Mariano D'Ayala (Messina 1808 - Napoli 1877)
Benché nella sua famiglia vi fosse la tradizione delle armi e dell’artiglieria, Raimondo d’Ayala si era dato interamente all’ascetismo, tanto da desiderare il sacerdozio per tutti i suoi figli. Riuscì a fare indossare l’abito talare ai primi tre, Clementina, Placido e Teresa. Morì quando Mariano era ancora troppo piccolo per ritirarsi alla vita monastica. Rimasto orfano quando aveva poco più di nove anni, la madre, vivendo in penuria economica, pensò bene di assicurargli un futuro avviandolo alla carriera delle armi. Così nel 1819 fu immatricolato presso la scuola militare di Napoli Nunziatella. Vi rimase sette anni completando gli studi con brillante profitto. Ottenne il grado di sergente, poi sergente maggiore ed alfiere di artiglieria. Nel 1834 fu promosso a tenente colonnello e fu chiamato dal generale Carlo Filangieri in qualità di segretario della Direzione Generale dei Corpi Facoltativi. Il 26 settembre 1840 sposò Giulia Costa, una fanciulla che, più della bellezza fisica, aveva l’aureola della libertà, essendo orfana del destituito generale dell’esercito Gaetano Costa, fatto prigioniero politico nel castello di Sant’Elmo dal 1821 al ‘26 per aver preferito la miseria piuttosto che piegarsi al despota Borbone. Nonostante i sacrifici dettati dalla vita militare e dalle difficoltà economiche, il matrimonio tra Mariano e Giulia fu felice e nacquero quattro figli. Poi seguirono anni di avversità. La causa scatenante fu una pubblicazione del 1843, Una sua gita al Pizzo, in cui descrisse gli ultimi momenti del re Gioacchino Murat. L’opera irritò Ferdinando II di Borbone che gli tolse la cattedra e lo destinò alle Ferriere. Risentito per tale decisione il D’Ayala si ritirò dall’esercito, dandosi all’insegnamento privato ed alle ricerche storiche, proseguite con passione per tutta la vita, e da cui fiorirono numerose pubblicazioni. Proclamata la Costituzione l’8 febbraio del 1848, lotta politica a cui da liberale riformista partecipò con grande vigore, fu nominato intendente della provincia dell’Aquila, ufficio che esercitò fino al 24 giugno dello stesso anno. Poi si trasferì in Toscana, onde evitare l’arresto per non aver voluto appoggiare la reazione borbonica seguita ai moti del 1848. Assunse l’ufficio di Ministro di Guerra con il nuovo Ministero Costituzionale Guerrazzi Montanelli del Gran Duca di Toscana. Seguirono altri anni di stenti e di esilio. Nel 1852 approdò in Piemonte dove fondò la Rivista Militare e continuò a vivere insegnando e scrivendo anche per altri giornali politici. Nel 1855 fu nominato direttore della Biblioteca del Duca di Genova. Cinque anni dopo fu chiamato a Firenze a seguito della nomina a professore di arte militare presso l’Istituto Superiore di Perfezionamento.Tornò a Napoli non appena fu concesso agli esuli il rimpatrio, operandosi con fervore per l’unità nazionale. Il 7 settembre del 1860, per universale acclamazione, fu eletto Comandante della Guardia Nazionale, a cui rimase affidata la città di Napoli. Da lì assunse la carica di Deputato, Senatore, Generale, Consigliere Comunale, Vicesindaco e lavorò sempre per il pubblico bene. Si spense il 26 marzo del 1877. Il Municipio di Napoli a memoria di tanto benemerito cittadino titolò la Via Santa Teresella a Chiaia, dove il d’Ayala aveva abitato, Via Mariano d’Ayala, e gli fu eretto un monumento funebre nel cimitero di Poggioreale di Napoli, nel recinto degli Uomini illustri. La sua onestà e la onoranda miseria, in cui visse e morì, ed il suo amore disinteressato e spassionato per l’Italia, resteranno ad imperitura gloria: pochissimi potranno uguagliarlo, nessuno superarlo. |
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