Luigi d'Aquino, la Massoneria napoletana ed i Rosa-Croce nel XVIII sec.

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Luigi d'AquinoIl Cavaliere Luigi d’Aquino, della nobile famiglia napoletana dei Caramanico, imparentata, con rapporto di discendenza diretta, alla casata di San Tommaso d’Aquino, era fratello secondogenito di Francesco d’Aquino, Principe di Caramanico e cugino di Raimondo de Sangro, VII Principe di Sansevero, famoso alchimista, esoterista e illustre letterato napoletano.

Dal 1766 sarà l’iniziatore del futuro conte di Cagliostro alla Massoneria e al Movimento dei Rosa-Croce.

Già appassionato di Filosofia Ermetica e di Alchimia, Luigi entrò giovane in Massoneria. 

Secondo Marcello Vicchio (storico della Massoneria, il quale si basa su fonti che meriterebbero alcuni approfondimenti), Luigi d’Aquino, Gran Maestro della Confraternita dei Dodici di Napoli, poi denominata Rosa d’Ordine Magno, unica vera Loggia massonica depositaria del pensiero dei Rosa-Croce, sarebbe stato il vero Althotas, ajo e precettore del giovane futuro conte di Cagliostro, il cui nome rappresenterebbe solo un acronimo, così da lui definito:

A-quino, L-uigi, THOT-divinità egizia, A-lto, S-acerdote.

Ipotesi assai fantasiosa ma non veritiera, e non solamente per motivi di età, giacché Luigi aveva appena nove anni più di Cagliostro.

Infatti, sia le varie testimonianze riguardanti la presenza accanto ad Acharat, nome giovanile del conte di Cagliostro, di un precettore anziano, non italiano, Padre Domenicano savio, attempato, austero, che, certamente, non poteva essere Luigi d’Aquino, sia l’episodio della morte di Althotas, avvenuta drammaticamente a Malta nel 1766 e ben descritta dal conte nei suoi Mémoires, non confermano la versione fornita da Marcello Vicchio.

Pertanto, Luigi in nessun modo può essere identificato con il suo tutore Althotas.

In realtà, come afferma Ruggero di Castiglione nel suo libro: Luigi d’Aquino, il Maestro di Cagliostro, ne fu solo il Maestro e la Guida Spirituale, oltre che un sincero amico fraterno.

Marcello Vicchio nel suo libro, oltre a una dettagliata biografia di Luigi d’Aquino e della nobile casata dei Caramanico, espone chiaramente quali furono i rapporti intercorsi tra di loro. Anche Ruggero di Castiglione, nell’edizione del 2015 dell’opera in precedenza citata, in un’ampia disamina, si dilunga su particolari inediti della sua Famiglia.

Il futuro conte lo conobbe in occasione del suo primo soggiorno a Malta nel 1766; qui Luigi era già stato iniziato il 30 marzo 1765, per volontà del Gran Maestro Emmanuel Pinto de Fonseca, nell’Ordine dei Cavalieri Ospedalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta, noti con il semplice nome di Cavalieri di Malta, come Cavaliere Professo, cioè appartenente al primo ceto, quello detto dei Cavalieri di Giustizia nel quale l’adepto deve dichiarare la professione dei tre voti di povertà, castità e obbedienza, come un religioso comune.

Conte di CagliostroCome scritto nei suoi Mémoires, Cagliostro, provenendo:

[…] da Rodi con tre domestici, che mai si allontanarono da lui, su un vascello francese,

ottenuto:

[…] il permesso di sbarcare dopo appena due giorni di sosta, malgrado l’usanza che obbliga i vascelli che giungono da    Levante a fare la quarantena […] alloggiato con grande distinzione nel Palazzo del Gran Maestro Pinto,

fu subito ammesso alla locale Loggia Massonica Discrezione e Armonia, fondata nel 1738 e caratterizzata da interesse verso l’Ermetismo di tradizione Templare e Alessandrina.

Così a Malta, nel 1766, Cagliostro fu affiliato per la prima volta alla Massoneria; qui, tra l’altro, gli sarà dato il titolo nobiliare di conte. In seguito, avrà un’iniziazione non registrata, e pertanto ufficiosa, alla Massoneria Ordinaria a Napoli nel 1768, e poi quella ufficiale, con tanto di brevetto internazionale riconosciuto da tutte le Logge europee, nella Loggia l’Ésperance 369 di Londra il 12 aprile 1777. La letteratura cagliostrana riporta dettagliatamente questa cerimonia, durante la quale furono iniziati anche la moglie Serafina Feliciani, il musico Giuseppe Ricciarelli, conte Palatino di Roma, di circa sessant’anni, e Pierre Boileau, cameriere a Londra.

