Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Impressioni di un viaggio in Vietnam

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Invitato ad Hanoi per firmare un accordo di cooperazione con un’università locale, torno dal Vietnam con impressioni contrastanti.

È il mio primo viaggio nel Paese asiatico e confesso che lo pensavo diverso. Sapevo già, ovviamente, che anche qui il processo di occidentalizzazione è in corso. Tuttavia mi era stato detto che nel Nord procedeva con più lentezza rispetto al Sud. A occhio e croce non direi.

La TV trasmette in continuazione soap operas in perfetto stile americano. Il centro è pieno di negozi con le grandi griffe italiane e non, e le auto di lusso non sono poi così rare. In stile occidentale anche le canzoni, mentre i fast food furoreggiano tra i giovani, sia gli originali USA che le imitazioni locali.

Insomma il Vietnam si è davvero aperto all’Occidente, e abbondano gli uomini d’affari – soprattutto giapponesi ed europei – che vengono a proporre business o a trasferire aziende approfittando del bassissimo costo del lavoro. Numerosi pure i turisti, inclusi gli americani.

Notandone alcuni piuttosto anziani, ipotizzo che vogliano vedere la città che bombardavano pesantemente e dalla quale partivano le truppe regolari che andavano a sostenere i Vietcong al Sud.

C’è però un altro Vietnam in cui il ricordo della guerra viene coltivato con molta serietà. Il museo militare è stracolmo di prede belliche americane.

Un caccia Phantom intatto, uno degli elicotteri da cui i marines sbarcavano sui campi di battaglia, un grande Chinhook da trasporto, un enorme cannone semovente.

Accanto a questi i mezzi dell’esercito vietnamita: il carro armato che sfondò i cancelli dell’ambasciata USA il giorno della vittoria, due Mig di fabbricazione sovietica, molti AK-47 in perfetto stato di conservazione.

C’è pure una bella ricostruzione, con relativo filmato, della battaglia di Dien Bien Phu, quella in cui le truppe del generale Giap annientarono i francesi nel 1954.

 

Nel museo anche i tipici elmetti dell’esercito nordvietnamita, le cui imitazioni si trovano nei banchi di souvenir e vengono ora usati da molti camerieri nei ristoranti. Il migliore ricordo del passato è il mausoleo di Ho Chi Minh costruito in stile sovietico.

La coda è ancora lunga, a differenza di quanto accade a Mosca per Lenin, e il passaggio intorno alla salma imbalsamata del leader è piuttosto rapido visto il numero dei visitatori in cui abbondano intere classi di studenti accompagnati dai loro insegnanti.

Il paragone con la Cina viene spontaneo. Lo zio Ho, proprio come Mao, mantiene il ruolo di padre della patria e i suoi ritratti sono ovunque (come, del resto, le bandiere rosse con la stella gialla al centro). Però fuori scorre un altro mondo.

Non so se esista l’omologo vietnamita di Deng Xiaoping; forse no, il processo è stato avviato dall’intera leadership del partito. Ma il risultato, una volta fatte le debite proporzioni, è analogo: una incipiente economia di mercato controllata strettamente dal Partito comunista.

Parlando con i colleghi locali ho conferma di un fatto che già sapevo. L’Occidente non è più visto come nemico. Preoccupa invece – e molto – la Cina. I giapponesi non sono affatto soli: tutti i Paesi che confinano o sono comunque vicini al colosso ne percepiscono la potenza ormai evidentissima, e ne temono l’espansionismo.

Apprendo, tra l’altro, che a tutti i giovani, maschi e femmine, viene insegnato come si monta e maneggia l’AK-47. Due studentesse d’italiano mi raccontano ridendo che è facile, anche se non sono sicure, all’occorrenza, di saperlo usare al meglio. E anche qui, come in Cina, gli studenti non nascondono la noia provata nei corsi di marxismo-leninismo, obbligatori a scuola e all’università e unica filosofia ammessa.

Un Paese bellissimo, con laghi e templi ovunque (anche in città) ma con un traffico sempre più caotico.

A Ho Chi Minh City (l’ex Saigon), mi dicono, è molto peggio. Chissà se i vietnamiti – come del resto i cinesi – sanno dove stanno andando. Penso di no.

Nei giovani, che pur rispettano il passato, è evidente la voglia di assomigliare sempre di più a noi. Vuoi vedere che lo Zio Sam, pur sconfitto militarmente, ha alla fine vinto la battaglia più importante trasmettendo agli ex nemici il suo stile di vita?

 

 

 

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