Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

“Ineffabile gaudium” per la fine di Raffaele Piccoli, un apostata

Condividi

«La fine d’un apostata, uno dei Mille di Garibaldi. La mattina del 27 agosto a Catanzaro fu trovato cadavere nella sua casa Raffaele Piccoli. L’infelice s’era suicidato in una maniera orrenda, conficcandosi cioè un chiodo nella tempia e ribadendolo con una pietra finché gli avesse trapassato il cervello.»1

Inizia così il breve articolo sulla morte di Raffaele Piccoli pubblicato l’11 settembre 1880 da un settimanale religioso di Roma.

Seguirono altri giornali cattolici che con grande giubilo e soddisfazione salutarono la morte dell’eroe garibaldino, e tra essi non mancò il periodico “Annali Francescani” con un articolo del 30 settembre 1880.

«Finalmente è schiattato, e in che modo! Spinto dalla disperazione e dai morsi della fame si è conficcato un chiodo in testa, l’eretico Raffaele Piccoli, ex frate dei Minori Osservanti, infame seguace di Garibaldi. Oh tripudio! Che giorno beato il ciel ci ha dato! Sfuggito alla giustizia umana, “non isfuggì però alla giustizia divina ...»2

Quindi anche i frati cappuccini, che si ritenevano eredi spirituali di quel sant’uomo che fu Francesco D’Assisi, senza averne certo il profumo, proclamarono con piena soddisfazione la notizia.

 

L’odio feroce contro i fuorusciti dalla Chiesa è sempre stata una costante nella politica del Vaticano, al punto che per liberarsi di quel fastidiosissimo prete modernista scomunicato che fu Ernesto Buonaiuti, venne stabilito nell’art. 5 del concordato del ’29 (G.U. n. 130 del 5 giugno 1929, S.S.), sempre «in nome della SS. Trinità»,  che «in ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico.»

La norma di fatto condannava alla segregazione e alla povertà migliaia di religiosi spretati e terrorizzava gli aspiranti defezionisti. A quella Chiesa ben si attaglia la Parola: «Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti». (Tito 1:16)

La Civiltà Cattolica, organo dei Gesuiti, non si occupò del caso Piccoli, troppo insignificante, preferiva dedicarsi a personaggi ben più importanti e pericolosi, come quello dell’ebreo Zola, morto a Parigi il 29 settembre 1902, «scrittore di sporcizie, romanziere dei bordelli”, “uno di quegli infelici dei quali può dirsi che sarebbe meglio non fossero mai nati».3

Non esiste gran letteratura su Piccoli. Il primo che ne scrisse fu Giuseppe Paparazzo in un articolo dettagliato quanto accorato, pubblicato nei numeri 8 e 9 della rivista “La Calabria”, stampata a Roma nel 1898 e subito ripubblicato in forma di opuscolo.4

Pietro Camardella nel 1910 gli intitolò un capitolo del libro dedicato ai Calabresi dei Mille,5la cui bella recensione fu poi degna di comparire sulla Nuova Antologia.6

Una ristampa di quel volume è stata fatta dall’Accademia Cosentina nel 1976.7

Un altro volumetto più recente e ben circostanziato è stato scritto nel 1970 da Antonio Basile.8

Raffaele Piccoli era Nato a Castagna, un piccolo centro della Presila catanzarese, il 10 ottobre 1819.

Il comune, nella provincia di Calabria Ulteriore II, circondario di Serrastretta, Distretto di Nicastro, diocesi di Martorano, contava all’epoca 750 abitanti (censimento a seguito della L. 19 maggio 1816), ma la residenza dell’Amministrazione municipale era a Soveria.

Il comune fu soppresso con R.D. 21 marzo 1869 e unito a quello di Carlopoli a seguito delle delibere comunali del 3 maggio 1868 (Carlopoli), 11 maggio 1868 (Castagna) e della deliberazione del Consiglio Provinciale di Catanzaro del successivo 19 settembre.

Piccoli trascorse la vita in mezzo a mille avventure, determinato, dal coraggio indomito, sempre pronto a menare le mani per i suoi ideali repubblicani, irruento come il guascone dei romanzi di Dumas.

