Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Spagna, i primi anni di un impero

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Non è possibile capire la storia di Napoli senza fare un tuffo profondissimo nella storia della Spagna. Un Impero nato nel 1492 nella città di Toledo. Due decisioni che sconvolsero l’intera Europa nei secoli a venire: il via libera a Cristoforo Colombo di avventurarsi verso le «Indie» e l’inizio della «Reconquista» armando un esercito diretto al sud, verso Granada, regno dei “Moriscos”.

La Regina di Castiglia, Isabella, e il Re dell’Aragona, Ferdinando, circondati da menti eccelse, iniziarono l’uscita dal Medioevo di tutto il continente. Non voglio scrivere un libro lungo migliaia di pagine, ma mettere in risalto due aspetti comuni tra l’Italia e la Spagna: l’incredibile potere della chiesa cattolica e l’organizzazione amministrativa sistematica dei domini spagnoli.

L’Abazia di Toledo era ricchissima e disponeva di un esercito, anche le Cortes (I municipi democratici del tempo) si erano armati di militari e caserme. Chiaramente era la Corte Reale a possedere un grande esercito e quando si decise di andare in Andalusia riunirono 120 mila soldati sotto la guida dell’Arcivescovo Francisco de Cisnerios. Ricordate questo nome perché fu lui a guidare la politica per ben trenta anni.

È significativo il giudizio pronunciato da Benedetto Croce nella Storia del Regno di Napoli sulla politica culturale del viceré:

 «Il viceré Toledo, forte del consenso di Carlo V, tenne ad essere non già amato, ma temuto, sciolse le accademie per sospetti di novità religiose e politiche, cercò di reintrodurre l'Inquisizione, e, non pago di domare i baroni, fece sentire il suo pugno pesante sui patrizi, la città e il popolo».

 

Traendo spunto dalla nota, indago sulle tante decisioni di Carlo V, un politico di grandissimo spessore, circondato da menti eccelse, in maggioranza castigliane dell’Università di Salamanca.

La prima domanda che mi ero posto è stata: come mai il porto di Napoli non produsse navi e mercanti diretti nelle Americhe?

La seconda: come mai non c’erano napoletani in viaggio verso le nuove colonie?

Fu l’imperatore a prendere le decisioni che ostacolavano e impedivano agli imprenditori del mediterraneo di infilarsi nel ricchissimo commercio con la Nuova Spagna. Difatti solo al porto di Siviglia veniva concesso l’arrivo e la partenza di navi.

I genovesi erano di casa in Castiglia e in Catalogna, sia con navi, che col denaro dei banchieri, ed avevano il monopolio dei traffici tra la Spagna e l’Italia. Mai avrebbero permesso a napoletani e veneziani d’inserirsi in quegli affari.

La Corte di Castiglia incassava molto dalle concessioni, e perfino gli odiati olandesi riuscivano ad ottenerle. Con il flusso di ricchezze sempre più consistenti, la Corte finanziava le guerre in Europa, dettate dalla volontà del Papa di contenere le eresie che si diffondevano.

Quelle guerre costavano 12 milioni di ducati all’anno (18 miliardi di euro dei nostri giorni) e la maggioranza di quei soldi venivano estorti alla popolazione della Castiglia e delle altre regioni di Spagna.

In quel tempo le ricchezze provenienti dalle colonie si spargevano ovunque e anche con quel carico enorme di tasse, gli spagnoli vivevano bene: i nobili e i mercanti nel lusso e dentro palazzi favolosi, il Clero con abbazie degne del Vaticano, e con le caserme piene di soldati e di Hidalgos (Comandanti). Centoventi tonnellate d’argento arrivavano a Siviglia! E il 20% era la tassa per il Re.

Qualche studioso opta per un peso superiore perché mercanti e equipaggi delle navi si davano da fare a rubare e contrabbandare. E veniamo alla seconda domanda.

La legge prodotta dalla Corte di Madrid non permetteva la migrazione nelle Americhe ai Moriscos, agli ebrei, ai musulmani, ma solo e soltanto agli spagnoli, specie se castigliani. Ovvio che era vietato intraprendere il viaggio ai napoletani e a tutti gli abitanti dei domini in Europa.

C’erano anche altri divieti, ad esempio potevano partire solo i preti e i monaci degli ordini mendicanti, ed era vietata la partenza ai gesuiti. Il Portogallo si comportava diversamente e si ritrovò in una pericolosa diminuzione della popolazione, scesa ad appena un milione di anime.

Chiusero tutte le possibilità di partenze ulteriori. Una decisione di Re Carlo V ci fa capire la grandezza del personaggio. Potosì, l’immensa miniera d’argento nel Perù, veniva sfruttata dai concessionari spagnoli che consegnavano il minerale nel porto di Lima e i mercanti cominciarono a venderlo alla Cina e nelle Filippine.

Ora un ordine della corte di Madrid arrivava nel Perù solo dopo otto mesi e le malefatte dei mercanti durarono solo tre anni. Impose il trasporto dei minerali nel porto di Buenos Aires, in Argentina, dove convogli di navi genovesi portavano schiavi africani e soldati castigliani, ripartendo dopo carichi di minerali per Siviglia.

Mentre la Spagna cominciava a vivere il suo secolo d’oro l’Europa viveva nelle guerre tra eretici e papisti. Nel prossimo articolo approfondirò il colonialismo dell’impero di Spagna mettendolo a confronto con l’imperialismo britannico.

 

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