Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La follia inesistente di Vladimir Putin

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Molti osservatori occidentali sono convinti che Vladimir Putin non sia in possesso delle sue piene facoltà mentali. Sarebbe insomma affetto da turbe psichiche che hanno sconvolto la sua mente, e una delle motivazioni addotte è che sia stato colpito dal Covid senza riprendersi pienamente. Ovviamente si tratta di mere ipotesi, poiché le prove non ci sono. Urge dunque porsi un quesito di fondo.

Lo zar moscovita è davvero un folle, per di più pericolosissimo disponendo di un arsenale atomico quasi pari a quello americano?

Se così fosse, la situazione sarebbe ancora più drammatica di quanto si ritiene, dal momento che il comportamento di un pazzo è del tutto imprevedibile.

Per fermarlo occorrerebbe un golpe interno, progettato e realizzato nella stessa Russia, ad opera di militari e oligarchi da lui umiliati anche in pubblico. Non vi sono, per ora, segni di una simile possibilità.

Lo stesso Ministro degli Esteri Sergej Lavrov, in precedenza considerato persona moderata e ragionevole, in ultima istanza non gli ha fatto mancare l’appoggio in occasione dell’avventura ucraina.

 

È quindi opportuno percorrere un’altra strada, che collega in modo diretto le azioni dell’ex dirigente del KGB alla storia russa, passata e presente. E in questo caso le pezze d’appoggio esistono, pure abbondanti.

Di recente Putin si è paragonato a Pietro il Grande, primo imperatore di Russia, fondatore di San Pietroburgo e iniziatore delle grandi conquiste territoriali che avrebbero condotto il Paese ad espandersi in Asia sino a raggiungere il Pacifico.

Può darsi che tale autoidentificazione sia un sintomo di follia, ma a me pare piuttosto il riemergere di un nazionalismo russo a tutto tondo, da sempre presente nella storia e basato sulla convinzione che ai russi spetti svolgere una missione salvifica inglobando, volenti o nolenti, gli altri popoli (non solo slavi) che con la Russia confinano.

Il nazionalismo panrusso non è tuttavia l’unico fattore di cui tener conto. Putin ha più volte affermato di considerare la caduta dell’Unione Sovietica come la più grande tragedia del secolo scorso, e ha sempre avuto parole di disprezzo per Gorbaciov reo, a suo avviso, di non averlo impedito.

Nella sua visione l’URSS era semplicemente l’erede dell’impero zarista, e la sua scomparsa ha causato un declino al quale lo stesso Putin vuole porre rimedio.

Di qui la percezione che egli intenda ripartire da Russia, Bielorussia e Ucraina per ricomporre la vecchia Unione.

Quest’ultima era però basata (anche) su un collante ideologico – il marxismo-leninismo – diffuso in tutto il mondo e che ora non esiste più. È evidente che Putin non s’attendeva una simile resistenza da parte degli ucraini, che lui assimila senza esitare ai russi. Prigioniero di schemi ormai vecchi, ha ordinato un’invasione che ha messo a nudo i limiti dell’esercito russo. Ora, però, il vento sta cambiando.

Gli USA hanno molto diminuito l’invio si armi, e l’Unione Europea non ha la forza per sostituirli. Dobbiamo quindi attenderci una crescente spinta di Mosca. Testimoniata anche dal pieno appoggio fornito alla Transnistria, una striscia di territorio incuneata tra Ucraina e Moldavia, che ha indetto un referendum per entrare a far parte della Federazione Russa.

 

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