Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’amore avversato tra Carlo di Borbone e Penelope Smyth

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«We shall write in the sky the most beautiful story in the world» (Nelle stelle scriveremo la più bella storia d’amore) replicò in perfetto inglese Carlo I di Borbone, principe di Capua, alla giovane irlandese Penelope Smyth, che gli aveva appena detto: «At the right time if we are destined to each other». (A tempo debito, se è scritto nel nostro destino).

Il principe Carlo, figlio secondogenito di Francesco I e fratello di Ferdinando II, aveva conosciuto a Napoli, nel salotto della duchessa Marianna Gaetani di Miranda, Penelepe Smyth, nipote di Lord Palmerston, ministro degli Esteri inglese ed era stato amore a prima vista. Lui, principe di Capua, sempre spavaldo e sicuro di sé, era stato preso da sentimenti che denotavano una sorta di timidezza e turbamento di fronte a quella donna più alta della media con perfetto viso ovale, occhi cerulei, labbra a forma di cuore, i capelli che terminavano in riccioli uniformi e spioventi sulle spalle.

Era l’anno 1835 e per il principe Carlo frequentare una donna non aristocratica avrebbe dovuto significare prudenza, ma il principe non era di quell’avviso, per cui era considerato alquanto azzardatamente un liberale.

 

Dato che le spie del re avevano in poco tempo informato Ferdinando II, Carlo incontrava abitualmente Penelope nel salotto di Palazzo Barbaia, ma anche quel posto si rivelò non sicuro, per cui un giorno dovette affrontare una spia inviata dallo stesso Ministro della Polizia Del Carretto.

In effetti tra Carlo e Ferdinando non vi erano stati mai buoni rapporti: Ferdinando lo considerava un rivale temibile e quando il padre aveva conferito non a Ferdinando ma a Carlo i gradi di ammiraglio della Marina, il gesto fu considerato dal futuro re come un affronto, una sorta di messaggio non tanto implicito.

Ferdinando II era consapevole che, se avesse potuto, Francesco I avrebbe dato al fratello Carlo il governo del Regno, ma non poteva ovviamente infrangere il diritto di primogenitura.
Ferdinando, determinato ad ostacolare in tutti i modi una storia d’amore ormai nota a tutti, si avvalse di un vecchio rescritto secondo il quale, in relazione ai matrimoni di membri della famiglia reale, per sposarsi bisognava avere il consenso del sovrano.

Lo scontro fra il re e il fratello Carlo era ormai inevitabile, ma fu acuito da una mossa azzardata del re che rese la relazione tra i due fratelli decisamente insopportabile.

Il  12 gennaio 1836, ventiseiesimo compleanno del re, c’era fermento a palazzo e Carlo, trovando il suo cocchiere pensieroso e triste, nel chiedergli il motivo, venne a conoscenza di cosa si stava preparando nell’ufficio del commissario Morbillo: il rimpatrio forzoso di Penelope Smyth.

In pochi minuti il principe di Capua raggiunse Penelope che era  in procinto di recarsi al Teatro San Carlo e le disse che l’unica soluzione era di tenersi pronta per la partenza perché la fuga era l’unica scelta che avevano.

Tuttavia Carlo la stessa sera chiese udienza a suo fratello, mentre si apprestavano i festeggiamenti per il compleanno. Lo scontro avvenne nella sala da studio in presenza della regina Maria Cristina di Savoia che, prevedendo gli esiti e le conseguenze della discussione, volle partecipare al colloquio.

Dalle parole si passò ai fatti e la regina, al nono mese di gravidanza, preferì non chiamare i valletti e frapporsi lei stessa tra i due, ricevendo un colpo dallo stesso marito nella concitazione della lite, che ebbe termine solo quando Maria Cristina si accasciò sul pavimento. Carlo e Penelope partirono alla volta di Roma, riuscendo a varcare il confine del Regno.

Ferdinando II, nel marzo del 1836 firmò un decreto con cui disponeva che a tutti i membri della casa reale era vietato allontanarsi dal Regno senza permesso, e che nessun matrimonio sarebbe stato considerato valido senza il consenso del Re, attivando tutti gli agenti consolari per impedire la celebrazione delle nozze.

Si puntualizzava altresì che, qualora fosse stato ugualmente contratto un matrimonio di fronte alla Chiesa Cattolica, la celebrazione non avrebbe avuto alcun valore in relazione ai diritti civili e politici. Il tal modo Penelope Smyth non avrebbe potuto portare né il titolo né il nome del marito, né l’eventuale prole sarebbero stata considerata quale appartenente alla famiglia reale.

Il 7 maggio 1836 Carlo sposò Penelope Smyth a Gretna Green, località al confine scozzese dove ci si poteva unire in matrimonio senza troppe formalità, esprimendo semplicemente il proprio desiderio davanti a testimoni . Le nozze con rito religioso, con il permesso dell’arcivescovo di Canterbury, ebbero luogo l’8 maggio dello stesso anno.

Ferdinando II non perdonò mai quel gesto di sfida e non riconobbe alcuna validità al matrimonio. Inoltre comandò il sequestro di tutte le proprietà di Carlo, che in breve tempo, si trovò in ristrettezze economiche.

Come riporta il Times di Londra, seguirono negli anni successivi vari momenti in cui, anche tramite l’intervento delle autorità inglesi, si pensò che si fosse arrivati ad una riconciliazione che invece non avvenne mai.

Carlo e Penelope ebbero due figli, Francesco, nato il 24 marzo 1837 e Vittoria, nata il 15 maggiore 1838. Solo alla morte di Ferdinando, il 22 maggio 1859, Carlo poté riottenere solo una piccola parte delle sue proprietà.

Visse gli ultimi anni di vita a Torino, dove morì il 2 aprile 1862 all’età di 50 anni. Dopo la morte del marito, Penelope visse a Lucca in una villa con la sola figlia Vittoria, dato che Francesco morì poco dopo la scomparsa del padre. Penelope morì il 13 dicembre 1882 all’età di 67 anni.

 

 

Bibliografia:


C. Albanese, Storie della città di Napoli, Newton Compton, Roma, 2006.

C. Albanese, S. De Majo, Il matrimonio inglese del principe Borbone,  Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2010.

A. Margaux, Relatively Royal: the scandalous affair of Carlo & Penelope, Prince and Princess of Capua, The Stand Magazine, 1906.

 

 

   

 

 

 

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