Elaborare il lutto
Il lutto, dal latino luctus, lugere, piangere, è generalmente definito come il periodo di dolore che consegue alla morte di persone care, ma può essere presente anche per la scomparsa di esseri viventi in genere o di ideali. Si può asserire che ogni essere umano, ad eccezione di persone affetti da malattie gravi del sistema nervoso, neurologiche o psichiche con alterazione della coscienza, abbia attraversato un periodo di lutto durante la sua esistenza. Anche gli animali possono manifestare il lutto come il cane alla morte del padrone o gli elefanti per i componenti del branco. Nell’ambito di una medicalizzazione dei sentimenti e con l’intento di alleviare il dolore della perdita, è stata coniata l’espressione “elaborare il lutto”, divenuta di uso corrente, che merita alcuni commenti. Le manifestazioni e i simboli messi in atto per esternare il lutto dai riti tribali a quelli delle società moderne sono molteplici e variabili nel tempo. Ricordo che nel nostro Paese a metà del secolo scorso le donne indossavano spesso un abito nero completo, con accessori dello stesso colore, ed erano indicate come donne in “gramaglie”, una parola d’incerta etimologia. Alcune lo portavano per tutta la vita. Gli uomini si limitavano ad indossare un bracciale di stoffa nera, un risvolto nero della giacca o un bottone nero all’occhiello. La durata del periodo nel quale venivano mostrati questi simboli era variabile, ma non superava di solito alcune settimane. Praticamente scomparsi nei Paesi industrializzati rimane solo l’uso di bracciali neri per gli eventi di lutto collettivo. Una recente, e discutibile, forma di partecipazione al lutto è l’applauso al momento del funerale, che sostituisce il precedente commosso silenzio. Per la morte di personaggi pubblici o per eventi tragici cittadini o nazionali sono esposte bandiere a mezz’asta o listate a lutto oppure sparati colpi di arma da fuoco a salve per le esequie militari. Se da questi segni o simboli si individua rapidamente il lutto individuale o collettivo i movimenti dell’anima, il dolore e la sofferenza sono molto più complessi, non facilmente identificabili e quantificabili. Si può genericamente affermare che possono variare dalla semplice commozione più o meno intensa, più o meno transitoria, al dolore atroce, in alcuni casi non compatibile con il proseguimento della vita. Il DSM-5 ha proposto la diagnosi di disturbo da lutto persistente e complicato per indicare quelle condizioni in cui le manifestazioni acute del lutto, permangono 12 mesi dopo l’evento che lo ha provocato, periodo considerato come discriminante tra lutto normale e patologico. Si potrebbe paragonare il decorso del lutto alla guarigione di una ferita chirurgica dalla quale può residuare una sottile linea bianca, una cicatrice appena visibile oppure un cheloide, termine tecnico che indica una ipertrofia cicatriziale, che rimane dolente per tutta la vita. La risposta dipende da molteplici cause individuai e dalle modalità con cui avviene la perdita. Il lutto provoca dolore ed è proprio della pietas umana farsene carico e cercare di renderlo sopportabile. L’espressione “elaborare il lutto”, si presta tuttavia ad alcune osservazioni critiche. Si potrebbe essere tentati di metterla nell’ambito dei modi di dire abusati e quindi da evitare. Una soluzione drastica è quella suggerita da Francesco Merlo, giornalista de La Repubblica che nella rubrica “Posta e risposta” del febbraio 2022 ha proposto la “ghigliottina” per parole o espressioni usate in modo ripetitivo, che hanno perso il loro significato e sono divenute degli slogan: «Come se non ci fosse un domani, percorso, la luce in fondo al tunnel , tutto si tiene, resilienza, trend», ma l’elenco proposto è molto più lungo Anche Julian Barnes, scrittore inglese, rimane perplesso di fronte a questo modo di affrontare il lutto riferito alla sua vicenda personale. Nel libro del 2013 Livelli di vita, ha descritto in modo incisivo, il dolore profondo che persiste per la scomparsa dell’adorata moglie avvenuta quattro anni prima, dopo un lungo periodo di unione appassionata. Ho ritrovato in queste pagine la mia esperienza personale. Ha scritto Barnes: «Il problema di Pereira, secondo la sicumera del medico, è che non ha ancora elaborato il lutto. (…) Elaborazione del lutto sembra un lavoro talmente chiaro e concreto, nella combinazione dei due sostantivi. Invece è sfuggente, sdrucciolevole, metamorfico. (…) Ed è difficile dire se stai facendo progressi, o stabilire che cosa potrebbe aiutarti a farne. Non si può metter fretta all’amore e al lutto.» Per accertare i “progressi” è stato indicato il riconoscimento delle varie fasi psicologiche che può attraversare la persona colpita da lutto, e chi la circonda. La conoscenza di queste fasi proviene da una prolungata osservazione effettuata nei malati con prognosi infausta ricoverati in ospedale, dalla psichiatra e psicanalista svizzera Kubler-Ross (1926-2004) e riportati nel libro del 1969, On death and dying. Questi pazienti attraversavano fasi psicologiche molto simili a quelle che possono comparire nelle persone colpite da un grave lutto e riassumibili in una prima fase di ribellione (perché proprio a me?), seguita dalla contrattazione, (soffro, ma desidero attenzione e comprensione), una terza contrassegnata dalla depressione, e l’ultima dall’accettazione della perdita. Le varie fasi possono sovrapporsi o mancare. La conclusione di Barnes nel commento alla “elaborazione del lutto”, «non si può metter fretta all’amore e al lutto», introduce un concetto fondamentale, del tempo necessario per elaborare i sentimenti più profondi mettendo da parte la fretta, «la fretta che l’onestade di ogni atto dismaga», come afferma Dante nel canto lll del Purgatorio. Un richiamo tutt’altro che secondario nella società odierna dove dal lontano 1748 aleggia sempre il consiglio rivolto da Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, ai giovani commercianti: «Time is money.». Se fa parte della pietas farsi carico del lutto altrui e cercare di lenire il dolore della perdita, altrettanto importante è l’impegno costante per ridurre l’enorme carico di lutti al quale l’umanità continua ad andare incontro per eventi evitabili come guerre, carestie, stravolgimenti climatici, incidenti sul lavoro, etc. L’impegno, questa volta prevalentemente politico, potrebbe essere sostenuto dallo slogan «prevenire il lutto.» |
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