Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Bernard Lown, medico “rivoluzionario” (1912-2021)

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Bernard Lown, emerito cardiologo americano, recentemente scomparso, è ormai entrato nella storia della medicina per avere realizzato il defibrillatore cardiaco nel 1962, uno strumento che da allora ha salvato un numero incalcolabile di vite umane.

È stato anche un medico che ha svolto la professione mettendo il paziente al centro dell’attenzione e il promotore d’importanti iniziative contro il pericolo della guerra nucleare. Pertanto è appropriato definirlo medico “rivoluzionario”.

Bernard Lown era nato a Utena in Lituania il 7 giugno 1921.

Nel 1935, a 14 anni era emigrato con la famiglia ebraica negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste. Studiò nell’Università del Maine, conseguì la laurea in medicina alla Johns Hopkins University School of Medicine nel 1945 e ottenne la fellowship in cardiologia presso il Peter Bent Brigham Hospital di Boston.

Negli anni 50, come cardiologo ospedaliero, si rese conto dell’atteggiamento erroneo verso i pazienti colpiti da infarto miocardico acuto tenuti a letto per settimane. L’immobilità forzata contribuiva decisamente alla mortalità elevata. La sua proposta, mettere i pazienti in poltrona dopo pochi giorni di degenza, incontrò la ferma opposizione e l’ostilità tra i clinici dell'epoca.

 

Ma Lown vinse ogni resistenza pubblicando in un’importante rivista medica la netta riduzione della mortalità ottenuta in una serie di pazienti mobilizzati precocemente.

In quegli anni, chi scrive, era un giovane assistente cardiologo nel più grande ospedale della sua città e ricorda la diffidenza con la quale anche i primari medici italiani avevano accolto questa “rivoluzionaria” modalità terapeutica proveniente dagli Stati Uniti.

Alla fine degli anni 50 Lown decise di affrontare il problema della morte improvvisa per fibrillazione ventricolare.

Quando quest’aritmia si verifica il cuore si contrae in modo caotico, il sangue non viene spinto in circolo e la morte cerebrale avviene nel corso di 3-4 minuti. Tutti i tentativi precedenti con farmaci o con scariche elettriche di vario tipo erano falliti.

Lown contattò Baruch Berkowitz, un ingegnere esperto nel campo elettrico, e dopo un anno d’intensa sperimentazione, nel 1962 misero a punto il defibrillatore a corrente continua: la scarica elettrica con una forma d'onda particolare, faceva regredire la fibrillazione ventricolare, ripristinando il battito cardiaco senza danneggiare il cuore.

L’uso del defibrillatore permise il successivo sviluppo della cardiochirurgia e la costituzione delle unità di terapia intensiva coronarica.

Lown realizzò successivamente anche il defibrillatore sincronizzato che eroga la scarica elettrica al di fuori del “periodo vulnerabile “del cuore permettendo il trattamento di aritmie non mortali,

I defibrillatori attuali sono apparecchi in grado di diagnosticare la presenza di fibrillazione ventricolare e segnalare a chi assiste il paziente che deve erogare la scarica.

L’apparecchio è indispensabile in tutte le procedure di rianimazione sia intra che extraospedaliere, e nel nostro Paese è previsto per legge nei luoghi pubblici.

Un ulteriore recente sviluppo dei defibrillatori è la miniaturizzazione che ne permette l’impianto sottocutaneo nei pazienti cardiopatici che possono andare incontro a episodi di fibrillazione ventricolare.

All’inizio degli anni 60, data anche la tensione allora esistente tra Stati Uniti e Unione Sovietica, Lown si rese conto che gli sforzi positivi della medicina potevano essere vanificati dalle conseguenze degli esperimenti nucleari e di una guerra nucleare.

Con altri medici degli ospedali di Boston, creò l’organizzazione Physicians for Social Responsibility.

Nel1962In diversi articoli scientifici, pubblicati sull’autorevole New England Journal of Medicine furono illustrate le conseguenze catastrofiche in campo sanitario che si sarebbero verificate in caso di un attacco nucleare sulla città di Boston.

Gli articoli incoraggiarono il movimento antinucleare dei medici in tutto il mondo e favorirono l'approvazione del Limited Test Treaty da parte del Senato degli Stati Uniti per quanto riguarda gli esperimenti nucleari.

Lown prosegui l’attività clinica e nel 1980 riprese la battaglia antinucleare formando, con medici e studenti della Harward Medical School, la International Physicians for the Prevention of Nuclear War (IPPNW).

La nascita dell’associazione fu possibile per la stretta amicizia di Lown col cardiologo russo Eugene Chazov.

Lown era a capo dell’American Sudden Death Task Force, mentre Chazov era il leader di un gruppo di cardiologi sovietici.

Furono organizzati due congressi mondiali negli Stati Uniti e in Inghilterra con oltre 400 partecipanti, tra cui autorevoli fisici, capi militari e direttori medici statunitensi.

Nello stesso periodo tre medici sovietici, Eugene Chazov, Michael Kuzin e Leonid Ilyin, e tre medici americani, Bernard Lown, James Muller e John Pastore, comparvero su una rete televisiva nazionale in URSS.

Circa 100 milioni di spettatori sovietici per la prima volta ascoltarono una inedita discussione sulle conseguenze della guerra nucleare. Il programma fu trasmesso in seguito anche negli Stati Uniti.

Nel 1985 la IPPNW contava 135.000 medici di 60 paesi del mondo e in quell'anno Lown e Chazov ricevettero il premio Nobel per la pace a nome dell'organizzazione.

I due co-presidenti dell'IPPNW furono invitati al Cremlino da Gorbaciov per discutere la moratoria degli esperimenti nucleari e la detenzione del premio Nobel per la fisica Andrei Sacharov.

Nel 2000 Lown ottenne il riconoscimento di cardiologo emerito dalla Harvard School of Public Health, e nel 2008 organizzò un programma d’insegnamento via satellite per i Paesi sottosviluppati.

Prosegui l’attività clinica fino alla morte avvenuta il 16 febbraio 2021, all’età di 99 anni. L’amata moglie, Louise, era morta due anni prima, il matrimonio era durato 73 anni. Lasciava tre figli, cinque nipoti e un pronipote.

Nel libro The lost art of healing, pubblicato nel 1996, e in Italia l’anno successivo da Garzanti col titolo L’Arte perduta di guarire, ha riportato in dettaglio la sua intensa attività clinica, gli incontri con i pazienti, gli aneddoti e le considerazioni critiche riguardo la mancanza dell’esame obbiettivo, l’insufficiente attenzione alla storia personale e familiare, l’inappropriatezza del linguaggio medico, l’uso eccessivo dei farmaci, degli esami e delle procedure invasive, gli interventi non necessari di rivascolarizzazione coronarica e soprattutto la carenza di empatia.

Dal titolo del libro traspare la preoccupazione che la tecnologia abbia sopravanzato l’arte medica, ma il messaggio finale di questo medico “rivoluzionario” non lascia dubbi: «La medicina non può abbandonare la guarigione delle anime sofferenti senza compromettere il suo ruolo per la condizione umana».

 

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