Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Napoli, una libera scelta identitaria

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Chi ama la storia di Napoli dovrebbe conoscerne la storia millenaria e avere la libertà di scegliere la propria “appartenenza identitaria” e non vedersela imporre da un manipolo di affaristi che deliberatamente hanno deciso di eleggere il regno borbonico a rappresentanza di un intero popolo.

Ma purtroppo, negli ultimi tempi, pare che intorno al “marchio” di casa Borbone gravitino interessi economici che hanno prodotto non solo articoli di uso commerciale, dal caffè alle mutande stemmate, ma anche una serie di libelli infarciti di notizie manipolate ad arte e ripetute a campanello copia per copia.

La produzione complessiva di questi è chiaramente destinata ad un pubblico poco informato in materia storica e pertanto molto influenzabile, soprattutto se qualcuno gli offre dei raccontini semplici da digerire, dove il brigante si fa eroe contro il piemontese conquistatore del ricco regno.

La miscela di idiozie si fa poi esplosiva quando dal piano pseudo storico si scivola su quello calcistico. Ed ecco la parolina magica, quella che rende tutti dotti, tutti pronti a scendere in campo impettiti e con la bocca piena di fandonie inculcate. L’adesione si fa massiccia, esaltante e soprattutto alla portata dei più. Lo stemma dei borbone si rende folkloristico affiancando la maschera di Pulcinella, il corno, il “triccaballacche” e la tarantella.

 

Verrebbe da sorridere e molti lo fanno, ma quando poi qualcuno, stanco non solo di sentirsi “involontariamente” rappresentato da uno stemma identitario che non condivide, si ritrova le strade del centro storico di Napoli tappezzate di banderuole borboniche, scoppia la polemica che ogni volta finisce per portarci tutti indietro di almeno due secoli: tornano in campo i giacobini e il popolo basso, tornano i Borbone con i loro presunti primati e il sangue della migliore intellighenzia napoletana versato sui patiboli del 1799.

Ebbene, è quanto è capitato qualche giorno fa.  

Centinaia di cittadini, stanchi di questo “scempio della storia”, dietro anche un mio personale appello, hanno inviato tantissime mail di protesta al Comune di Napoli, chiedendo non solo la rimozione delle banderuole borboniche con cui, col pretesto di una rievocazione storica, o peggio, di orribili addobbi natalizi, era stata tappezzata via Tribunali,  ma anche di non prestare più il fianco a certi personaggi che da anni stanno infangando la nostra immagine sul territorio nazionale, alimentando con presunte “verità storiche”, un razzismo tra il Nord e il Sud dell’Italia.

Possiamo capire le frustrazioni dei loro promotori, possiamo ridere delle loro compassionevoli autocelebrazioni, ma continuare a tollerare questa invadenza sociale e soprattutto la prepotenza con cui intenderebbero rappresentare tutto un popolo, è troppo. La gente perbene non ne può più.

Le bandiere sono state rimosse tempestivamente dal Comune di Napoli per il buon senso di qualcuno che si è reso conto dell’indecenza delle stesse soprattutto agli occhi di centinaia e centinaia di turisti che col naso per aria le osservavano perplessi.

La reazione, prevedibile e scontata, ovviamente è stata laida. Inutile sottolineare le modalità, i toni beceri e diffamatori, l’arroganza e la ridicola “tuttologia” che si è scatenata sui social. 

E’ il solito copione che si ripete ogni qual volta qualcuno cerca di impedire le parate carnevalesche o, ancora peggio, di dimostrare quanto  certe pseudo lezioni di storia siano tendenziose sul piano affaristico per chi, da tutta questa “pietosa rievocazione” e ridicolo revisionismo, ne trae profitto.

Tanti convegni promossi dalle università e tante delucidazioni offerte dai migliori storici evidentemente sono risultate poco chiare se non inaccessibili a gente che preferisce seguire il “capo” che si gonfia di presunzione contestando con sproloqui grotteschi le verità più documentate, stravolgendole a proprio piacimento.  Qaundo poi non basta invita gli adepti a bombardare di mail redazioni di giornali e chicchessia pur di ottenere riscontri e popolarità.

Stavolta però le mail sono giunte da altri fronti e con tanto di esasperazione.

Purtroppo a Napoli funziona così. Speriamo che prima o poi anche la gente più sprovveduta si renderà conto del raggiro e mettera giudizio. E allora gli sproloqui del saccente fasullo e che intasca sull’ignoranza altrui,  serviranno a ben poco.

Ritroviamo la nostra appartenenza identitaria liberamente, ricordandoci anche della Napoli greco-romana, di quella granducale, degli angioini e degli aragonesi.

Noi saremo anche dei giacobini, secondo il loro generico dispregiativo, ma di fronte a certi scempi, sempre meglio che sentirsi "identificati" e manipolati dagli affaristi borbonici.

Tutto questo ci onora e riscatta la parte migliore di Napoli.

 

 

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