Da Malta, con il Cav. Luigi d’Aquino, cui d’allora sarà vincolato da sincera amicizia fraterna, Cagliostro si recherà a Napoli dove nel 1768 sarà introdotto, come detto, nella Loggia la Perfetta Unione. Probabilmente fu anche adepto nella Rosa d’Ordine Magno, il che spiegherebbe molto bene la sua partecipazione al Movimento dei Rosa-Croce.

Marcello Vicchio afferma (senza citare le fonti) che anche Luigi d’Aquino era iscritto, con il titolo di Gran Maestro, alla Confraternita dei Dodici, retta a quel tempo da Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero, il quale aggiunse alla Loggia la denominazione di Rosa d’Ordine Magno facendola derivare dall’anagramma del suo nome.

Nel successivo soggiorno napoletano del 1774 (il secondo, in ordine di tempo, per il conte di Cagliostro) entrambi, poi, contribuiranno alla prima stesura del Rito di Massoneria Egizia e, per continuare le tradizioni iniziatiche dell’ambiente esoterico napoletano, rielaboreranno il cosiddetto Regime Napoletano o Scala di Napoli,i cui gradi, dal 87° al 90°, sono conosciuti anche come Arcana Arcanorum.

Secondo Gastone Ventura, insigne biografo di Cagliostro, a questo Regime Napoletano s’ispirerà l’Antico e Primitivo Rito Orientale di Misraîm e Memphis, rifondato nel 1945 dal patrizio veneziano Marco Egidio Allegri, il quale riunì i due Riti, quello di Misraîm, detto anche Egiziano, e quello di Memphis, detto anche Orientale, in una sola Obbedienza. Dal Primitivo Rito, gli attuali iniziati avrebbero ereditato gli ultimi quattro gradi.

Il Rito di Misraîm, presente a Napoli sin dal 10 dicembre 1747, data della sua istituzione, avrà lunga vita; già “rielaborato” a Venezia nel 1788 per volere del conte di Cagliostro e della nobile Cecilia Tron Zen dopo il “rinnovamento” della Loggia San Giovanni della Fedeltà (che aveva sede in Rio Manin) a causa di un probabile “contagio” con le idee della Setta degli Illuminati di Baviera, saràin seguito “ricreato” a Napoli nel 1806. Nel 1839 Marconis de Nègre, a sua volta, “ricostruì” a Parigi il Rito di Memphis sulla falsariga del Rito di Misraîm, o Rito Egizio.

Peraltro, la Loggia La Perfetta Unione di Napoli ha un passato assai interessante; fondata nel 1728, è la prima di cui si hanno notizie nella Massoneria Italiana.

Di chiaro stampo esoterico, la Loggia La Perfetta Unione ebbe dal 1744 come Maestro Venerabile il già citato Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero e duca di Torremaggiore, che, secondo Vicchio, era contemporaneamente anche Gran Maestro Venerabile della Confraternita dei Dodici - Rosa d’Ordine Magno.

Famoso studioso ed esperto alchimista, il Principe fu amico sia del conte di Saint-Germain sia del conte di Cagliostro, che conoscerà personalmente a Napoli nel suo primo soggiorno in quella città nel 1768.

Raimondo di Sangro, Principe di SanseveroIl Principe di Sansevero sin dal 1745 diede alla Loggia un’impostazione di tipo Egiziano con la ripresa nel 1747 del Rito di Misraîm, antica denominazione dell’Egitto, favorendo così, dopo un periodo di assonnamento forzato, il rilancio anche nella Massoneria Ordinaria dello spirito alchemico–ermetico-rosacrociano della Confraternita dei Dodici - Rosa d’Ordine Magno, nonostante il Bando di Divieto di Aggregazione alla Massoneria promulgato dal Re Carlo III di Napoli nel 1751, e nonostante le precedenti Bolle Apostoliche Vaticane: In Eminenti Apostolatus Specula del Papa Clemente XII del 26 aprile 1738, e: Providas Romanorum Pontificum del 18 marzo 1751 del Papa Benedetto XIV, le quali ne vietavano sia l’istituzione sia la diffusione nei loro Stati.

Quando nel 1759 il Re Carlo III, dopo la morte del fratellastro Ferdinando VI, partì da Napoli per assumere la corona di Spagna, il trono fu lasciato, sotto la reggenza del Ministro della Real Casa e suo fedele servitore, il marchese Bernardo Tanucci, al figlio ancora bambino che, prendendo il nome di Ferdinando IV Re di Napoli, iniziò d’allora la dinastia della Casata dei Borboni di Napoli e di Sicilia.

