23 dicembre 1798: la fuga di Ferdinando e Carolina
L'eco dello scoppio della Rivoluzione francese non ebbe immediata risonanza a Napoli,essendo, essa, stata,considerata più come un evento politico che un fenomeno di trasformazione strutturale della società e quindi un accadimento circostanziato che non rifulse particolare inquietudine alle dinastie europee conformate dalla Pax Nicephori. Il primo stato d'animo che ha riflesso paura o ansia, giunse alla corte napoletana solo dopo la caduta della monarchia e della morte dei reali di Francia avvenuta per ghigliottinamento, conseguenza ed enunciazione di una politica di Ferdinando IV e di Maria Carolina, preludente una chiara ed esacerbata caratterizzazione anti francese ed anti giacobina. La paura e l'odio della regina di Napoli, ormai, con John Acton, vera ed incontrastata amministratrice del regno, per i francesi , determinò, soprattutto per il ghigliottamento nel 1793 della sorella Maria Antonietta, inasprite azioni contro le fiorenti logge massoniche e le personalità con simpatie giacobine della capitale. Non ritengo opportuno dissertare sulla massoneria napoletana del 700 in quanto, già, su questo giornale, il pregevole scritto del 12 Dicembre, del corrente anno, del nostro direttore, Antonella Orefice, ci è stato di luminare e fausto beneficio. Già nel 1791, Ferdinando e Carolina, di ritorno da Vienna, ospiti degli Asburgo-Lorena, per l'incoronazione di Leopoldo, cercarono, in Toscana, di creare una lega anti francese costituita dagli stati centrali dell'Italia; il progetto non trovò attuazione per cause di palese intolleranza campanilistica e soprattutto perchè mancava a questi una organizzazione politica- militare adeguata all'occorrenza. Carolina, supportata dal suo fido primo ministro, l'inglese John Acton, cominciò arditamente a formare una linea di protezione per il regno ed in particolare per la sua stessa sopravvivenza: notevoli modifiche vennero apportate agli apparati militari, soprattutto con costruzioni di nuove navi da guerra e con la dotazione di nuove e più potenti bocche da fuoco all'artigleria campale. Le spese per queste urgenti innovazioni gravarono sui redditi delle ormai annichlite popolazioni calabresi disastrate dal terremoto del 1794 e di quelle di Resina e Torre del Greco, dovute evacquare per l'eruzione del Vesuvio. Intanto il clero, non ostentando una grande religiosità e non dedicandosi alle pratiche minute dei proprii uffici, palesemente esternava l'odio e la la completa avversione per la giovane Francia repubblicana, tanto chè il superstizioso re Ferdinando non volle riconoscere la presenza in Napoli dell'ambasciatore francese Mackau. A tale inconsulto atteggiamento,il Direttorio francese inviò nel porto di Napoli 14 vascelli al comando dell'Ammiraglio Latouche con l'intento di bombardare la città se il re napoletano non avesse rconosciuto la ufficialità di quella presenza diplomatica e dichiarato lo stato di non belligeranza nei conflitti in atto. Re Ferdinando pressato dalla moglie, dai suoi ministri e per di più dalla presenza di un gran numero di giacobini nella capitale, dovette, con gran disappunto, accettare le condizioni imposte dal Direttorio. La politica dei borbone, dapprima contenuta nella sfera di quella spagnola, con l'ingerenza nel governo di Maria Carolina, cambiò decisamente direzione affrancandosi, con servile ambiguità, prima a quella austriaca e poi a quella inglese, uniche monarchie in grado di reggere l'impeto della Francia repubblicana. L'abuso dell'egemonia da parte della Francia, le preoccupazioni che essa destava, per la tragica fine di Luigi XIV, le incursioni, delle truppe napoleoniche nel Belgio e nella Savoia, hanno indotto le monarchie europee a coalizzarsi, dando così vita, nel 1793, alla " I coalizzazione antifrancese," nella quale aderirono l'Inghilterrra che si era fatta anima, la Prussia, l'Austria, l'Olanda, la Spagna,il Piemonte, lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli. L'Austria era alle prese con la Francia in interminabili trattative a Rastadt per definire la pace con il Sacro Romano Impero e per la nuova sistemazione della Germania nella quale la secolarizzazione dei domini ecclesiastici