Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Ciro il Grande e il secondo Tempio di Gerusalemme

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Ai tempi di Sedekia, re di Giuda (597-586), Gerusalemme era divenuta una città corrotta, che aveva “voltato le spalle” al Dio dei Padri e offriva sui tetti delle case profumi a Baal e libazioni ad altri dei, ponendo delle abominazioni finanche «nella casa sulla quale è invocato il mio nome, per contaminarla» ed «edificato gli alti luoghi di Baal che sono nella valle dei figlioli d’Hinnon, per far passare per il fuoco i loro figliuoli e le loro figliuole, offrendoli a Moloc1». (Geremia cap. 32:34-35).

«Nessuno muove causa con giustizia, nessuno la discute con verità; si appoggiano su ciò che non è, dicono menzogne, concepiscono il male, partoriscono l’iniquità». (Isaia Cap. 59).

«Sono come tanti stalloni ben pasciuti e ardenti; ognun d’essi nitrisce dietro la moglie del prossimo».(Geremia cap. 5).

Correva il decimo giorno del decimo mese del nono anno del regno di Sedekia2, re di Giuda (anno 558), quando Nabucodonosor, per domare la ribellione giudaica, giunse con tutto il suo esercito alle porte di Gerusalemme, cingendola d’assedio e costruendovi tutto intorno delle trincee e delle fortificazioni. (II Re cap. 25; II Cron. Cap. 36).

«Ecco, un popolo viene dal paese di settentrione, e una grande nazione si muove dalle estremità della terra. Essi impugnano l’arco ed il dardo; son crudeli, non hanno pietà; la loro voce è come il muggito del mare;

montan cavalli; son pronti a combattere come un solo guerriero, contro di te, o figliuola di Sion». (Ger. 6:22-23).

Durante l’assedio, Geremia, che aveva profetizzato la catastrofe, era rinchiuso nel cortile della prigione sita nel palazzo del re. (Ger. cap. 32).

Il nono giorno del quarto mese dell’undicesimo anno di Sedekia (anno 586) la città era allo stremo e per cercare scampo fu praticata una breccia «in prossimità del giardino del Re» per la quale tutta la gente di guerra s’incamminò in silenzio, di notte, «per la via della porta fra le due mura», prendendo la via della pianura.

Avvenne però che nella valle di Gerico l’esercito, inseguito dai babilonesi, si disperse abbandonando il re che fu fatto prigioniero, i figli scannati in sua presenza, e lo stesso re condotto in catene di rame a Babilonia, dopo che gli erano stati cavati gli occhi.

Dopo un assedio durato 19 mesi, la resistenza degli assediati era stata fiaccata dalla peste, dalla fame e dalla spada. (Ger. cap. 21, 39 e 52).

Il settimo giorno del quinto mese dell’undicesimo anno di Sedekia (era il 19° anno di Nebucadnetsar - Nabucodonosor in altre versioni della Bibbia - anno 586) Nebuzaradan, capitano delle guardie del corpo, giunse a Gerusalemme ed arse il Tempio, la casa del re, tutte le case della gente più ragguardevole e fece radere al suolo le mura della città. 

Deportò quindi a Babilonia i superstiti rimasti in città, i fuggiaschi che si erano arresi e il resto della popolazione, non lasciando che alcuni tra i più poveri a coltivare le vigne e i campi.

I tesori e gli arredi del Tempio, comprese le grandi strutture di rame, opportunamente frantumate, vennero trasportati a Babilonia e finirono in parte nel palazzo di Nabucodonosor e in parte a Scinear, nel tempio del suo dio (II Re 25, Ger. 52).3

Babilonia era una immensa città fortificata che si spandeva ai due lati del fiume Eufrate, il quale vi scorreva, quindi, nel mezzo. Un doppio, poderoso muro di cinta munito di porte di bronzo circondava la città (Erod. 1,181), fortificata anche lungo le due sponde del fiume. (v. cartina)

La fine dell’impero avvenne come un’inondazione.

Ciro il Grande, nipote di Cambise, salito sul trono nel 559, dopo una serie di fulminee conquiste nel corso delle quali, ad Opis e Sippar sconfisse i Babilonesi (539), entrò in Babilonia senza colpo ferire.

La città fu devastata e ridotta in macerie, le mura spianate al suolo e i luoghi ridotti a un deserto perenne.

«Essa non sarà mai più abitata, d’età in età nessuno vi si stabilirà più; l’Arabo non vi pianterà più la sua tenda, né i pastori vi faran più riposare i lor greggi; ma vi riposeranno le bestie del deserto, e le sue case saran piene di gufi; vi faran la loro dimora gli struzzi, i satiri vi balleranno. Gli sciacalli ululeranno nei suoi palazzi, i cani salvatici nelle sue ville deliziose». (Isaia 13:20-22).

