Borbonici e fascisti. Una riflessione sulle responsabilità storiche
Mussolini ha esercitato il potere, avendo i limiti di una Costituzione (lo Statuto) mai formalmente abolita ed aveva il re sopra di lui ed un Senato di nomina regia. Di esso faceva parte ad esempio Benedetto Croce, che votó nel 1929 contro la rinascita grave e pericolosa per l’avvenire d’Italia di uno ‘Stato’ della religione cattolica, che, essendo una libera associazione privata, non poteva diventare ‘Stato’ con suo inno o bandiera. In tal senso ogni altra religione potrebbe richiedere la stessa cosa, con uno scenario assurdo, grottesco, inaccettabile, di tanti ‘Stati’ con loro inno e bandiere e piccoli territori (ebraico, valdese, luterano, ora anche islamico). Il fascismo non ha mai demonizzato l’Unità d’Italia, anzi l’ha amplificata in modo nazionalistico. Per me, secondo il paragone tra i due regimi, con le somiglianze di regimi, borbonico e fascista, clericali e antisemiti, il regime borbonico è stato storicamente peggiore e più lungo, quindi con maggiori gravi danni prodotti, del fascismo e pertanto vanno applicate ai suoi esaltatori le stesse leggi costituzionali ed ordinarie che valgono per chi esalta oggi il regime fascista.
Anche le idee naziste e fasciste sono idee, ma vanno combattute sia con la verità storica che con mezzi penali. Per il regime borbonico dalla ricerca storiografica specialmente libera dal 1861 sono state emesse le fondamentali, definitive, irrevocabili sentenze: un regime costantemente assolutista clericale, antisemita, feudale nell’essenza (solo i Francesi abolirono il regime feudale nel 1806 e al ritorno nel 1815 i Borboni lo restaurarono non formalmente, ma nella sostanza della loro natura, vedi il latifondo siciliano, che era feudalesimo allo stato puro), sanguinario, assassino, negatore dei fondamentali diritti civili e politici, scandalo dell’Europa liberale e moderna. Il fascismo è durato dal 1922-1924 e fino al 1945 (venti anni e qualche anno), ha commesso danni e infamie, ma non tanti quanti il regime borbonico, durato dalla conquista militare del 1734 (senza plebisciti successivi) e fino al 1860, con l’eccezione dei sei mesi della Repubblica Liberaldemocratica Napoletana del 1799 e i dieci anni di esperienza moderna del governo francese-napoletano (1806-1815), la vera prima età riformatrice nella storia secolare del Mezzogiorno d’Italia, ripiombato nella tirannide borbonica nel 1815 (tranne il brevissimo esperimento costituzionale del 1820-1821, terminato con la repressione, le condanne a morte, gli esili, l’occupazione del Mezzogiorno da parte degli Austriaci), fino alla giusta, sospirata caduta del 1860. I danni storici per il Mezzogiorno e la Sicilia della dinastia borbonica sono stati più lunghi, quindi più gravi, del ventennio fascista, ed hanno prodotto quell’arretramento civile, politico, sociale gravissimo che balzó nel 1861 col primo Parlamento Nazionale come la ‘questione meridionale’, che fu creata dai Borbone, non dall’Italia appena nata. Solo nell’Italia una e libera il mostro storico sociale meridionale potè cominciate ad essere affrontato e conosciuto, nei dibattiti del Parlamento e della libera stampa, per la prima volta nella storia millenaria del Mezzogiorno, con leggi nate e discusse in modo pubblico, con interventi memorabili, dalle infrastrutture elementari di strade e ferrovie all’acquedotto pugliese ad esempio, legato molto alla costante azione parlamentare di Matteo Renato Imbriani-Poerio (altro che palazzi reali, che servivano non al popolo, ma ad una corte arretrata e bigotta ed alla sua cerchia cortigiana). Peggio del fascismo è stato quindi storicamente il regime borbonico e va trattato per quanto riguarda anche le azioni penali da assumere nei confronti dei nostalgici di esso, come si tratta con i nostalgici del regime fascista, anzi di più. E’ questa una libera riflessione espressa alla luce di studi e convegni, anche in considerazione della difficile situazione istituzionale, sociale, politica italiana, dove nostalgie tiranniche e clericali sono un pericolo oggettivo e anche forze che sembrano di riferimento democratico, per miserabili interessi elettoralistici, lisciano i nostalgici di tirannìe.
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