicazione formale, ma di un impegno preciso della Repubblica a rimuovere gli ostacoli.                                                                                                                        

Elena Cartabia ha osservato come nella Costituzione italiana vi sia un equilibrio di poteri tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica; quest’ultimo è un arbitro imparziale con funzioni di equilibrio, può sciogliere le Camere se non vi è accordo tra le varie forze politiche e formare il nuovo governo.

Ha ricordato il ruolo fondamentale, poco conosciuto, delle Corti costituzionali, compresa a quella italiana, nel controllare che non vi siano deviazioni nei principi fondanti delle Costituzioni.

Con toni pacati, ha infine commentato la riforma proposta dal governo in carica, indicata come “madre di tutte le riforme”, ma che comporterebbe una profonda modifica dell’attuale assetto costituzionale, togliendo potere al Presidente della Repubblica, riducendo quello del Parlamento e aumentando quello del capo del Governo eletto dal popolo.

Ma il cosiddetto “populismo”, non ha senso perché il popolo non è un blocco omogeneo, ma ha interessi ed aspirazioni molto diverse, attualmente mediate attraverso i vari poteri costituzionali. Inoltre vi è il pericolo che con l’attuale sistema elettorale il governo risulti eletto da una minoranza di cittadini molto ristretta, mettendo il potere decisionale nelle mani di pochi, un risultato tutt’altro che democratico.

Il numero dei governi che si sono succeduti nel nostro Paese dal dopoguerra in poi è eccessivo, e la breve durata non permette di affrontare problematiche dalla lunga prospettiva, ma orienta piuttosto verso interessi elettorali più prossimi. La Cartabia, tuttavia, ritiene improbabile che la presenza dell’ “uomo forte” della proposta governativa modifichi tale situazione dovuta anche alla eccessiva frantumazione dei partiti politici e al crescente astensionismo, un problema grave che altera la rappresentanza democratica delle istituzioni.

In conclusione ha ricordato come la Costituzione italiana sia stata più volte modificata in passato, lasciando inalterata non solo la parte che riguarda i diritti fondamentali, ma anche quella che riguarda l’equilibrio dei vari poteri dello Stato.

Commentando un’affermazione di Voltaire, «chi detiene il potere tende a mantenerlo e l’unico modo di contrastarlo è di opporgli un altro potere», ha nuovamente sottolineato come questo principio sia la base delle Costituzioni nei Paesi democratici.

La loro gestione, ha concluso Elena Cartabia, è quella di una Casa Comune, un edificio che si può modificare e migliorare, ma è da tener presente che se si abbattono i piloni portanti può crollare tutta la struttura.

 

 

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