«Babilonia la Grande è caduta! Il soggiorno dei morti, laggiù, si agita per te, per venire a incontrarti al tuo arrivo; esso sveglia per te le ombre, tutti i principi della terra; fa alzare dai loro troni tutti i re delle nazioni …» (Is. Cap. 14).

Il devastatore, un feroce e spietato popolo di molte nazioni, i Medi, provenienti da Nord, nel furore del saccheggio, non risparmiarono neppure le donne e bambini.

Nel primo anno del suo regno (538) Ciro statuì, con apposito editto, il ritorno degli ebrei nella loro patria e la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme. 

«Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, l’Iddio de’ cieli, m’ha dato tutti i regni della terra, ed egli m’ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, ch’è in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, ch’è in Giuda, ed edifichi la casa dell’Eterno, dell’Iddio d’Israele, dell’Iddio ch’è a Gerusalemme. Tutti quelli che rimangono ancora del popolo dell’Eterno, in qualunque luogo dimorino, la gente del luogo li assista con argento, con oro, con doni in natura, bestiame, aggiungendovi offerte volontarie per la casa dell’Iddio ch’è a Gerusalemme.» (Esdra 1: 1-4).

Tornarono dalla dispersione 42.360 persone oltre ai servi, cantanti, e gran quantità di bestiame (Esdra 2:64-67) e si stabilirono, ciascuno, nelle città d’origine, liberi e senza alcun prezzo di riscatto.

Gli esuli trovarono una Gerusalemme desolata e ridotta a un cumulo di macerie, le mura diroccate, il Tempio distrutto.

Trascorsi due anni, nel secondo mese, iniziò l’opera di riedificazione del Tempio e mentre si ponevano le fondamenta, tutti coloro che avevano visto il primo Tempio piangevano ad alta voce, altri gridavano per la gioia, «al punto che non si poteva distinguere il rumore delle grida di gioia da quelle di pianto del popolo». (Esdra 3:12-13).

I lavori procedevano a rilento, ostacolati soprattutto ad opera degli abitanti delle città di Samaria (che oggi ricade in gran parte nella Cisgiordania o West-Bank), i quali non erano israeliti, ma vi erano stati trapiantati da Nabucodonosor, provenienti dalle più svariate province dell’impero babilonese. Le molestie durarono per tutta la vita di Ciro e fino al regno di Dario.

Sotto il regno di Artaserse quelle genti riuscirono finanche a sospendere i lavori, forti di un decreto che avevano sollecitato al re, presentandosi in armi a Gerusalemme.

L’opera rimase sospesa fino al secondo anno di Dario, re di Persia (334) e riprese su iniziativa di Zorobabele e di Jesua ma l’ostruzionismo non era finito.

Stavolta Tattenai, governatore delle terre oltre il Giordano (sostanzialmente l’attuale Giordania), scrisse una lettera al re Dario lamentando che la “casa del gran Dio” veniva costruita con ogni cura, impiegando blocchi di pietra e legname e puntualizzando che i lavori non erano ancora conclusi.

Dario ordinò le ricerche d’archivio per accertare l’esistenza dell’editto di Ciro e il rotolo fu rinvenuto nel castello di Ameta, situato nella provincia di Media.

Il testo è il seguente:

«Memoria. - Il primo anno del re Ciro, il re Ciro ha pubblicato quest’editto, concernente la casa di Dio a Gerusalemme: La casa sia riedificata per essere un luogo dove si offrono dei sacrifizi; e le fondamenta che se ne getteranno, siano solide. Abbia sessanta cubiti d’altezza, sessanta cubiti di larghezza, tre ordini di blocchi di pietra e un ordine di travatura nuova; e la spesa sia pagata dalla casa reale. E inoltre, gli utensili d’oro e d’argento della casa di Dio, che Nebucadnetsar avea tratti dal tempio di Gerusalemme e trasportati a Babilonia, siano restituiti e riportati al tempio di Gerusalemme, nel luogo dov’erano prima, e posti nella casa di Dio». (Esdra 6:1-6)

Dario intimò di conseguenza a Tattenai e ai suoi colleghi d’oltre il fiume di stare lontani da quel luogo, di lasciar continuare i lavori e di versare ai costruttori, dai tributi d’oltre il fiume, il necessario per la loro prosecuzione.

Gravissime le sanzioni per i contravventori.

«Si tragga dalla casa di lui una trave, la si rizzi, vi sia egli inchiodato sopra, e la sua casa, per questo motivo, diventi un letamaio».

La casa fu finita il terzo giorno del mese di Adar, il sesto anno del regno di Dario (330). Poi i reduci dell’esilio celebrarono la Pasqua, il quattordicesimo giorno del primo mese (Abib o Nisan), secondo le disposizioni che Dio aveva dato a Mosè. (Esodo cap.12).

