Montanelli e Dante disincantato
L'opera ebbe copiosa fortuna e divenne un bestseller, apprezzato da studiosi e non, per il suo linguaggio aperto, semplice, popolare e per i giudizi pungenti ed ironici del suo autore che guardava il sommo poeta e i personaggi del tempo con occhi disincantati e privi di inflessione retorica. Anche Giuseppe Prezzolini, nella sua recensione dell'opera in un articolo del 31 dicembre del 1964 pubblicato sul quotidiano bolognese Il resto del Carlino, ne apprezzò lo stile scarno e la chiarezza espositiva. Montanelli ne donò una copia al giornalista e saggista suo maestro Pier Antonio Quarantotti Gambini ed il breve brano che postiamo è estratto da questo esemplare in cui si legge l'invio autografo di Indro Montanelli al suo maestro del quale si dichiarava «cattivo ma affezionato scolaro». Il brano è relativo al rapporto notoriamente conflittuale tra Dante Alighieri (di cui quest'anno si celebrano i settecento anni dalla morte) e la Chiesa. «I rapporti di Dante con la chiesa non erano lisci. A parte le sue simpatie ghibelline che riguardavano solo la politica, anche sul piano dell'ortodossia egli si era trovato spesso in disaccordo con i preti, e specialmente coi domenicani della Inquisizione.
Secondo una opinione corrente (ma che ci convince poco) un primo incidente gli era occorso a Firenze dove un giorno, assistendo al battesimo di un neonato e vedendo che stava per affogare nella vasca troppo grande in cui lo avevano incautamente tuffato, si diede a demolirla. Non c'era altro verso di salvare il pargoletto ma il gesto fu considerato empio e, a quanto egli stesso ci racconta, gli procurò parecchie seccature. Ma più ancora gliene costò la fama che con gli anni si era fatta o che i suoi nemici gli avevano fatta, di grande esperto in pratiche di stregoneria. Da cosa gli venisse questa nomea, è difficile dire. Forse un po' dalla Commedia che lo faceva passare, agli occhi del popolino, come un frequentatore dei mondi d'oltretomba...»
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