Tora e Piccilli, rifugio degli ebrei
Tali paesi si resero protagonisti dell’unico episodio che si conosca in Italia in cui un' intera comunità si schierò a favore degli ebrei, ponendosi al loro fianco in maniera attiva e fattiva per proteggerli dalle leggi razziali promulgate nel 1938 dal regime fascista. Quel nome Tora, dato al paese, non poteva essere indifferente per gli ebrei, dato che richiamava la loro legge “la Toràh” . In verità all’inizio alcuni abitanti di Tora erano alquanti perplessi in quanto si chiedevano perché tali persone non andavano a messa, ma fu lo stesso parroco Don Ferdinando Di Corpo a spiegare ai suoi parrocchiani la motivazione.
Dal podestà, l’avvocato Ciro Maffuccini, all'ultimo fascista fecero a gara per ospitarli e soccorrerli, anche se al centro di tutta la vicenda ritroviamo la figura della baronessa Antonietta Falco, appartenente ad una ricca famiglia napoletana, che fu in prima linea quando vide arrivare intere famiglie di amici ebrei napoletani chiedenti rifugio per evitare di essere deportate . La baronessa, con la complicità di tutta la popolazione, diede asilo e protezione a tutti. La sua splendida villa divenne la sinagoga ove gli ebrei potevano dedicarsi al loro culto. Anche le forze dell’ordine del luogo che erano al corrente dei movimenti clandestini, fecero finta di non vedere, né sapere. A testimonianza di quanto accaduto restano i racconti dei sopravvissuti alla cattura e le scene di solidarietà fra gruppi di ebrei e la popolazione immortalate in documenti fotografici e un bel testo “Il silenzio dei Giusti” del giornalista Piero Antonio Toma. |
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