In quegli anni, oltre alla Compagnia di Gesù, che sarà cacciata dal Regno di Napoli nel 1767, anche la Massoneria sarà perseguitata dal Re e dal Ministro Tanucci su suggerimento del padre, il Re Carlo III di Spagna, il quale, pur da lontano, di fatto, gestiva ancora la politica interna ed estera del Regno di Napoli.

La Massoneria, però, inaspettatamente otterrà, sin dal suo arrivo nel 1768, l’appoggio della nuova Regina di Napoli, Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, sorella della Regina di Francia, Maria Antonietta, e figlia dell’Imperatrice d’Austria, Maria Teresa d’Asburgo.

Maria Carolina, già favorevole alla libertà di espressione del pensiero, così come accadeva in Austria, in Germania e in Prussia, prese questa decisione soprattutto perché intenzionata a contrastare l’influenza spagnola del suocero, il Re Carlo III, sulla Corte di Napoli.

Dopo un alternarsi di arresti e scarcerazioni degli affiliati a seguito di un nuovo Editto diramato il 10 ottobre 1775 che, confermando il precedente Divieto di Aggregazione alla Massoneria emanato dal Re Carlo III nel 1751, metteva definitivamente al bando la Massoneria in tutti i territori in cui regnavano i Borboni di Spagna e di Napoli, la Regina Maria Carolina, pur non contestando il Decreto, creò tante difficoltà al Re che, alla fine, il Primo Ministro Bernardo Tanucci fu costretto a dimettersi dal suo incarico nel 1776; a quel punto, i rapporti con la Corona Spagnola divennero sempre meno vincolanti, e i provvedimenti contro i massoni napoletani, di fatto, annullati.

Bernardo Tanucci morirà a Napoli nel 1783, e d’allora tutta la gestione del Regno passerà definitivamente nelle mani dei Regnanti.

Purtroppo, a seguito degli eventi che sconvolgeranno la Francia nel 1789, l’atteggiamento ambiguo e parzialmente tollerante finora manifestato da tutti i Monarchi europei, e in particolare da quelli del Regno di Napoli, verso la Massoneria, improvvisamente ritenuta sovversiva, rivoluzionaria e d’ispirazione giacobina, cambierà bruscamente al punto che il 3 novembre dello stesso anno il Re Ferdinando IV di Napoli sarà costretto a promulgare un nuovo Decreto ancora più restrittivo del precedente.

Di conseguenza, durante la Rivoluzione Napoletana del 1799, la repressione della Massoneria, non più protetta dalle iniziative della Regina, diventerà sempre più dura.

Infatti, la Regina Maria Carolina in quel periodo cambiò atteggiamento poiché, avendo erroneamente identificato i massoni con i giacobini, li reputava tutti in pari modo responsabili della morte di sua sorella, la Regina Maria Antonietta, e della fine della Monarchia in Francia; li considerava, altresì, cospiratori contro il Potere regale attraverso la Società dei Carbonari, frangia radicale della Massoneria che diventerà sempre più predominante nel nostro Risorgimento, e, di conseguenza, meritevoli di essere attivamente perseguitati e severamente puniti.

Cosa che puntualmente avverrà con i protagonisti della Rivoluzione Napoletana.

Inoltre, Maria Carolina non perdonava chi era stato amico e collaboratore del conte di Cagliostro, cioè di quell’avventuriero massone, mago e alchimista, che aveva osato mettere in ridicolo la sorella a Parigi nel 1786 durante il famoso Processo per l’Affare della Collana della Regina!

Effettivamente, non le mancarono i pretesti per vendicarsi dell’onta subita.

Alla morte di Raimondo de Sangro, avvenuta nel 1771, gli succederà, come Maestro Venerabile nella Loggia La Perfetta Unione, il figlio Vincenzo de Sangro.

Costui morirà nel 1790 in circostanze misteriose, forse avvelenato, poco tempo dopo l’arresto di Cagliostro, tanto che qualcuno mise in relazione i due eventi, poiché si riteneva che Vincenzo, insieme ai cugini Luigi e Francesco d’Aquino, avesse condiviso con il conte, oltre a un rapporto di fraterna amicizia e sincera collaborazione, anche disegni sovversivi.

Esiste, infatti, una segreta corrispondenza tra lord John Acton, Ministro inglese, e il Segretario di Stato Pontificio, il Cardinale Francisco Xaverio de Zelada, circa il controllo e la repressione di presunti progetti politici di Cagliostro, degli affiliati alla Loggia romana La Réunion des Amis Sincères e di quelli della Perfetta Unione di Napoli, miranti a destabilizzare le Monarchie europee attraverso la Rivoluzione Giacobina.

