Il chiostro di Sant'Agostino alla Zecca, un gioiello inaspettato
Siamo entrati dal civico 174 di corso Umberto I. Al secondo piano, meraviglia delle meraviglie, troviamo questo bellissimo chiostro degli agostiniani, salvato grazie alla munificenza dei proprietari, gli Ascarelli. Era destinato alla demolizione con il rifacimento della città al seguito della legge sul “risanamento” della città di Napoli. Il convento degli agostiniani fu edificato da Carlo I d’Angiò, da Carlo II “lo zoppo”, e completato sotto Roberto d’Angiò. Questo chiostro è stato completamente rifatto nel 1624 dall’architetto Gian Giacomo di Conforto, successivamente vi ha messo mano anche il Piacchiatti, come ha messo mano alla chiesa. Il chiostro attuale presenta elementi architettonici, quindi, legati al Barocco napoletano. Sedici colonne ben impostate che reggono archi a tutto sesto. Gli archi alternano la pietra di piperno alla pietra di marmo di Carrara. All’incrocio degli archi abbiamo dei clipei con dentro delle statue a mezzo busto di santi agostiniani. L’ingresso della sala capitolare è una sala bellissima di epoca angioina. La volta si regge su due colonne in materiale di spoglie, materiale antico proveniente da un antico tempio pagano dedicato a Giove.
Alla base delle colonne abbiamo un capitello dorico rovesciato, mentre i capitelli sui quali si innestano le volte sono di epoca sveva. Questa sala è ricordata con il nome “Sala Masaniello”, perché proprio in questa sala fu fatto il processo a Tommaso Aniello d’Amalfi dopo la sua morte. Il complesso fu acquistato dalla figlie della carità “San Vincenzo de’ Paoli”, le famose suore “cappellone”, per il cappello bianco con le ali, le quali, però, lo acquistarono per 137 lire, ma poco dopo furono invitate a venderlo alla società per il risanamento di Napoli, che doveva ricostruire il palazzo, per la bella somma di 200mila lire, quindi un bell’affare per le figlie della carità.
Narratore Antonio Caliendo
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