Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La partigiana e il comandante tedesco. Una storia d’amore e di guerra

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Se l’amore muove il sole e le altre stelle, come scrisse il divino Poeta, è evidente che qualunque ostacolo al suo realizzarsi può essere superato, si tratti di barriere di nazionalità, religione, posizione sociale o altro.

Questo superamento si è verificato frequentemente nella storia dell’umanità e ha dato luogo, tra l’altro, ad un meraviglioso mescolamento, il melting pot per gli anglofili.

Alcune vicende amorose emergono per le modalità con le quali il rapporto si è realizzato, per esempio in condizioni drammatiche tra gli occupanti di un esercito e le donne del territorio occupato.

Quello tra Angela Ghiligno, partigiana italiana e Hans Wiedemann, comandante tedesco nell’ultimo conflitto mondiale, è una storia vera, con caratteristiche particolari.

Sono state riportate dalla protagonista nel libro “Nini Wiedemann. Al di là delle frontiere (2004), e sullo schermo in una omonima miniserie TV in due puntate diretta da Maurizio Zaccaro e andata in onda sulla RAI nello stesso anno.

 

Nel 1939 Angela Ghiligno era una bella ragazza che viveva a Pietra Ligure, un piccolo paese della riviera dove era nata l’8 settembre 1921 da una agiata famiglia borghese.

Aveva un’amica del cuore, Annamaria, moglie del podestà fascista del paese. Erano molto diverse tra loro, ma si aiutavano a vibenda. A lei Angela confidò le sue pene d’amore per un precedente matrimonio sbagliato in via di risoluzione.

Insieme vissero con apprensione, in ambienti diversi, l’entrata in guerra dell’Italia, le vicende belliche, la caduta del fascismo, l’armistizio, il formarsi della Repubblica Sociale Italiana, l’occupazione tedesca.

A Pietra Ligure comandavano i fascisti, iniziarono gli scontri con i partigiani. Nell’estate del 1944 Angela prese a collaborare con la Resistenza, sia per motivi ideali che per aiutare il fratello partigiano, ma venne individuata dai fascisti e prossima ad essere arrestata.

Annamaria chiese l’intervento del marito presso il comandante tedesco della zona, il maggiore Hans Wiedemann che assunse Angela come “interprete ufficiale per la lingua francese” presso la Kommandantur di Albenga. Per Angela collaborare con i tedeschi fu una scelta difficile, ma obbligata.

Quando i fascisti si presentarono con il mandato di arresto del podestà locale lei mostrò il documento di assunzione e fu salva. Iniziava il romanzo d’amore con Hans.   

Hans Wiedemann aveva poco più di trent’anni, proveniva da una ricca famiglia borghese, era colto ed intelligente, amava l’Italia. Durante la campagna di Russia aveva visto per due anni cose terribili, era contrario al nazismo e ad Hitler, combatté per dovere di soldato, ma cercò di mantenere l’umanità in una guerra feroce che vedeva ormai perduta.

Quando nel giugno del 1944 la compagnia ricevette l’ordine di spostarsi a Montecassino, sfidò la legge marziale e decise che Angela andava con lui; le aveva detto: «Un giorno ti porterò a casa mia, da mio padre, da mia madre, dai miei fratelli e sono certo che vedendoti domanderanno se ho rubato un raggio di sole alla tua terra». Anche per Angela non fu facile abbandonare la famiglia e i compagni partigiani.

«Si sentì infinitamente sola. Sola in luoghi sconosciuti, lontana dalla sua casa, costretta da quel momento a dividere la sorte di uomini in guerra. Sola con Hans, con il suo folle amore che l’aveva portata a decisioni estreme senza lasciarle un briciolo di ragione». Scrisse in seguito nel suo libro, usando per modestia la terza persona.

Dopo la ritirata della compagnia da Montecassino s’incontrarono a Firenze, poi seguendo gli spostamenti del fronte risalirono la costa adriatica fino alla pianura veneta, vicino a Chioggia, dove arrivarono nella primavera del 1945.

Angela indossava l’uniforme militare, aveva i capelli corti, solo l’aiutante di Wiedemann conosceva la sua identità. Sopportò la fatica degli spostamenti, dormì in alloggi provvisori; passò attraverso bombardamenti continui e battaglie terrestri, vide le terribili scene dei morti e dei feriti, lei stessa rimase ferita, per fortuna solo superficialmente.

A Meldola, in Romagna si salvò da un attacco partigiano; l’addolorava la diffidenza e il disprezzo che gli italiani mostravano verso chi collaborava con l’esercito invasore: molte donne che avevano avuto rapporti con i tedeschi subirono dure punizioni alla fine del conflitto. Solo quando era con Hans riusciva a dimenticare tutto nei suoi abbracci.

Nell’ aprile del 1945, la resa della Germania era ormai vicina, ma Kesserling, il comandante delle forze tedesche in Italia, aveva dato ordini di costruire una cintura di campi minati intorno a Venezia per un’estrema difesa della città.

Alla costruzione partecipò anche la compagnia di Wiedemann. Questo significò un’ulteriore inutile strage della popolazione di Chioggia e il bombardamento di Venezia. Ad Angela si offrì l’occasione di aiutare il suo Paese: riuscì ad entrare in contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale e a mediare una resa pacifica tra i comandi tedeschi e l’armata inglese; convisce Wiedemann a neutralizzare i campi minati.

Ottenne il riconoscimento ufficiale del CLN e fu riaccompagnata nella città natale. Wiedemann seguì i suoi uomini nel campo di raccolta dei prigionieri di guerra. Nel film è commovente la scena nella quale lei vide il suo Hans allontanarsi tra i soldati inglesi dopo il lungo periodo passato insieme affrontando pericoli terribili.

Hans le promise che si sarebbero rivisti e lei era sicura che lo avrebbe aspettato, pur consapevole che in guerra ogni distacco poteva essere definitivo.

Nel 1946 lo ritrovò a Francoforte, si sposarono ed ebbero un figlio.

Hans svolse la professione di avvocato, ma morì prematuramente.

Rimasta sola, due anni dopo Angela sposò un amico di Hans, ma poi sentì il bisogno di ritrovare le proprie origini e decise di tornare al paese natio.

Mossa dal desiderio di raccontare a tutti la sua storia, soprattutto per dimostrare che non tutti i tedeschi erano fanatici nazisti, ma esistevano anche uomini come il suo Hans, si dedicò alla scrittura del libro pubblicato molto più tardi, nel 2004, in occasione della realizzazione dello sceneggiato televisivo.

Morì a 86 anni a Pietra Ligure, il 5 marzo 2007.

 

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