Sellars e Feyerabend su scienza e senso comune
Una breve illustrazione del dibattito tra Sellars e Feyerabend, avvenuto negli anni ’60 del secolo scorso, può aiutarci a comprendere qual è la posta in gioco quando si parla dei rapporti fra l’immagine scientifica del mondo e quella del senso comune. Sellars è un realista scientifico, e pensa che il dominio dei costituenti di base della realtà sia formato dagli elementi che la scienza troverà necessario postulare “a lungo termine”. Tuttavia, ritiene anche che esista una cornice concettuale - l’immagine “manifesta” o del senso comune - attraverso la quale l’uomo sperimenta se stesso e il mondo come un insieme coerente. A suo avviso tale cornice, che possiede un carattere preminentemente concettuale, deve innanzitutto essere compresa nei suoi stessi termini. Soltanto in seguito si può presumere che gli esseri umani saranno in grado di determinare il senso preciso in cui essa, o alcune sue parti, risulti “rimpiazzabile” dalla visione del mondo fornitaci dalla scienza (e, in particolare, dalla fisica).
Paul Feyerabend non è d’accordo con una simile tesi che egli giudica inutilmente complicata, e sostiene invece che, posto che vi siano le basi per farlo, la cornice di riferimento concettuale (e osservativa) del senso comune dovrebbe essere sostituita immediatamente da una cornice teorica più adeguata. Come si spiega il contrasto? Proprio come Feyerabend, Sellars vede l’osservabilità come una proprietà fattuale di un insieme di predicati. Tuttavia, e in questo caso a differenza dell’epistemologo austriaco, egli nota pure che la funzione essenziale svolta dai concetti della cornice del senso comune (vale a dire, quelli corrispondenti agli oggetti fisici colorati, estesi nello spazio e durevoli nel tempo) nel controllare le analogie nei cui termini i predicati teorici vengono introdotti, dà a tali concetti una sorta di primato metodologico. Ed è proprio questo fatto a bloccare, agli occhi di Sellars, l’abbandono del senso comune a favore dei concetti della scienza, e ad impedire altresì l’accettazione di una “teoria puramente pragmatica dell’osservazione” come quella proposta da Feyerabend. Altrimenti detto, mentre Sellars è disposto ad ammettere senza esitazioni che lo schema (o cornice) concettuale del senso comune è radicalmente falso, nel senso che non esistono cose come gli oggetti e i processi fisici della cornice del senso comune, egli chiarisce anche che una sostituzione globale dell’immagine manifesta da parte di quella scientifica è irrealizzabile. Piuttosto - continua - è necessario chiarire che in un certo stadio futuro della nostra evoluzione (peraltro non esplicitato) sarà ragionevole abbandonare la cornice del senso comune ed utilizzare soltanto quella scientifica, senza però dimenticare che quest’ultima dovrà comunque essere arricchita dalla dimensione del “discorso pratico”. Il che significa, in fondo, conservare un ruolo molto importante per il senso comune anche in questo ipotetico stadio del futuro. Per Sellars l’abbandono del senso comune non deve causare una perdita di tipo concettuale. Per evitare questa spiacevole conseguenza, l’abbandono - pur sempre parziale - può verificarsi solo quando lo spazio concettuale della scienza acquisirà un carattere “non parassitario” rispetto a quello dell’immagine manifesta. Nel frattempo - prosegue Sellars - sono i concetti e i princìpi basilari del senso comune che si rivelano vincolanti, almeno fino a quando sarà realmente disponibile una struttura globale in grado di funzionare in modo migliore. Non dimentichiamo infatti la succitata convinzione sellarsiana circa la falsità radicale del senso comune: per quanto importante essa sia, l’immagine manifesta ci fornisce un quadro falso e distorto della realtà. E’ evidente - anche se non del tutto giustificato - che in termini sellarsiani il primato metodologico poc’anzi menzionato è compatibile con l’eventuale abbandono e con la sostituzione di qualsiasi insieme di concetti, per quanto legati all’osservazione essi possano essere. Ma, è importante notarlo, seguendo tale linea di pensiero i concetti osservativi della cornice del senso comune sono, dal punto di vista epistemico - sullo stesso piano dei concetti delle teorie scientifiche, convinzione del resto espressa anche da Quine. Per Sellars, insomma, benché da un punto di vista ontologico la cornice di riferimento concettuale-osservativa dell’esperienza quotidiana sia in linea di principio sostituibile mediante l’immagine scientifica (ivi inclusa quella che risulta “attualmente” disponibile), sarebbe errato “metodologicamente” sostituirla nell’immediato. Egli è del tutto cosciente del fatto che la scienza, nonostante i grandi successi ottenuti, non ha affatto raggiunto la rappresentazione teorica completamente adeguata della realtà che pur si propone di conseguire. Ecco dunque il motivo principale del