Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Le radici pagane del nazismo

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Come notò George L. Mosse nella sua celebre opera Le origini culturali del Terzo Reich, il nazismo affonda le sue radici in una cultura popolare già fiorente in Germania nell’800. In tale cultura il “popolo” (Volk) rappresentava il veicolo di una forza vitale che s’irradiava dal cosmo.

L’animo umano era in grado di porsi in rapporto con la natura, poiché anche questa era dotata di un’anima, e ogni individuo poteva istituire con la natura un’intima corrispondenza condivisa con tutto il suo Volk.

Quest’ultimo, però, non aveva dimensioni universali, essendo limitato a una particolare entità etnica e nazionale.

Ne consegue, pertanto, che a conferirgli il suo carattere e le sue potenzialità non erano “tutte” le manifestazioni naturali, bensì soltanto quelle regionali.

La natura veniva definita in termini di paesaggio, cioé quei tratti dell’ambiente circostante peculiari e familiari ai membri di un popolo ed estranei a tutti gli altri.

Non nell’ambito della città, ma nel paesaggio, nella campagna indigena, gli esseri umani erano destinati a fondersi e a radicarsi nella natura e nel Volk. Ma non è tutto.

 

Soltanto mediante questo processo, che aveva luogo nell’ambiente natio, ognuno era in grado di esprimere se stesso e di trovare la propria individualità.

Notiamo dunque l’identificazione di un popolo, e di un individuo in quanto parte di esso, con un ben preciso territorio.

Ogni territorio, a sua volta, diventa un unicum, dotato di una sua ben precisa anima.

Il paesaggio, i fiumi, le montagne di un certo contesto territoriale danno forma all’anima dell’individuo e del popolo, in un inestricabile legame di terra e di sangue. Chi non ne fa parte, chi non è inserito sin dalla nascita in quel paesaggio, non può partecipare all’afflato che da esso emana.

Il legame tra terra e sangue costituisce un legame indissolubile, cui gli estranei, gli “stranieri”, non possono partecipare.

Dal momento che l’elemento essenziale è il legame dell’animo umano con il suo ambiente naturale, con la “essenza” della natura, le verità fondamentali erano ritenute reperibili al di là delle apparenze. L’anima di un Volk è determinata dal paesaggio natio.

E gli ebrei? Anche donne e uomini ebrei nascono in un ben preciso contesto territoriale.

Anch’essi crescono tra le stesse montagne e gli stessi fiumi. Anch’essi - verrebbe spontaneo pensare - partecipano allo spirito del luogo.

Eppure no, secondo questo modo di vedere il mondo e di concepire i rapporti tra individuo e ambiente circostante, gli ebrei sono irrimediabilmente “diversi”.

Essi, da gente del deserto, sono superficiali, aridi, “secchi”, incapaci di profondità e del tutto mancanti di creatività. Proprio a causa della nudità del paesaggio desertico, gli ebrei sarebbero quindi un popolo spiritualmente arido, in netta antitesi con i tedeschi i quali, figli delle cupe foreste ammantate di nebbie, sono invece profondi e misteriosi.

Aspirano al sole e sono creature della luce.

Tutti sappiamo che si tratta di speculazioni teoriche senza fondamento. Tuttavia sono proprio queste speculazioni ad aver fornito il sostrato culturale della sitazione che poi condusse all’Olocausto.

Naturalmente l’antisemitismo ha radici assai più antiche. C’è per esempio l’accusa di stampo economico, usura e poi monopolizzazione delle risorse finanziarie. Ma i ghetti, perfino i pogrom nella Russia zarista e nell’Europa orientale, non sono paragonabili all’Olocausto.

Il fatto che Günter Grass, dopo la scoperta della sua appartenenza alle Waffen SS nella seconda guerra mondiale, abbia equiparato Israele alla DDR (l’ex Germania comunista), paragonando per di più la Shoah al trattamento dei prigionieri di guerra tedeschi nell’Unione Sovietica, aumenta i sospetti di cui prima dicevo.

Il nazismo è stato il più serio tentativo di reintrodurre il paganesimo in Europa. L’antisemitismo è senza dubbio una delle sue componenti principali, ma è errato ridurlo a questo.

L’esaltazione di una natura divinizzata e dello “spirito dei luoghi” ha giocato un ruolo molto rilevante. Di qui la tendenza a vedere i non tedeschi come “altri” da eliminare.

Come escludere che il giovane Grass, quando vestiva la divisa delle SS, sia rimasto come tanti altri marchiato a fuoco da questo neopaganesimo che non attribuiva valore alcuno alla vita delle cosiddette razze inferiori?

Il Male riaffiora spesso nei momenti più impensati.

 

 

 

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