era tenuta ad indennizzare i principi spodestati nella Renania. L'arroganza del generale Bernadotte, ambasciatore francese a Vienna, era divenuta intollerabile. L'invadenza dei francesi in Svizzera e in Italia minacciava i domini austriaci. Non era stato quindi arduo far accedere anche l'Austria alla nuova coalizione, e, al suo seguito Ferdinando IV re di Napoli, il quale tornava ad emergere ogni qualvolta la Francia pareva perduta. L'alleanza era sgreta e doveva manifestarsi con una campagna lampo nella primavera del '99. La ambiguità e la incapacità , in politica estera, del governo napoletano si manifestò quando Ferdinado IV, compromettendosi, offrì all'ammiraglio inglese Orazio Nelson, reduce da Abukir, con un fastoso ricevimento al Palazzo Reale, il riparo dei suoi porti e dei suoi arsenali. Per questo suo insolente comportamento, dopo l'ammonimento del Latouche, temendo la reazione francese, incomprensibilmente, il 22 novembre del 1798, il borbone dichiarò guerra alla"giacobina" Repubblica Romana. Disponeva di 65.000 uomini comandati dal generale austriaco Karl Mack von Leiberich, che li celebrava come il miglior esercito d'Europa. Ma la reatà era ben diversa. Questa guerra, sicuramente improvvisa ed insensata, fu -scrive il Battaglini - imposta al re dalla regina Carolina, rivelandosi in seguito dannosa per la stessa monarchia. Non trascorse una settimana che riordinati i suoi uomini ed avuti i rincalzi dalla Cisalpina, il generale francese non esitò ad attaccare il nemico, numericamente, di gran lunga superiore. L'esercito napoletano, costituito da elementi del tutto impreparati nell'arte della battaglia, dalla feccia delle città e da contadini strappati alle loro terre, non resse l'urto violento delle truppe francesi. A questo punto lo Championnet si avventurò all'inopinata conquista del regno, sgominando l'esercito nemico e ottenendo la resa delle fortezze di Gaeta e Capua. Sconvolto, Ferdinando IV, l'11 dicembre lascia Roma alla volta prima di Napoli e poi di Caserta dove, convocando d'urgenza il Consiglio del Regno stabilisce la sua partenza per la Sicilia. Tragiche e lunghe furono quelle giornate per la coppia reale, soprattutto per Ferdinando che rendendosi conto di perdere il Regno, nel sentimento del rimorso, attribuiva, con malcelate inveizioni, per lo stato di dissoluzione, negligenze ed imperizie alla moglie Carolina e al suo primo ministro John Acton. Nei giorni precedenti la partenza tra il panico dei monarchi e lincredulità dei popolani ciò avveniva: "Notte dopo notte andò in scena sui vascelli inglesi un vero e proprio trasloco di tutti i principali beni mobili della corte borbonica: denaro, tesori, opere d'arte, mobilio e biancheria. Dieci milioni e mezzo di ducati, vale a dire tutto il residuo deposito contante del Regno, si prepararono a prendere la via per Palermo. Ben presto notizia dell'imminente fuga del re si sparse fra il popolo in fermento." (Sani). Ed ancora il Cuoco così ci riporta in iscritto i dettagli di quella fuga: " Furono imbarcati nei legni inglesi e portoghesi i mobili pù preziosi de' palazzi di Caserta e di Napoli e le rarità più pregevoli dei musei di Portici e di Capodimonte, le gioie della corona e venti milioni o forse più di moneta e metalli preziosi non ancora coniati, spoglio di una nazione che rimaneva nella miseria." ( Cuoco). Il 21 dicembre , Ferdinando e Carolina si imarcarono alla volta di Palermo sul Vascello inglese Vanguard, ma a causa di una forte tempesta, le navi di Nelson, di scorta al borbone, poterono prendere il largo solo nella mattinata di due giorni dopo. "In meno di un mese, scrive il Cuoco, Ferdinando partì, corse, arrivò, conquistò il regno altrui, perdette uno de' suoi e, poco sicuro dell'altro ( Regno di Sicilia), fu quasi sul punto di fuggire fino al terzo suo regno di Gerusalemme per ritrovare un asilo." Napoli fu abbandonata a se stessa, il Vicario del re, Pignatelli, accusato dall'ira popolare,giorni dopo, dovette raggiungere Palermo. Qualche mese più tardi la Storia, dal Suo proscenio, ostentava, imperitura, uno degli avvenimenti più affascinanti e considerevoli della storia d'Italia |
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