Fuggiasco seminarista a 18 anni, a 29 si batté valorosamente al Ponte dell’Angitola (27 giugno 1848) contro le truppe borboniche.

Combatté come un leone al Gianicolo in difesa della Repubblica Romana (febbraio/Luglio 1849) e nello stesso anno, fu arrestato a Napoli e condannato a 30 anni di ferri. Nuova fuga rocambolesca.

E poi Quarto, Marsala, Calatafimi, Palermo, Volturno, Tirolo e in Francia con Garibaldi a combattere nelle campagne gelate dei Vosgi contro i prussiani in difesa della Repubblica. Di battaglia in battaglia, non si tirò mai indietro difronte a mille pericoli, patimenti e avversità.

Il suo declino cominciò con l’insurrezione delle Calabrie nel 1870. Il 4/5 maggio 1870 scoppiò a Curinga l’insurrezione capitanata dal Piccoli, capo del comitato rivoluzionario di Catanzaro e venne proclamato il governo provvisorio repubblicano (la c.d. Repubblica Universale di Filadelfia).

Il 7 maggio circa 200 armati si avviarono verso Filadelfia, già presidiata da Ricciotti Garibaldi con 700 armati e, dopo una scaramuccia coi carabinieri, occuparono Monterosso ma, essendo sbarcate la sera dell’8 maggio a Pizzo truppe provenienti da Palermo e da Napoli e temendo il peggio, la mattina dell’11 le squadre furono sciolte e ciascuno prese la sua via.9

Ricciotti riparò a Corfù mentre Piccoli s’imbarcò per Malta, dove giunse il successivo 26 giugno. A Londra incontrò Giuseppe Mazzini e tanti esuli napoletani che vi avevano trovato rifugio.

Questa, molto sinteticamente, la storia dell’avventura repubblicana del 1870.

I fatti di Filadelfia furono trattati alla Camera dei Deputati nelle tornate del 9, 16 e 17 maggio 1870 mediante una comunicazione di Lanza, Ministro per l’Interno, seguita da una breve discussione nella quale, stizzito, tolse la parola all’onorevole Marincola.10

Per il povero Piccoli, nonostante l’amnistia concessa dal Re, iniziò la via del calvario.

Giovanni Lanza, capo del Governo dal 16 dicembre 1869 al 10 luglio 1873, che aveva anche il dicastero degli Interni, ordinò la revoca della pensione dei Mille assegnata al Piccoli e a nulla valsero gli interventi di Luigi Miceli, Giovanni Nicotera e di altri insigni parlamentari.

Il buon giorno si vede dal mattino e il mattino di Lanza era stato veramente fosco.

Una buona descrizione del personaggio Lanza ci è stata offerta da Ferdinando Petruccelli della Gattina ne I moribondi del Palazzo Carignano. 11

«Uomo mediocre, pedante, a vista fosca, senza tatto politico, chiuso nella cerchia della Dora e del Po, non sa armeggiare, non ha sangue freddo, non ha prontezza di risorse, non ha sintesi, è personale, ristucca quando parla – in una parola è un corpo completamente opaco, e giammai uno straniero che cadesse nuovo nelle nostre sedute si dubiterebbe, a vederlo, ad udirlo, a riudirlo, a udirlo di nuovo, a vederne la tattica, che quello sia il dittatore della destra». 12

Cosa poteva aspettarsi Piccoli da un uomo di tal fatta? La rovina fu immediata. Catanzaro, eterna città opportunista, non gli diede neppure un lavoro da spazzino, la famiglia (moglie e cinque figli) fu ridotta all’inedia e il gesto fatale divenne inevitabile.

D’altronde, cosa poteva aspettarsi da quella città, ossessivamente monarchica (nel referendum del ’46 si contarono 15.391 voti per la Monarchia, 7.383 per la Repubblica e 1.284 non validi), e poi fascista fin nelle midolla, che pochi anni dopo, nelle elezioni del 1886 avrebbe preferito votare un avventuriero del calibro di Achille Fazzari anziché Giosuè Carducci?

In quella circostanza, nel Collegio di Catanzaro, Fazzari ottenne 11.000 voti mentre Carducci ne raggranellò solo 200.