rifiuto sellarsiano della tesi di Feyerabend. Passare dalla cornice osservativa del senso comune che, pur con i suoi difetti di fondo, ha finora fornito una base pratica alla scienza, ad una cornice migliore ma ancora inadeguata, potrebbe addirittura mettere in pericolo il progresso futuro della scienza stessa. Si pensi, ad esempio, al tempo che sarebbe necessario per ri-addestrare noi stessi (o i nostri figli) a compiere osservazioni secondo la nuova cornice di riferimento. La sostituzione ammessa da Sellars quando parla della possibilità di rimpiazzare l’immagine manifesta mediante quella scientifica non equivale perciò a “sradicamento” o a “distruzione”. Piuttosto, egli afferma, il progetto consiste nel tentare una sintesi delle due cornici, così da impedire che l’immagine manifesta venga sopraffatta da quella scientifica. A questo punto Sellars distingue tra (a) teorie che esprimono credenze, e (b) princìpi che risultano “legati agli stessi concetti mediante i quali sperimentiamo il mondo”. Secondo Feyerabend, tuttavia, una simile distinzione non separa affatto la scienza dal senso comune. A suo avviso le cornici spazio-temporali della fisica classica o della teoria della relatività condividono moltissimi elementi con quella del senso comune, almeno come viene descritta da Sellars. La somiglianza è abbastanza forte da autorizzarci ad usare per entrambe il termine “teorie”. In altre parole, per Feyerabend il senso comune è una teoria al pari di quelle scientifiche. Se questo è vero, dobbiamo ammettere che una spiegazione relativistica degli aspetti spazio-temporali del senso comune è possibile qui e ora; dopo tutto, egli continua, la teoria della relatività è già disponibile e non costituisce un “ideale regolativo”’. Ad ogni modo, se rammentiamo che per Sellars la cornice del senso comune è formato da oggetti colorati, estesi nello spazio e durevoli nel tempo, occorre chiedersi se sia sempre possibile operare cambiamenti così radicali anche a livello dei fattori percettivi più elementari del senso comune. Dovrebbe essere chiaro che una risposta definitiva non può essere formulata. Uno scienziato potrebbe notare che, finora, conosciamo (e, di conseguenza, utilizziamo) soltanto una parte assai limitata dei circuiti cerebrali, il che significa che lo spazio è più che mai aperto per ulteriori integrazioni. Feyerabend pensa al senso comune in termini di cornice teorica che, non riflettendo la vera struttura della realtà, è falsa, e almeno su questo punto Sellars è d’accordo con lui. Ovviamente le nozioni del senso comune sono “utili”, il che spiega la loro sopravvivenza. Ma dall’utilità non si può inferire la verità. Tuttavia la visione di Sellars è più raffinata. L’immagine manifesta è per lui basata sullo schema concettuale dell’esperienza quotidiana, analizzato tra gli altri da Wittgenstein, G.E. Moore e Strawson. Ciò che conferisce all’immagine manifesta un’importanza filosofica primaria è il fatto che essa costituisce la struttura concettuale nella quale pensiamo naturalmente, e in cui siamo in pratica costretti a vivere quando non decidiamo intenzionalmente di pensare nei termini di una qualche teoria scientifica. Ma, anche in quest’ultimo caso, l’immagine manifesta reclama ben presto i suoi diritti. Questo è il motivo per cui Sellars ritiene, contrariamente a Feyerabend, che l’immagine manifesta continui tuttora ad essere indispensabile. Soltanto attraverso la mediazione dell’immagine manifesta possiamo arrivare alla scienza, e lo stesso scienziato, quando è nel suo laboratorio, deve pensare nei termini dell’immagine manifesta, poiché descrive - almeno parzialmente - i suoi strumenti e i risultati che grazie ad essi ottiene ricorrendo ai concetti del senso comune. Al contempo egli avanza un altro motivo, specificamente filosofico, per revocare in dubbio la possibilità di eliminare la nostra comune cornice osservativa. In accordo con una tradizione filosofica che vede riuniti tra gli altri Berkeley, Kant e Whitehead, egli crede che gli oggetti fisici possiedano delle proprietà essenzialmente qualitative al pari di quelle primarie e strutturali. Non possiamo affermare che le proprietà qualitative degli oggetti presenti nella cornice osservativa comune dovranno apparire anche nella ipotetica cornice teorica che riflette adeguatamente la realtà. Ma, per quanto ci riguarda, tale cornice teorica dovrà contenere predicati qualitativi che costituiscono la controparte di quelli del senso comune. In altri termini, la natura della cornice osservativa possiede una influenza regolativa sul carattere della scienza futura. Egli osserva però che nella nostra scienza attuale non v’è traccia di simili predicati. Di conseguenza, la sostituzione globale caldeggiata da Feyerabend eliminerebbe dalla nostra visione del mondo la fondamentale dimensione del qualitativo.
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