Quanto alle mura della città, esse furono riedificate ai tempi di Artaserse e ultimati il venticinquesimo giorno di Elul (anno 445), nel tempo di cinquantadue giorni e in tempi difficili, al punto che gli operai lavoravano cingendo la spada.

Di fronte alle rimostranze dei popoli circonvicini (arabi, ammoniti, Samaritani, etc.) Nehemia, che era stato autorizzato allo scopo da Artaserse, ebbe a rispondere: «Voi non avete né parte né diritto né memoria a Gerusalemme».

Pare che la storia si sia fermata in quei luoghi a 2400 anni fa, poiché le pretese dei popoli circonvicini che vantano diritti su Gerusalemme sono rimaste immutate.

Questa in breve la storia della ricostruzione del Tempio ai tempi di Esdra, quello preesistente, distrutto dai babilonesi, era stato costruito da Salomone.

Tale secondo Tempio, magnificamente restaurato, ampliato e abbellito da Erode il Grande (73 – 4 a.C.), venne incendiato e ridotto in macerie, a seguito della rivolta giudaica contro i Romani nell’anno 70 da Tito, figlio di Vespasiano e gli arredi del Tempio, trasportati a Roma, passarono sotto l’arco di trionfo insieme al corteo dei prigionieri. (v. bassorilievo).

Era il Tempio dove insegnava il Gesù dei Vangeli «Ogni giorno sedevo nel tempio ad insegnare, e voi non m’avete preso» (Matteo 26:55) e del quale aveva predetto: «Non sarà lasciata qui pietra sopra pietra che non sia diroccata». (Matteo 24:1-2).

La cronaca dettagliata della guerra fu descritta dallo storico ebreo Giuseppe Flavio nella Storia della Guerra Giudaica.4

Sono trascorsi pochi giorni dalla visita del ministro della Pubblica Sicurezza Itmar Ben-Gvir sul Monte del Tempio (per gli arabi Spianata delle Moschee) e della scomposta reazione che ne è seguita da parte della stampa e della diplomazia internazionale.

Lo status quo dei luoghi è stato di recente ben sintetizzato da David Elber in un articolo del 27 gennaio 2023.5

Le radici ebraiche di Gerusalemme affondano in tremila anni di storia, eppure la cecità di gran parte di questo mondo nega pervicacemente l’esistenza di ogni legame tra gli ebrei, la terra d’Israele, Gerusalemme e il monte del Tempio.

Non desta meraviglia che i palestinesi (con sprezzo definiti “Palestinisti” da alcuni giornali di basso profilo che circolano nel web) ne abbiano fatto un vessillo, proclamando in ogni sede che la Palestina va dal fiume (Giordano) al mare, con ciò intendendo la cancellazione dello Stato di Israele.

Chi conosce un poco di storia del Medio Oriente sa però benissimo che storicamente non è mai esistito uno Stato di Palestina e che i moderni stati mediorientali dell’area sono nati per intervento delle Potenze Occidentali, dal disfacimento dell’impero Ottomano.

Fa specie però che l’Organizzazione delle Nazioni Unite esprima pesantemente il suo antisemitismo in ogni sede.

Una per tutte: tra mercoledì 4 e giovedì 5 novembre 2020, 139 paesi delle Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione che parla del Monte del Tempio di Gerusalemme esclusivamente come di un luogo sacro islamico, facendovi riferimento con il solo nome musulmano di al-Haram al-Sharif, di fatto eliminando i legami ebraici (e cristiani) con quei luoghi.

Il testo, frutto delle pressioni della Autorità Palestinese e di diversi paesi arabi, denominato “Risoluzione di Gerusalemme” è stato approvato con 129 voti favorevoli tra cui quello dell’Italia, a fronte di soli 11 voti contrari.

Ovviamente, anche nel popolo ebraico non mancano i soliti giannizzeri, anche italiani, che cozzano rabbiosamente contro i loro confratelli, odiatori irriducibili dello Stato di Israele e di tutto quanto esso possa rappresentare.

Storicamente i giannizzeri provenivano dalle fila dei cristiani (si fa per dire) e militavano nell’esercito turco, dandosi al saccheggio e al massacro nelle terre cristiane.

Uno dei più famosi è stato certamente Scipione Gigala o Cicala (1555-1605) di origini genovesi, convertito all’Islam, noto come Sinan Paşa, corsaro dell’impero ottomano e terrore di tutte le coste del Mediterraneo.

Nel mondo ebraico i giannizzeri storicamente più accaniti erano senz’altro i convertiti al cattolicesimo, provenienti dalla casa dei neofiti, fondata nel 1582 da Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti, che accoglieva e indottrinava prevalentemente gli elementi provenienti dal mondo ebraico.

