Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

COVID -19 e Slow Medicine

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In un articolo  dal titolo The 'Slow Medicine' Approach to COVID-19, Shift from the fast-paced mindset, comparso su  MedPage Today il  2 maggio 2020, Michael Hochman, direttore del Gehl Center for Health Systems Science della California's Keck School of Medicine, faceva presente che se nella pandemia da COVID-19 l’intervento rapido è del tutto giustificato dalle circostanze ed è risultato indispensabile per dare una risposta tempestiva all’emergenza sanitaria,  può succedere che questo comportamento  possa portare asciatteria, a prendere scorciatoie ed errori.

Si rivolgeva soprattutto ai medici con una serie di raccomandazioni, invitandoli a seguire l’approccio indicato da Slow Medicine. Le raccomandazioni hanno tuttora la loro validità per il persistere della pandemia e può essere utile   fornire informazioni sulla nascita e lo sviluppo del movimento “Slow Medicine”.

Per quanto riguarda la pandemia da COVID-19 Hochman raccomanda di evitare la ricerca aggressiva di potenziali trattamenti farmacologici; di favorire un’attenta valutazione clinica piuttosto che affidarsi in modo predominante sui test di laboratorio per la diagnosi; preferire un follow-up clinico ravvicinato e un monitoraggio mediante chiamata dei pazienti da parte di un medico o anche da un membro di uno staff clinico o un volontario.

 

Quando si usano gli ossimetri da polso nella propria abitazione è importante rendersi conto che i risultati rappresentano solo dei numeri isolati piuttosto che una completa valutazione del paziente. Prima di decidere di procedere alla intubazione ed alla ventilazione meccanica i medici dovrebbero usare lo stesso approccio cauto che eserciterebbero per ogni altra malattia respiratoria provando misure non invasive includenti la posizione prona e la ventilazione a pressione positiva non invasiva. 

L’autore conclude l’articolo affermando che «dobbiamo proseguire convinti delle nostre valutazioni cliniche in equilibrio con la nostra interpretazione dell’evidenza e ad un uso cauto dei metodi invasivi potenzialmente dannosi. L’urgenza della pandemia non dovrebbe farci abbandonare l ’approccio fondamentale che è il prendersi cura dei pazienti.»

La nascita del movimento “Slow Medicine” risale ormai a quasi venti anni fa con un articolo che avevo pubblicato nel 2002 sul Giornale Italiano di Cardiologia. Mi scuso per l’autocitazione, ma l’articolo, dal titolo Invito ad una Slow Medicine, risultato di riflessioni provenienti da una lunga pratica clinica, è ormai considerato come l’inizio della storia di un diverso approccio alla pratica medica. 

Nell’abstract si sottolineava l’importanza del tempo per essere vicini ai problemi del paziente: «L’iperattività non è spesso necessaria. L’adozione di una strategia “slow medicine” può essere seguita da ricompensa maggiore in molte situazioni.

Un tale approccio permetterebbe a operatori sanitari, medici ed infermieri  di avere un tempo sufficientemente lungo per valutare i problemi personali, familiari e sociali dei pazienti in modo approfondito, di ridurre l’ansietà mentre attendono procedure diagnostiche e terapeutiche non urgenti , di valutare nuovi metodi e tecnologie  in modo attento , prevenire dimissioni precoci dall’ospedale ed infine fornire un supporto emozionale adeguato ai pazienti in stato terminale e alle loro famiglie.»

 Nonostante autorevoli interventi, come quello di Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia nel 2002, che invitava a contrastare i meccanismi mentali “veloci” che portano a sbagliare e sollecitare quelli più “lenti” che ci aiutano a ragionare, il concetto di un approccio “lento” alla pratica medica ha stentato ad affermarsi in un mondo che premia la fretta.

Viene inoltre erroneamente contrapposto alla necessità d’interventi diagnostici e terapeutici rapidi, mai messa in dubbio, come sottolineato anche nell’articolo di Hochman rispetto alla pandemia da COVID-19. 

Nel 2008 McCullough, medico di famiglia e geriatra, rompe il silenzio e scrive   un libro    che ha una notevole diffusione, dal titolo eloquente: My mother, Your Mother: Embracing “Slow Medicine”, the Compassionate Approach to Caring for Your Aging Loved Ones.  

Si tratta di un appassionato e vigoroso invito per aiutare le famiglie che lottano nel prendersi   cura dei loro anziani che invecchiano e divengono fragili, evitando cure inappropriate, spesso dannose; un monito necessario per una medicina generalmente aggressiva quale viene praticata negli USA. 

Nel 2011 nasce a Ferrara l’Associazione italiana Slow Medicine, molto attiva negli anni seguenti nel proporre una medicina onesta, giusta e rispettosa.

Nel 2012 si costituisce l’associazione Choosing Wisely negli Stati Uniti, alla quale hanno aderito le maggiori associazioni mediche con l’obbiettivo di operare per una scelta saggia nelle decisioni, evitando inutili e dannose procedure diagnostiche e terapeutiche. 

Alle raccomandazioni indicate nell’articolo di Hochman del 2020 occorre aggiungere che la fretta delll’emergenza rischia anche di far passare in secondo piano l’importanza della volontà del paziente, in particolare di fronte a scelte drammatiche come il ricovero in ospedale o quella    di essere intubato. Il consenso informato, in qualunque forma espresso, deve essere inserito nella cartella clinica.

Devono inoltre essere tenute presenti le disposizioni che il paziente ha espresso in caso di malattia terminale, come per la nutrizione e la idratazione artificiale.  Ambedue gli atti sono previsti in Italia con la legge entrata in vigore il 31 gennaio 2018.

 

«… la fretta che l’onestade ad ogni atto dismaga»

Dante Alighieri, Canto III del Purgatorio   

 

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