Questi progetti erano ritenuti ispirati dalla Massoneria Francese, allora guidata dal Gran Maestro del Grande Oriente di Francia Luigi Filippo d’Orléans, detto poi Philippe Égalité, cugino del Re Luigi XVI, ambizioso protagonista della Rivoluzione francese, e poi vittima della stessa durante il periodo del Terrore.

Dice Marcello Vicchio:

[…] La fitta corrispondenza tra Acton e la Curia Romana testimonia un identico interesse nel porre fine alle attività di Logge che sul piano ideale-religioso s’ispiravano alla tradizione pitagorico–caldaico-egiziana, mentre su quello politico erano             ormai lontane dalle posizioni inglesi.

Anche Francesco d’Aquino, fratello di Luigi, morirà in analoga e assai sospetta circostanza, forse per avvelenamento, la sera del 9 gennaio 1795, dopo una giornata di atroci sofferenze.

Cagliostro, proprio a Napoli nel 1774 trarrà l’ispirazione per il suo Rito di Massoneria Egizia e non, come riferisce il Compendio della vita e delle gesta di Giuseppe Balsamo denominato conte di Cagliostro pubblicato nel 1791 da Mons. Giuseppe Barberi, dal manoscritto di un tal santone irlandese, di nome G. Cofton o G. Coston, ritrovato casualmente presso una libreria di Londra. Infatti, nella Massoneria e negli Annali dell’Esoterismo, tale nome non è mai stato trovato semplicemente perché non è mai esistito. In realtà, è stata erroneamente interpretata la firma posta in corsivo alla fine del Rito di Massoneria Egizia, compilato nel mese di dicembre dell’anno 1784, sotto dettatura del conte di Cagliostro, dal suo allievo, il Maestro Venerabile della Loggia da lui fondata a Lione, La Saggezza Trionfante, e facoltoso banchiere di quella città, il cui nome era appunto Jean Marie de Saint Costar.

Partito da Strasburgo il 13 giugno 1783 e arrivato a Napoli il 23 luglio per assistere il caro amico Luigi affetto da una grave malattia, il conte assumerà allora temporaneamente la carica di Maestro Venerabile nella Perfetta Unione, con il compito di compattare i Fratelli per impedire la disgregazione della Loggia e per consentire la conservazione dell’indirizzo ermetico, forte della sua esperienza del Rito di Massoneria Egiziana.

Da Napoli partirà definitivamente il 27 settembre 1783 sicuro di aver lasciato la Massoneria Napoletana in buone mani, così come promesso a Luigi d’Aquino prima della sua morte, avvenuta il 22 settembre.

Infatti, se a Venezia nel 1788, in analoga occasione:

[…] trasmise i suoi poteri a Francesco Battagia dè Mori come sostituto e Commissario Delegato,

a Napoli riaffidò la Loggia al figlio del defunto Raimondo de Sangro, il Gran Maestro Venerabile Vincenzo.

Sarà quest’ultimo che consentirà la rinascita, preoccupandosi anche dell’integrità del Rito e della coesione dei membri, della Loggia desangriana fino alla sua morte, avvenuta misteriosamente nel 1790. Purtroppo, da questa data la Loggia si sfalderà progressivamente fino alla totale scomparsa dei suoi adepti, chi per fuga nel timore di essere catturato chi perché giustiziato per volere del Re di Napoli, nell’anno 1799, in occasione, cioè, della proclamata Repubblica Napoletana.

Effettivamente, questa Loggia ebbe come illustri partecipanti alcuni dei protagonisti, diventati poi martiri, della Rivoluzione Napoletana giacobina del 1799, di cui è doveroso ricordare almeno i nomi dei personaggi più noti: Francesco Caracciolo, Mario Pagano, Vincenzo Cuoco, Domenico Cirillo, Giuseppe Albanese, Donato Tommasi, Nicola Pacifico, Pasquale Baffi, ed Eleonora Pimentel De Fonseca.

Naturalmente, molte furono le personalità coinvolte, la cui onorata memoria resta ormai scolpita nei documenti della Storia.

