I “promessi sposi” di Napoli
Anche Napoli dovette subire la prepotenza ed i soprusi dei giovani baroni nel corso delle varie dominazioni straniere. Durante quella aragonese l’arroganza dei signorotti era all’ordine del giorno e non risparmiava le giovani già promesse spose, ma gradite ai potenti giovani baroni. Una bella giovane del popolo, promessa a Michele Tavassi, fu presa di mira da un barone alla fine del XV secolo, allorché re di Napoli era Ferrandino d’Aragona. Si chiamava Lucia, come la giovane del romanzo manzoniano, e il suo cognome era Stella. Così il giovane Michele Tavassi si guadagnò la fiducia del popolo nel momento in cui lo arringò, dicendo che sarebbe stato lui stesso ad impossessarsi dell’asta del baldacchino e rappresentare in popolo durante la celebrazione. Si temevano pertanto tumulti a Napoli per quella domenica del Corpus Domini del 1496 e il giovane nobile, che aveva da tempo preso Lucia Stella ad oggetto delle sue attenzioni, pensò che fosse il momento opportuno per rapirla e farla sua. Il barone era convinto che la fanciulla non avrebbe lasciato il suo uomo solo in quella difficile occasione e sarebbe stata fiera di lui, ma lei, che non era una sprovveduta, seguì il suo intuito le suggerì un abile stratagemma. Durante i tumulti per impossessarsi del baldacchino, durante la processione, l’arrogante barone con i suoi sgherri mise in atto il piano di rapimento, ma, nel trovarsi faccia a faccia con Lucia, si accorse che non era lei, pur indossando la Stella le vesti che era solita portare nei giorni di festa. Lucia aveva chiesto ad una sua coraggiosa amica Carmela, una fanciulla deforme, di vestire i suoi abiti. Carmela, sentita come una sorella da Lucia, nella rabbia del barone ingannato, subito tornò libera. Nel contempo Michele Tavassi, come era prevedibile, per quell’atto di insubordinazione arrestato e portato in prigione, con l’accusa di sedizione programmata, un reato che prevedeva la pena di morte. Alla stregua del romanzo manzoniano,a questo punto si rese necessario l’intervento di un religioso buono e forte, pronto a far sue le istanze del popolo oppresso dalle angherie dei prepotenti baroni: Padre Aurelio del Monastero di Sant’Agostino Accompagnata dal padre, Lucia si era recata dal barone, sperando in una qualche indulgenza per Michele ma, nonostante la presenza del genitore di lei, il nobile arrogante, spudoratamente le propose un sol patto: la libertà di Michele in cambio del corpo di lei. Negli eventi storici i re, come tutti gli uomini, si mostrano in tutte le loro fragilità e contraddizioni, e di questo dobbiamo tener conto e della forte influenza di Padre Aurelio a corte per comprendere gli eventi successivi. Per Ferrandino dobbiamo altresì considerare la giovane età. Ricordiamo che re Ferrandino era stato colui che aveva revocato la consuetudine di concedere a un rappresentante del popolo di reggere un’asta del baldacchino in occasione del Corpus Domini, e quindi si era reso responsabile dei tumulti, a meno che non conoscesse quanto il popolo ritenesse ingiuste le consuetudini acclarate negli eventi legati alla religiosità. Eppure Ferrandino doveva sapere che il popolo non avrebbe provocato alcuna forma di tumulto per rivendicare le libertà civili in quegli anni, ma in materia di culto religioso, solo privarlo di un’asta di un baldacchino, avrebbe provocato una sedizione. Quando, infatti, Lucia si recò da Padre Aurelio, suo confessore, esplicitandogli di intervenire presso il re per salvare la vita del suo promesso sposo, era ben conscia che era stato lo stesso re a revocare un provvedimento che aveva avuto come conseguenza la grave imputazione per Michele Tavassi. Padre Aurelio, oltre ad una forte influenza a corte, aveva la stessa forza dialettica del Fra Cristoforo del romanzo manzoniano nel rappresentare le istanze del popolo oppresso e per proteggerlo dai soprusi dei baroni. Nelle occasioni in cui gli era chiesto faceva affidamento alla parola evangelica. Pertanto, dopo che Padre Aurelio denunciò l’ingiustizia che si stava perpetrando, il giovane re Ferrandino d’Aragona si convinse a convocare il giovane barone a corte, e riconobbe, inoltre, che la revoca del provvedimento di consentire ad un rappresentante del popolo, insieme a tre nobili, di portare il baldacchino del Corpus Domini si era rivelata infelice. Giunto a corte il nobile arrogante e prepotente, che pensava, come d’altronde tanti altri, di poter avere qualsiasi giovane donna in virtù del titolo nobiliare, si presentò al cospetto del sovrano come un vile lacché e non proferì parola né riguardo al tentato rapimento di Lucia Stella, né tantomeno in relazione alle sue avances sessuali verso la giovane popolana. Mentre il re lo ammoniva, intimandogli di desistere dal quel proposito, in barone inchinandosi sottomesso si allontanò indietreggiando. Re Ferrandino, risolto felicemente il dramma di Lucia, le donò un prezioso anello, segno che il suo promesso sposo sarebbe stata presto un uomo libero. Ferrandino d’Aragona morì dopo pochi mesi. Aveva solo 29 anni.
Bibliografia: Camillo Albanese- Storie della città di Napoli- Newton Compton Editore- 2006
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