La Giovane Italia meridionale di Benedetto Musolino
Il risveglio della coscienza unitaria nella prima metà dell’Ottocento partì dal meridione d’Italia. Mentre Giuseppe Mazzini lanciava la sua Giovane Italia, negli stessi anni al Sud si organizzava, a partire dal 1834, un movimento denominato la Setta dei Figliuoli della Giovane Italia, fondata dal calabrese Benedetto Musolino, che promuoveva gli ideali democratici e repubblicani nell’allora Regno delle Due Sicilie. La Giovane Italia di Mazzini aveva avuto tra i i suoi seguaci molti giovani studenti leccesi, brindisini e tarantini che frequentavano l’università a Napoli. Tra i nomi noti si annoverano quelli di Giuseppe Libertini, Nicola Mignogna, i fratelli Stampacchia di Lecce, Vincenzo Carbonelli di Taranto, Oronzo De Donno di Maglie, Giuseppe Fanelli oriundo di Martina Franca e Francesco Trinchera. Il Musolino costituì una propria “Giovane Italia” a Cosenza nell’anno 1834, nota soprattutto per le pagine ad essa dedicata da Luigi Settembrini in “ Ricordanze della mia vita”. Luigi Settembrini fu uno dei primi ad aderire insieme a Giovanni Nicotera. Il movimento si proponeva non solo di cacciare dall’Italia tutti i Principi, gli Austriaci e il Papa, ma anche i francesi di Corsica e gli inglesi di Malta allo scopo di creare una “grande Repubblica militare” guidata da un “dittatore”, ossia un legislatore con residenza a Roma, coadiuvato da dieci consoli per ciascuna delle regioni in cui avrebbe dovuto dividersi l’Italia.
La “dittatura” si sarebbe mostrata necessaria fino a quando, conseguita l’Unità d’Italia, il popolo si sarebbe affrancato da una secolare servitù, attraverso l’istruzione che assumeva un ruolo primario. Fondamentale si mostrava per la “forma mentis” del Musolino la risoluzione della questione sociale, ma dovette replicare alle accuse di “ comunismo” sostenendo che la proprietà privata sarebbe stata conservata su basi decisamente più eque nello Stato unitario. Il motto della Giovane Italia meridionale era: «Unità, libertà, indipendenza». Il perfetto candidato “dittatore-legislatore” non poteva essere Mazzini, troppo preso dal “colloquio col Dio dei popoli”, ma lo stesso Musolino, che senza troppi preamboli avrebbe spezzato e spazzato via la tirannide. Sulla vivace questione il Settembrini commentò nelle Ricordanze: «Pazzi? Si, ma senza quei pazzi non ci sarebbe stata l’Italia ora; senza quella fede, quella febbre ardente e quell’entusiasmo, i savi discuterebbero ancora o non avrebbero fatto nulla. Ci volevano i pazzi e i savi, come in tutte le grandi cose ci vuole l’ardire e il senno; ma a cominciare ci vogliono sempre i pazzi». E la ragione di quella “pazzia” era l’Unità d’Italia. Mazzini non gradì molto la fondazione della Giovane Italia meridionale, come si evince chiaramente dal suo Epistolario. I riferimenti ideali dei due “apostoli” dell’Unità erano diversi; Mazzini si considerava l'apostolo di una nuova religione con un personale concetto di Dio, il Musolino rivendicava con orgoglio l’influenza di Telesio, di Tommaso Campanella e dell’illuminismo settecentesco. Comunque entrambi gli “apostoli” si sarebbero ritrovati nel 1848, l’anno delle rivoluzioni in Europa, con Musolino che perse il padre Domenico e suo fratello Saverio, trucidati per mano della plebe calabrese aizzata dalla reazione, anticipando su di loro la stessa sorte che sarebbe toccata a Carlo Pisacane. In un opuscolo del 1879, Benedetto Musolino corresse alcuni giudizi di Luigi Settembrini, che riguardavano il programma di fondazione dei Figliuoli della Giovane Italia. Nelle intenzioni del movimento l’Italia doveva essere ripartita in ventiquattro grandi province e non in dieci regioni, e fra le province era contemplata la Corsica, e non Malta. Benedetto Musolino morì nel 1885 a Pizzo Calabro dove era nato nel 1809, dopo aver sacrificato all’Italiatanto della sua esistenza. Il coronamento del suo attivismo fu la nomina, nel 1861, a membro del primo Parlamento italiano, carica che ricoprì per quasi vent'anni, collocandosi fra le schiere della sinistra storica.
Bibliografia:
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