Matematica e filosofia
Fin dai primordi della filosofia occidentale, la matematica ha costituito una delle grandi fonti di problemi filosofici. Per i Greci, infatti, la matematica era essenzialmente geometria e, se si studia la geometria nel modo tradizionale, sin dall’inizio sorgono moltissimi quesiti di tipo filosofico. Ad esempio, Euclide definisce il punto come “ciò che non ha parti”: qual è il significato di questa affermazione? Non è forse impossibile che esista qualcosa senza parti? Inoltre, se esistessero cose di questo tipo, potremmo mai vederle o conoscere qualcosa di loro? Spesso, la geometria euclidea è stata considerata una descrizione del mondo fisico; ma sembra difficile credere che il mondo possa essere costituito da punti, poiché, se i punti non hanno estensione, allora nemmeno un numero infinitamente grande di punti sarebbe sufficiente a formare una regione spaziale. I punti sono allora semplici idee nella nostra mente? Oppure sono oggetti reali, anche se di un genere non osservabile? In ogni caso, per quale ragione i principi della geometria possono venir applicati alla realtà empirica dagli architetti e dagli ingegneri? A questo problema se ne collegano molti altri: quale genere di significato abbiano i termini geometrici; se i principi della geometria possano risultare veri oppure no; in che modo si attingano le conoscenze nel campo della geometria; per quale ragione la geometria si applichi al mondo osservabile, etc. Il sorgere delle geometrie non-euclidee diede nuovo alimento a questi interrogativi. Se sono matematicamente giustificate le geometrie che contengono leggi logicamente incompatibili con quelle del sistema euclideo, che cosa possiamo dire del concetto di “verità matematica”? Infatti, quando una legge appare incompatibile con un’altra, non possono essere entrambe vere. I matematici non si occupano dunque più della verità? In effetti, è difficile capire come lo studio della geometria possa avere senso se non comporta la ricerca della verità relativa allo spazio. Per quanto concerne la matematica numerica, sorgono vari problemi analoghi, aventi a che fare con il significato dei termini usati, con la possibilità di arrivare alla verità, cioè col problema se addirittura si accerti o non si accerti realmente la verità in questa parte della matematica. Vi sono problemi relativi al genere di conoscenza che essa implica, e problemi concernenti il perché le leggi dell’aritmetica si applichino alla realtà. Riguardo alla matematica numerica sorge anche un altro quesito piuttosto diverso: quello dell’esistenza matematica. I principi della geometria possono essere intesi come principi ipotetici, che non affermano l’esistenza di alcunché: “Se esiste una figura e tale figura è un triangolo, allora la somma dei suoi angoli è uguale a due angoli retti”. Non abbiamo insomma bisogno di pensare che la geometria includa alcuna legge come questa: “Esiste un triangolo”. Nella matematica numerica, invece, vi sono molte leggi che paiono affermare l’esistenza di certe cose; per esempio: “Esiste un numero y tale che, moltiplicando x per y, il prodotto è uguale a x, qualunque sia il numero x”. Una legge di questo tipo sembra affermare l’esistenza di qualche cosa, di modo che la legge non può essere facilmente intesa in senso ipotetico, come invece accade per quelle della geometria. Ma che genere di esistenza comporta tale legge? Di che genere di realtà si occupa questa parte della matematica? L’esistenza deve intendersi in un senso strettamente letterale, oppure in maniera figurata? Questi sono problemi filosofici, perché concernono questioni generali e fondamentali sul significato, la verità, la conoscenza. I matematici di professione, che si preoccupano di estendere il campo della loro indagine, di solito prestano poca attenzione a tali problemi, che ne riguardano i fondamenti. Allora qualcuno potrebbe dire: “E’ vero, ma ciò è merito dei matematici. Infatti questi presunti problemi non sono che confusi pseudo-problemi, e una simile speculazione filosofica è priva di senso”. Un’affermazione del genere appare tuttavia troppo affrettata. Forse la maggior parte delle perplessità filosofiche circa la matematica deriva da alcuni fraintendimenti. Ma tali problemi costituiscono nonostante tutto serie questioni intellettuali, poiché i fraintendimenti dai quali essi traggono origine sono ammissibili e rilevanti e non rappresentano delle mere credenze facilmente eliminabili. Si tratta, in altre parole, di problemi che meritano di essere esaminati e, per quanto possibile, chiariti.
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