Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Anna Dolara ed Eleonora de Fonseca. Pasionarie ai tempi della Rivoluzione francese

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Dolores Ibarruri, una vita da militante comunista, è passata alla storia come La Pasionària avendo pubblicato nel 1918 un articolo nel quale usava per la prima volta questo pseudonimo. Nel linguaggio corrente si indicano come pasionarie quelle donne che difendono con passione i loro ideali, anche se molto diversi. Così hanno fatto Anna Vittoria, suora domenicana, ed Eleonora de Fonseca, repubblicana ai tempi della Rivoluzione francese del 1789.

Anna Dolara, nacque a Roma nel 1764. Il padre Giuseppe era ajutante di camera del cardinal vicario Marcantonio Colonna. Anche il nonno Maurizio aveva ricoperto la carica di primo cameriere della famiglia dei Colonna. Si era trasferito a Roma proveniente da Cremona (chi scrive ha il padre cremonese e può condividere alcuni geni con la protagonista). Anna viveva e cresceva nell’ambiente di corte.

Allo scopo di accrescere il proprio prestigio    le potenti famiglie patrizie romane si adoperavano affinché «i figli dei componenti la corte fossero educati a spese del padrone tutte le volte che lo meritassero», educazione rivolta soprattutto alla componente maschile.

Si deve supporre che Anna sia stata scelta per le particolari doti intellettuali. Fin da giovane   scrisse composizioni poetiche che le valsero l’ingresso nell’Arcadia, circolo e movimento letterario fondato a Roma nel secolo precedente e al quale aderirono filosofi, storici, scienziati.  

 

A 24 anni entrò in clausura per vocazione e per poter proseguire l’attività intellettuale. Tra gli oltre quarantacinque monasteri romani scelse quello dell’ordine domenicano di S. Maria Maddalena a Monte Cavallo, più vicino ad un cattolicesimo “militante”, consono alle sue   attitudini ed ai suoi talenti; prese il nome di Anna Vittoria. Fu pittrice ritrattista e miniaturista rinomata, ritrae anche Pio V e Pio VII; fu nominata priora, carica   di solito riservata a donne di origine nobile.       

Eleonora de Fonseca Pimentel nacque a Roma nel 1752 da famiglia nobile portoghese e si trasferì   poi a Napoli. Intellettualmente precoce e molto vivace, fin dall'infanzia lesse e scrisse in latino e greco; si dedicò allo studio delle lettere, compose sonetti, cantate, epitalami, parlò diverse lingue moderne; venne ammessa all’Accademia dei Filateti e a quella dell’Arcadia; ebbe scambi epistolari con Metastasio e Voltaire. 

Con i regnanti di Napoli, Ferdinando IV e Maria Carolina d’Austria, i rapporti erano buoni: a sedici anni, in occasione del loro matrimonio compose un epitalamio, Il Tempio della gloria; le venne concesso un sussidio come bibliotecaria della regina con la quale frequentò i salotti letterari e aderì ad una ideologia monarchica illuminata. La storia familiare fu contrassegnata da un marito violento dal quale riuscì ad ottenere la separazione, e dalla morte dell’unico figlio.

Quando le truppe napoleoniche invasero l’Italia, vennero proclamate le repubbliche “sorelle” di Roma nel 1798 e di Napoli l’anno successivo. A Roma il papa fu fatto prigioniero, opere d’arte e arredi sacri dei monasteri oggetto di saccheggi, le religiose spesso costrette a mendicare il cibo, le angherie verso il clero furono continue.

Anna Vittoria DolaraAnna Vittoria Dolara espresse tutto il suo sdegno in modo poetico: «Vibra i tuoi strali o Reggitor del tutto/ e gli oppressor di tue spose atterra / che a un sol tuo cenno resterà distrutto/quale insetto più vil, chi lor fè guerra …», anche se poi la richiesta di vendetta divina si placò in un cristiano perdono: «Deh! perdona Essi ancor, benigno aspetta / splenda a lor la tua luce…».

 Cercò   di limitare i danni  del decreto napoleonico di soppressione dei monasteri del 1810  e fu costretta a trasferirsi in uno dei quattro risparmiati dove scrisse le memorie del monastero di SS. Domenico a Sisto dal 1799 al 1817, una testimonianza del suo impegno in difesa dell’istituzione monastica femminile e del cristianesimo di fronte alla violenza dei tempi.  Morì nel 1827. Le sue vicende sono state ripercorse nel libro La rivoluzione in convento. Le Memorie di Anna Vittoria Dolara (sec. XVIII-XIX), a cura di Simonetta Ceglie, Roma, Viella, 2012

A Napoli le notizie provenienti dalla Francia ed in particolare la decapitazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta, sorella della sovrana di Napoli, avevano modificato profondamente il quadro politico ed era iniziata una spietata opera persecutoria dei patrioti e degli illuministi napoletani. Anche Eleonora aveva aderito alle idee rivoluzionarie ed era stata iscritta nell’elenco dei rei di stato per aver parteggiato per un tentativo di congiura giacobina.

Quando nel 1799 Napoli venne occupata dalle truppe francesi e fu proclamata la repubblica partenopea, vi partecipò attivamente, rinunciando al de nobiliare, divenne direttrice di un importante giornale, il Monitore napoletano, portò avanti richieste non solo di diritti politici, ma anche libertà di scelta nel matrimonio, divorzio, parità nelle successioni, istruzione uguale a quella maschile. Fu comunque critica verso certi comportamenti delle truppe di occupazione e si rammaricò di come la plebe non apprezzasse il governo dei patrioti.

La repubblica di Napoli ebbe breve durata, la monarchia venne restaurata dopo sei mesi. La reazione dei Borboni fu feroce, con 124 condanne capitali per lo più con impiccagione, 222 ergastoli, 288 deportati. Tra i condannati a morte furono tanti i nomi illustri della classe nobiliare, borghese e intellettuale di Napoli, avvocati e medici, principi e sacerdoti. 

A Eleonora de Fonseca, che ha allora aveva 47 anni, venne negato il “privilegio” nobiliare della decapitazione, e fu condannata all’impiccagione che comportava l'esposizione del corpo più a lungo, e più in alto al ludibrio della folla.

Prima di morire pronuncia le parole virgiliane rimaste famose: «Forsan et haec olim meminisse iuvabit», un verso dell’Eneide «forse un giorno sarà utile ricordare anche queste cose», con cui Enea rincuorava i compagni dopo la tempesta che li aveva gettati sulle spiagge libiche.

Eleonora salì al patibolo per ultima, dopo aver assistito all'esecuzione dei suoi compagni, con coraggio e dignità di fronte ai lazzi della plebe. È una leggenda storicamente non provata che alla condannata le sarebbe stata passata una spilla da balia per chiudere i lembi della gonna, onde evitare un oltraggio ulteriore.

Con modalità diverse questo è sicuramente avvenuto per Claretta Petacci, amante di Mussolini, esposta nel Piazzale Loreto a Milano 150 anni dopo, il 29 Aprile 1945, a dimostrazione che la pietà non muore nelle circostanze più tragiche. Il recente libro di Antonella Orefice Eleonora Pimentel Fonseca, Salerno Editrice, 2019, ha per questa pasionaria un sottotitolo eloquente, L’eroina della Repubblica napoletana del 1799.  

 

 

 

A. Dolara, sulla rivista Cuore e Salute Gennaio / Marzo 2021.

 

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