Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Gli irriducibili al fascismo

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Negli anni Venti e Trenta il fascismo conquistò il consenso di centinaia di migliaia di giovani con le sue idee di rivoluzione permanente. Benito Mussolini, come scriverà nel primo dopoguerra Elio Vittorini, ex camicia nera poi diventato intellettuale organico al Pci, incarnò agli occhi dei ragazzi dell’epoca, che studiavano o si affacciavano al mondo del lavoro, le aspettative di rivoluzione sociale, di uguaglianza e di contrasto alla povertà contro le élite conservatrici e reazionarie italiane e mondiali.

Ma fu per tutti così? No, vi furono alcuni giovani, utopisti e coraggiosi, che non si fecero irretire dal duce e manifestarono, sin dal primo momento, un’«irriducibile avversione» per il maestro di Predappio dalla mascella volitiva (come scrisse Enzo Sereni, nato nel 1905 e morto a Dachau nel 1944).

La loro storia di opposizione ferma è stata raccontata, con brillante ritmo narrativo, nel libro «Gli irriducibili. I giovani ribelli che sfidarono Mussolini» di Mirella Serri.

Tra speranze, persecuzioni, tradimenti e relazioni sentimentali, la Serri ha ripercorso il percorso di un manipolo di ragazzi e ragazze che non volle rassegnarsi al fascismo trionfante in Italia e che per questo scontò anni di prigionia, di confino e di esilio in Francia, in Palestina e in Tunisia.

Erano studenti, intellettuali, pensatori e filosofi alle prime armi e accomunati da una medesima provenienza sociale e culturale.

Appartenenti a famiglie borghesi e colte, una parte di loro aveva aderito al Partito comunista d’Italia, altri militavano in Giustizia e Libertà, altri ancora erano socialisti riformisti o repubblicani.

In comune avevano una fondamentale convinzione: la sconfitta dei fascisti e poi dei nazisti poteva venire solo da un ampio fronte unitario.

In questa truppa di «soldati senza uniforme» si ritrovarono personaggi poi passati alla storia e protagonisti dimenticati, come Giorgio Amendola, Enzo ed Emilio Sereni, Xeniuska Silberberg, Loris Gallico, Velio Spano, Ferruccio Bensasson, Maurizio Valenzi (poi sindaco di Napoli) e Litza Cittanova.

Molte furono le presenze femminili tra questi oppositori della prima ora. Fra loro Nadia Gallico, moglie di Spano, che agì in Tunisia e divenne poi una delle ventuno elette all’Assemblea Costituente, e Ada Ascarelli, la quale a vent’anni convolò a nozze con Enzo Sereni. Ostile al regime fin dalla marcia su Roma, fu una delle prime italiane emigrate in Palestina per sottrarsi alla nefasta politica di Mussolini.

Oltre che Roma, dove soprattutto nei licei diversi ragazzi provarono ad organizzare un’opposizione alla nascente dittatura fascista, un altro centro dove gli irriducibili trovarono seguito fu Napoli, in quel frangente storico città cosmopolita e universitaria, con una vita culturale vivace, piena di studenti ebrei dell’Est Europa socialisti e comunisti e dove viveva Benedetto Croce, punto di riferimento dell’antifascismo di matrice liberal-democratica.

A Napoli, esattamente al Vomero, in quegli anni, dopo l’assassinio del padre, si era trasferito anche Giorgio Amendola, ospite dello zio Mario Salvatore detto zio Totore, e qui aveva ritrovato i fratelli Enrico ed Emilio Sereni. Giorgione (chiamato così dai più intimi per la notevole corporatura), iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, assieme ad Enrico, leader degli studenti e dei docenti napoletani antifascisti, tentò di ridestare dal torpore i colleghi universitari, organizzando riunioni clandestine e dando vita alla rivista «Antifascismo».

Emilio Sereni, detto Mimmo, iscritto all’università di agraria a Portici, invece passò dall’entusiasmo per il sionismo e dal sogno della Palestina all’adesione clandestina alla federazione del partito comunista napoletano, di cui diventò il leader. Dopo il suo arresto da parte della polizia fascista, verrà sostituito proprio dall’amico Giorgio Amendola.

Negli anni successivi, molti di questi ragazzi e ragazze, dopo esperienze di carcere e di confino, si ritroveranno in esilio all’estero, a Parigi o in Tunisia, dove subiranno nuove persecuzioni.

Anche da fuoriusciti, con le loro limitate forze, anni prima dell’inizio della Resistenza, si organizzarono e cercarono di colpire una dittatura apparentemente invincibile. Avviarono sabotaggi, attentati e iniziative di propaganda con l’obiettivo di dare un segnale forte: nonostante il massiccio consenso tributato al duce nella Penisola, vi erano anche italiani che avevano scelto di schierarsi sul fronte dell’antifascismo.

Divennero così il volto internazionale della prima opposizione al fascismo. Ma, come ha scritto Mirella Serri, quando rientrarono in Italia, il racconto della loro avventurosa vita venne cancellato e il loro durissimo antifascismo di espatriati fu omologato a quello dei coetanei fascisti che facevano la fronda.

 

Mario Avagliano

 

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