Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Teilhard de Chardin, il “gesuita proibito”

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A dispetto delle opinioni contrarie, si può con buone ragioni parlare di una costante attualità del pensiero di Pierre Teilhard de Chardin.

Le tesi teilhardiane, infatti, anticipano spesso temi che sono diventati popolari e dibattuti dopo la sua morte, il che spiega almeno parzialmente perché “il gesuita proibito” sia stato così contestato quando era in vita: i suoi contemporanei non avevano in mano tutti gli elementi per comprenderlo sino in fondo.

Vorrei inoltre richiamare due fatti. Si è talora detto che Teilhard non ha una vera visione filosofica, nel senso che le sue idee sarebbero troppo confuse. Rispondo allora che molti sono tuttora prigionieri della visione del mondo positivista che è oggi in crisi. In secondo luogo, si è anche detto che il linguaggio teilhardiano non è abbastanza preciso: a volte, leggendo le sue opere, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un poeta più che a uno scienziato. Occorre però rammentare che la precisione del linguaggio è certamente auspicabile, ma non è una condizione così vincolante come alcune correnti di pensiero contemporanee vorrebbero far credere.

Spesso nella storia della scienza vengono aperte strade che poi paiono abbandonate senza lasciare traccia. Talora esse riemergono all’improvviso, e questo è il caso di un’idea sviluppata nel XVIII secolo: quella di considerare la Terra come un’unica entità globale.

Nel ’700, infatti, con la diffusione delle teorie newtoniane in fisica, si diffuse parallelamente una filosofia in cui Dio veniva relegato al ruolo di spettatore dell’universo. In altre parole, le leggi newtoniane erano tali che la macchina cosmica, una volta avviata, era in grado di regolarsi da sola, e Dio veniva dunque concepito alla stregua di un grande “orologiaio”.

Teilhard era un paleontologo e vedeva con chiarezza i legami tra la biosfera e l’evoluzione, ed è importante sottolineare come il periodo più fecondo della sua attività e culturale si svolga durante il suo lungo soggiorno cinese (dagli anni ’20 agli anni ’40 del secolo scorso).

E’ ovvio che la sua idea di considerare l’universo come una totalità che si evolve e si autotrasforma trova un preciso riferimento nella sua attività scientifica.

Teilhard fondò a Pechino l’Istituto di Geobiologia, una nuova scienza il cui scopo è studiare la biosfera come un tutto complesso che si evolve. E proprio qui si colloca la grande novità che Teilhard porta allo studio dell’evoluzione: rivisti oggi, alla luce degli elementi che si sono accumulati negli ultimi decenni, nei suoi contributi si scorge un’apertura rivoluzionaria.

Dunque Teilhard, lavorando con l’ipotesi della biosfera, ha parlato di fattori di canalizzazione e di direzionalità dell’evoluzione. Inoltre, anticipando temi che solo oggi - dopo la messa a fuoco dei sistemi complessi - stanno ricevendo sufficiente attenzione, egli ha introdotto l’idea che nell’evoluzione possano esservi emergenza di proprietà e fenomeni-soglia, il principale dei quali è la nascita della “noosfera”, cioè della sfera pensante. E questo effetto-soglia è proprio quello legato alla nascita dell’umanità.

Mette dunque conto notare che Teilhard anticipa di decenni temi e problematiche che, oggi, sono diventati oggetto corrente di discussione. Naturalmente egli sostiene la direzionalità dell’evoluzione, e i motivi della sua scelta dovrebbero essere evidenti non appena si rammenti il significato “anche” teologico che egli attribuiva alla sua opera.

Come sempre accade per le ipotesi filosofiche che nascono dal lavoro degli scienziati, non possiamo stabilire in modo definitivo chi ha ragione e chi torto. Tutti coloro che negano la direzionalità dell’evoluzione saranno portati a giudicare in gran parte infondate le conclusioni teilhardiane.

Viceversa, chi ritiene improponibile il “caso” come spiegazione dei processi evolutivi giudicherà l’opera del gesuita francese con maggiore simpatia.

 

 

 

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