Uno tra i più aggressivi fu certamente Paolo Sebastiano Medici, che scrisse il virulento Usi e costumi degli ebrei (II edizione, Madrid, 1738) cui vennero aggiunte alcune riflessioni di Niccolò Stratta, ex rabbino divenuto cattolico, il quale (Medici) si era spinto finanche a pubblicare un “Catalogo dè neofiti illustri usciti per misericordia di Dio dall’ebraismo” (Firenze, 1701).

Sin dall’inizio del testo il Medici cozza violentemente contro i suoi fratelli ebrei, ebbro com’era del veleno assorbito dalla scuola gesuitica, in quanto che la Divina Misericordia si era degnata di svellerlo «dall’arido terreno della sinagoga, trapiantandolo nel bel giardino della Chiesa Santa».  

«Diletto, nel rappresentarvi con ogni fedeltà gli strani riti che pratica al presente la misera sinagoga, priva della cognizione di Dio, e da lui, in pena di Deicidio, abbandonata e riprovata …». Un perfetto antefatto per quel falso storico che furono i Protocolli dei Savi Anziani di Sion.

È il solito ritornello della scuola di Loyola che predicava finanche (risum teneatis) l’assurdo secondo cui non erano i cristiani a perseguitare gli ebrei, ma viceversa6  e la cui filosofia violentemente antisemita è concisa nella Civiltà Cattolica in quattro corrispondenze da Firenze del 1881 che torna utile leggere, per una migliore conoscenza dei seguaci di Loyola.7

 

Anche ai giorni nostri non mancano i rinnegati ebrei che odiano lo Stato di Israele, del quale desiderano la cancellazione dalla carta geografica e l’elenco sarebbe lungo, come non mancano i figli di Israele che preferiscono fare a meno del Dio dei Padri, e lo denigrano con sarcastiche storielle del tipo: Signore, tu dici che siamo il popolo prescelto. Ma se scegliessi qualcun altro non sarebbe meglio?

La storia d’Israele, però non dipende né da chi vuole, né da chi corre, ma da Dio che usa misericordia. (Romani 9:16).

«Avverrà, negli ultimi giorni, che il monte della casa dell’Eterno si ergerà sulla vetta dei monti, e sarà elevato al disopra dei colli; e tutte le nazioni affluiranno ad esso. Molti popoli v’accorreranno, e diranno: ‘Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa dell’Iddio di Giacobbe; egli ci ammaestrerà intorno alle sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri’. Poiché da Sion uscirà la legge, e da Gerusalemme la parola dell’Eterno». (Isaia 2:3).

«Sia benedetto il nome di Dio, d’eternità in eternità! poiché a lui appartengono la sapienza e la forza. Egli muta i tempi e le stagioni; depone i re e li stabilisce, dà la sapienza ai savi, e la scienza a quelli che hanno intelletto. Egli rivela le cose profonde e occulte; conosce ciò ch’è nelle tenebre, e la luce dimora con lui.» (Dan. 2:20).

 

 

 

Note

1.Moloc era divinità degli ammoniti, il suo nome, similmente a Baal, significa “signore”. Gli scavi, particolarmente in Palestina, hanno portato alla luce mucchi di scheletri calcinati di bambini, intorno ai santuari di Moloc - Renè Pache, Nuovo Dizionario Biblico, edizioni Centro Biblico, Napoli, 1987, p.237

2. Il nome di Sedekia gli fu imposto da Nabucodonosor che lo aveva posto sul trono di Giuda, ma il suo nome era Mattania. Iniziò il suo regno all’età di 21 anni e regnò in Gerusalemme 11 anni, dal 598 al 587 (II Re 24:17-18).  Fu l’ultimo re di Giuda.

3. Nel corso del precedente assedio, avvenuto pochi anni prima, al tempo di Joiakin, lo stesso Nebucadnetsar si era presentato sotto le mura di Gerusalemme. In quell’occasione il conquistatore aveva portato via tutti i tesori del Tempio e del palazzo del re che in parte finirono nel palazzo reale a Babilonia.

4. Giuseppe Flavio, Storia della Guerra Giudaica, vol. I e vol. II, Milano, Sonzogno, 1822.

5. D. Elber, Cosa si intende con il termine Staus quo?, L’Informale, 27.01.2023.

6. Anonimo – Dell’ebraica persecuzione contro il cristianesimo. La Civiltà Cattolica, Serie XIII, Vol. II, quaderni 862 e 864, 1886.

7. La Civiltà Cattolica, varie corrispondenze da Roma, vol. VI della 11.a serie, 1881.

 

Immagine di copertina: Leone raffigurato nella porta di Ishtar di Babilonia, museo di Berlino.

 

Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla Versione Riveduta in testo originale dal Dott. Giovanni Luzzi, Roma, 1925.

 

 

 

 

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