Un Fazzari la cui carriera da analfabeta a parlamentare e le cui ombre sono ben delineate nei Fogli Dispersi del Libro Nero.13

Personaggio arrivista, mistificatore e intrallazzino, le cui prodezze riempirono molte pagine degli atti parlamentari del tempo nonché “sozzo calunniatore” di quell’anima eletta che fu Alberto Mario (Lendinara4 giugno 1825 - 2 giugno 1883).14

Infuocato clericale al punto da stampare nel principio del 1866, rinnegando i suoi trascorsi garibaldini, una lettera ai suoi elettori di Catanzaro, dicendo: «Bisogna fare la conciliazione» e suscitando, a posteriori, finanche il plauso del Duce.15

Non che le cose a Catanzaro siano mai cambiate, in politica come nelle piccole cose. Una per tutte: il ponte sulla Fiumarella è stato intitolato al solito politicante di passaggio anziché all’ideatore, progettista e direttore dei lavori che fu l’ing. Riccardo Morandi (Roma, 1° settembre 1902 – 25 dicembre 1989), che versò sudore e sangue sino al giorno del collaudo, quando aveva una pistola in tasca pronto a farsi saltare le cervella in caso di esito fallimentare.16

Povero Raffaele! Sognavi un’Italia libera, unita e repubblicana, ti sei svegliato in un orrido monarchico-clericale e hai finito i tuoi giorni nella disillusione di ciò che poteva essere e non è stato. E i catanzaresi non ti hanno assegnato neppure un posto decente al cimitero, relegandoti anonimo in una fossa nel recinto dei poveri, certamente felice di ritrovarti in mezzo a coloro per i quali avevi combattuto per tutta la vita.

Ti sia di conforto che nel mondo dei viventi c’è ancora chi ti ama e ti ricorda.

 

 

Note

1. Il Divin Salvatore, settimana religiosa di Roma – Anno XVI, 1879-1880, n. 100.

2. Annali Francescani, Anno XI, Tipografia e Libreria Arcivescovile Boniardi-Pogliani, 1880.

3. La Civiltà Cattolica, anno 53°, Vol. VII della serie XVIII, Roma, 1902.

4. Raffaele Piccoli, in Bibliotechina de la Calabria n. 1, Roma, 1898

5. P. Camardella, I calabresi della spedizione dei Mille, Roma, Officina Grafica, 1910

6. La Nuova Antologia, Vol. CLXVII, Roma, 1913.

7. P. Camardella, I calabresi della spedizione dei Mille, Accademia Cosentina, 1976.

8. A. Basile, Raffaele Piccoli liberale calabrese, in «Nuovi Quaderni del Meridione» n. 32/1970 e n. 35/1971, Palermo, Banco di Sicilia, Ufficio Fondazione Mormino.

9. Rassegna Storica del Risorgimento, Anno XVII, Fasc. IV, ottobre-dicembre 1930

10. Rendiconti del Parlamento Italiano, sessione del 1869/1870.

11. Biografia di Petruccelli nel sito del Senato,

12. F. Petruccelli della Gattina: I moribondi del palazzo Carignano, Milano, 1862.

13. I fogli dispersi del libro nero, Napoli, Stabilimento Tipografico Partenopeo, 1876.

14. Scritti di Alberto Mario scelti e curati da Giosuè Carducci, Zanichelli, Bologna, 1884.

15. Le dichiarazioni del capo del Governo alla Camera e al Senato sugli accordi fra l’Italia e la Santa Sede, nel Bollettino del R. Ministero degli Affari Esteri n. 5, Maggio 1929.

16. L’opera fu finanziata dalla Cassa per il Mezzogiorno, ente appaltante l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, costruttore l’impresa Sogene di Roma. Il ponte, con arco in calcestruzzo armato della luce di 231 metri, sovrastante il fondovalle di 112 metri, era al momento tra i più arditi nel mondo.

 

 

 

Foto di copertina tratta dall’album dei Mille, realizzato da Alessandro Pavia tra il 1863 e il 1870, che raccoglie in un solo volume i ritratti di tutti i partecipanti alla Spedizione dei Mille.

 

 

Statistiche

Utenti registrati
136
Articoli
3167
Web Links
6
Visite agli articoli
15188654

(La registrazione degli utenti è riservata solo ai redattori) Visitatori on line

Abbiamo 490 visitatori e nessun utente online