Costoro vollero applicare, contro la volontà del Regime Borbonico, quegli stessi principi ideali e universali di Giustizia e di Libertà propugnati dalla Massoneria e ispirati dalla tradizione “ermetico-egiziana-desangriana” attraverso l’insegnamento dei fratelli d’Aquino e di Cagliostro (con i quali molti dei presunti cospiratori avevano avuto un rapporto di amicizia), e poi divulgati in Europa dalla Rivoluzione Francese. Per questo semplice motivo, pur non essendosi mai macchiati di delitti o di violenza verso il Regime, furono spiati, perseguitati, catturati, condannati e condotti direttamente, senza alcun appello o ripensamento, al patibolo.

Ebbero tutti una triste sorte, seguendo, così, il destino del conte di Cagliostro; molti furono affidati al Braccio Secolare (cioè alla Magistratura Civile, in pratica al boia del Re) da un prelato della Chiesa Apostolica Romana, il Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria, il quale aveva addirittura creato un apposito Esercitodetto della Santa Fede, i Sanfedisti, conosciuti anche come realisti o legittimisti, per combattere militarmente gli insorti e tutti coloro che si opponevano al Regime Monarchico.

In tutto i giustiziati furono novantanove, di cui cinquantuno iscritti a Logge Massoniche diverse, a testimonianza di quanto la Massoneria fosse stata la vera ispiratrice della Rivoluzione.

Quasi tutti furono impiccati, solo quattro decapitati, e nessuno graziato, nonostante gli accordi in precedenza stipulati.

A molti fu promesso il risparmio della vita se avessero ammesso le proprie colpe e fatto i nomi di altri congiurati, ma nessuno accettò, nessuno tradì, e tutti andarono incontro al loro destino con dignità e fierezza.

Solo le spie, i cui nomi erano ben noti, rimasero in libertà.

Gli illustri personaggi furono inviati al patibolo dopo essere stati arrestati con l’inganno di un Trattato di resa, una volta caduta la Repubblica Napoletana, dalle truppe di Ferdinando IV e della moglie Maria Carolina, memore della sorte della sorella, la defunta Regina di Francia Maria Antonietta d’Asburgo.

I Regnanti di Napoli ebbero anche l’insperato appoggio della Marina inglese, allora comandata dall’Ammiraglio Horatio Nelson. Anche lui era massone; tuttavia, in quest’occasione si mostrò spergiuro e sleale, poiché non onorò di persona i patti stipulati con i congiurati in generale, e con l’Ammiraglio Francesco Caracciolo in particolare. Questi, nonostante la promessa di libertà, fu vergognosamente impiccato al pennone della nave Minerva, fregata della Real Marina del Regno di Napoli ma allora al comando dell’Ammiraglio inglese Thurn, nave cannoneggiata in uno scontro navale nella primavera del 1799 dallo stesso Ammiraglio Caracciolo. La salma, poi, fu ricuperata e le sue esequie celebrate pubblicamente, a dimostrazione postuma della stima che il popolo napoletano nutriva nei suoi confronti.

Il comportamento di Nelson fu dettato da opportunismo, giacché il suo unico obiettivo era l’egemonia della Marina britannica nel Mediterraneo contro la valida concorrente napoletana, e in contrasto con quella francese.

Inoltre, era del tutto coinvolto in prima persona, perché affettuosamente legato a Emma Hamilton, moglie dell’Ambasciatore inglese presso la Corte napoletana e amica intima della Regina Maria Carolina, alla quale non poteva sicuramente rifiutare il suo appoggio militare e politico.

Questi martiri della Libertà rappresentano il primo esempio a Napoli di riformismo liberale contro il Regime conservatore borbonico.

D’allora la Libera Muratoria italiana, insieme a tutta l’esperienza esoterica Napoletana, subirà per lungo tempo un processo involutivo, perdendo tradizioni e adepti.

Rito di MisraîmLa “rinascita” del Rito di Misraîm, come detto, sarà resa possibile dai discepoli di Cagliostro che a Venezia, durante il suo soggiorno nel 1788, con l’appoggio della patrizia veneziana Cecilia Tron Zen, esoterista e mecenate, la “rifonderanno” sulla base del suo Rito Egizio. Il Rito, poi, ritornerà a Napoli solo nel 1806.

Da questa Loggia di Venezia, di natura prettamente esoterica, dopo la scomparsa della Perfetta Unione di Napoli, saranno divulgati i principi di Giustizia e Libertà che, propugnati dai nostri massoni, oltre che dai Carbonari, dai laici e dai liberi pensatori italiani del XIX secolo, tanta importanza avranno nel nostro Risorgimento.

 

 

Bibliografia:

Abstract dal libro di Tommaso De Chirico: il conte di Cagliostro nel suo tempo, 2° volume della trilogia sul conte di Cagliostro, Ed. Mnamon, Milano, 2014.

 

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