Napoli 1799. Cap. IV - La regina Maria Carolina d’Austria (1)
I due giovani sposi – che solo il giorno 12 maggio si incontrano per la prima volta - fanno il loro ingresso nella città partenopea il 19 maggio, accolti da un popolo in delirio e da una festa nuziale che durerà un mese. La giovane regina non sembra molto entusiasta del marito, di cui dice: “E’assai brutto…ma a questo ci si abitua. Il suo carattere mi è sembrato migliore di come lo avevano descritto, ma devo confessare che lo amo per sentimento di dovere”. Non a caso il matrimonio è nato da un disegno politico architettato dalla madre, l’imperatrice Maria Teresa, che pensa più a consolidare l’alleanza con la dinastia borbonica che alla felicità della propria figlia. Anzi, Maria Teresa, prolifica madre di sedici figli, suggerisce a Maria Carolina un rimedio valido per tener legato a sé lo sposo: offrire con passione il corpo e mettere al mondo molti figli.
Le gravidanze della regina di Napoli saranno diciassette, ma il rapporto con il marito resterà sempre freddo. Il fratello di Maria Carolina, Giuseppe II d’Asburgo, scrive: “Mi ha assicurata di essere tranquilla e soddisfatta, ma che non ama particolarmente il re, perché la sua sensibilità non la porta a coincidere con le cose vergognose che fa un personaggio così poco amabile… Carolina è consapevole dell’ascendente enorme che esercita su di lui, soprattutto dal punto di vista sessuale, ma è troppo intelligente per non riconoscere le infantilità e le indecenze che il re compie. Mi ha confessato che con lui non aveva avuto molti dissensi al di fuori di qualche calcio e forse qualche pugno in carrozza, o a casa, o a letto, nei primi giorni della loro convivenza”. La regina è ben istruita; ama leggere; esercita un indubbio fascino culturale sul re. “Quella donna era in realtà il “re di Napoli”. Di sotto a quelle ciglia divinamente arcate partiva qualche cosa che era o fulmine o iride, la morte o il paradiso. La sua fronte era proprio quella di una regina, e il suo capo parea conformato a posta per una corona. Ne’suoi occhi era la maestà elevata fino alla superba concorrenza coi numi e la voluttà abbassata fino alle irresistibili seduzioni della prostituta. La regina Maria Carolina, figliola di possente sovrano e sorella di re filosofo, portava scolpita su la fronte una eccelsa grandezza di animo. Ella ricompensava largamente i suoi fedeli servitori, ed era tanto generosa verso di loro per quanto inflessibile e vendicativa verso i suoi nemici, i quali in sostanza erano tutti quelli che aveano aspirazioni liberali e amore vero di patria”. Ma la regina Maria Carolina mira soprattutto ad avere un ruolo attivo nella politica del regno e nel suo governo. E, se per l’opposizione del Tanucci, non vi riesce subito, persegue il suo scopo nel 1775, quando con la nascita dell’erede al trono, Carlo Tito, acquisisce il diritto di prender parte al Consiglio di Stato. L’anno successivo, quindi, la regina riesce a far allontanare il marchese Bernardo Tanucci ed inaugura una politica meno legata alla corona spagnola – dove regna Carlo III di Borbone - e più filoaustriaca. Le continue gravidanze sono, giusto il suggerimento materno, il veicolo per agguantare la carica politica più alta del Regno. La regina, però, non si è mai detta contenta di restare incinta; lo dimostrano le testimonianze del marito “Specialmente nel giorno del compleanno di lei, il 13 agosto, fece delle scene tali urlando nelle mie orecchie -–per un anno almeno o crepi e schiatti tu, io non voglio uscire gravida!” E lo dimostra anche il fatto che il re e la regina, per niente innamorati l’uno dell’altro e reciprocamente infedeli, amano libertà ed avventure galanti piuttosto che uno stanco rituale di due coniugi abbrutiti dall’odio e dalle menzogne. Su Carolina, in particolare, non si risparmiano racconti piccanti né si tacciono nomi di amanti.Tra gli uomini legati alla regina si ricordano,fra gli altri, Francesco Maria d’Aquino principe di Caramanico, Luigi Capece Galeota e John Acton. Addirittura si racconta che per far posto all’Acton la regina abbia fatto avvelenare il Caramanico. E i lazzari sono soliti ricordare l’increscioso episodio cantando:
Carulì si m’amave ‘nat’anno Quanta cose ch’avive da me: ‘nu vurzone de doppie de Spagna lu teneva i’apposta pe’te. Caramaneca chiù de sett’anne Cuffiato fuie buono da te, cu’l’arzenico tu n’’o sciusciaste e munzù Attonno(*) accussì cuntentaste.
