Ad Ercolano, nessuno più risponderà alla "bussata"
le coscienze sono fiaccate dalla consapevolezza che simili dinamiche abbiano finito col prevalere sul principio della rappresentanza politica, e che non c'è scrupolo che possa far valere le ragioni del Bene Comune dinanzi alla logica della criminale corsa all'arricchimento. Quale scempio morale questo assetto possa comportare alla nostra fragile democrazia è difficile pronosticare; l'abbrutimento cui si giunge nei periodi di maggiore difficoltà impedisce di vedere una via d'uscita che possa risollevare il senso civile di un popolo, a meno che non si scelga di assumere su di sé il dovere di determinare responsabilmente le proprie sorti, vero ed immortale motore del progresso civile; quando ciò accade, non c'è minaccia, non c'è timore, non c'è omertà che sia in grado di arrestare la generale rinascenza di un Paese.
Un chiaro ed incontrovertibile esempio che non si tratta di pura utopia lo dimostra quanto ultimamente sta accadendo ad Ercolano, una delle città simbolo della nostra cultura, ma anche della nostra debolezza. O meglio, della nostra precedente debolezza.
" Noi non subiamo soprusi" recano scritto i tanti cartellini affissi sulle vetrine dei negozi i cui titolari hanno denunciato le vessazioni poste in essere contro di loro da parte dei locali clan camorristici: una degna pagina della lunga lotta contro le mafie è in atto, ma maggiormente degna di attenzione per una caratteristica molto strana. I numeri. A fronteggiare i 41 imputati di associazione mafiosa e di estorsione sono 42 accusatori: per quanto sia solo di un'unità, il numero delle vittime che denunciano e prendono parte attiva nei vari procedimenti giudiziari è superiore al corrispettivo degli aguzzini. |
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