(*)il signor Acton
Ma si racconta anche di amori omosessuali. E’certo, infatti, che Maria Carolina abbia avuto una relazione con Emma Lyona, moglie dell’ambasciatore inglese sir Hamilton ed amante dell’ammiraglio Nelson. “Emma Liona era una donna perduta di Londra. Non si sa chi fosse suo padre, s’ignora la sua patria; si sa soltanto che sua madre era povera; si crede che nascesse nel Galles, ed ecco tutto”. Non è difficile incontrare la regina e la sua “dama di letto” a passeggio per le strade di Napoli ed unite da affettuosi intenti; come non è difficile ritrovare la regina accompagnata da due nobili e corrotte dame di corte,quali le duchesse di San Marco e di San Clemente, frequentare luoghi di piacere non proprio regali. I primi anni di regno sono gli anni in cui Carolina, mostrandosi aperta ed illuminata, riesce a conquistarsi le simpatie di molti intellettuali. In seguito, poi, all’esito della rivoluzione francese (e alla morte di Maria Antonietta, la sorella a cui maggiormente è legata) muta atteggiamento e guarda con molta diffidenza al nascente movimento rivoluzionario. “Una donna di genio regnava a Napoli. Prima ammiratrice appassionata della Rivoluzione francese per gelosia contro qualcuno, ben presto essa comprese il pericolo che correvano tutti i troni e la combatté con furore. “Se io non fossi stata regina di Napoli” disse un giorno “avrei voluto essere Robespierre”. E si vedeva in un salottino della regina un immenso dipinto che rappresentava lo strumento di supplizio di sua sorella”. Con la caduta della monarchia francese,nel 1792, Carolina teme che la rivoluzione si possa propagare a Napoli e si volge a combattere, quindi, duramente le idee giacobine. Nel 1793 contribuisce a far sottoscrivere un’alleanza anglo-napoletana e l’anno dopo, nel 1794, quando nel regno si scopre una congiura giacobina, Carolina, sostenuta dal ministro Acton, è sostenitrice di una spietata repressione. Dopo il trattato di Campoformio, però, com’è nella sua natura, la moglie di Ferdinando non lesina parole ammirate all’indirizzo di Napoleone: “E’il più grande uomo che i secoli abbiano prodotto. La sua forza, la sua energia, il suo talento hanno conquistato la mia ammirazione. In lui tutto è grande… In una parola lo stimo, lo amo e dico che se morisse, si dovrebbe ridurlo in cenere, e darne una dose a ogni sovrano, due a ognuno dei loro ministri, e allora le cose andrebbero meglio”. E dire che, solo qualche mese prima, aveva parlato del generale corso come di un nuovo “Attila”! Nel 1798, poi, Carolina si adopera per una nuova coalizione antifrancese e per organizzare l’offensiva con cui il generale Mack giunge ad occupare Roma. E’ l’occasione che si offre ai Francesi di Championnet per invadere il regno di Napoli. Ed è l’occasione che costringe la famiglia reale a scappare a Palermo, mentre a Napoli nasce la Repubblica.
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