Monitore Napoletano. Comunicazione e pedagogia di un giornale rivoluzionario
Con la proclamazione della Repubblica Napoletana il 23 gennaio 1799, si era consapevoli da parte dei patrioti dell’importanza della comunicazione al fine di ottenere un indispensabile allargamento del consenso in relazione alla diffusione dei concetti fondamentali della democrazia repubblicana, la libertà e l’uguaglianza, come anche allo scopo di dar conto delle decisioni del governo repubblicano. Il 2 febbraio 1799 Eleonora de Fonseca Pimentel e Carlo Lauberg, nella tipografia di Gennaro Giaccio, davano alle stampe il primo numero del Monitore Napolitano, giornale ufficiale del Governo Rivoluzionario. Solitamente pubblicato il martedì e il sabato, nel numero 3 di sabato 9 febbraio 1799, il Monitore Napoletano rimarcava “ la libertà delle stampe” quale elemento caratterizzante i “Governi liberi”. Quindi il Monitore Napoletano si presentava quale foglio filogovernativo, che, tuttavia, non avrebbe seguito acriticamente i vari momenti del progetto politico rivoluzionario, le necessarie discussioni in momenti topici, come anche i conflitti e le contraddizioni del generale andamento della Repubblica Napoletana. Infatti, pur nato come organo di informazione di posizioni ed indirizzi politici governativi nei territori della Repubblica, il periodico assumerà gradualmente un taglio più articolato, connotandosi, in momenti e aspetti politici particolari, per alcune posizioni critiche nei confronti dell’attività governativa. Lo storico Mario Battaglini ha sottolineato l’indipendenza di pensiero di Eleonora de Fonseca Pimentel, rimarcando l’assoluta indipendenza “di fronte a qualsiasi gruppo, da qualunque parte provenisse”, fosse essa di carattere moderato o radicale. “La Pimentel espone tutti i fatti riferentisi a Napoli- ha affermato Battaglini- e li commenta, ma al di sopra pone le esigenze del paese e del popolo: soprattutto del popolo”. La libertà, dunque, come concetto fondamentale della cultura politica rivoluzionaria, in nome e nel rispetto della quale la stessa “ Repubblica napoletana una ed indivisibile” era stata “proclamata e giurata” dai patrioti “ racchiusi nel castello S. Eramo”, nella mattinata del 23 gennaio 1799. Il Monitore Napoletano, pertanto, facendo leva sui concetti basilari di libertà ed uguaglianza, dava ampio spazio, nel numero del 5 febbraio 1799, al manifesto politico- programmatico del Governo provvisorio della Repubblica, emanato il 26 gennaio. Tali “Istruzioni generali ai patrioti” del nuovo Governo repubblicano esplicitavano la connotazione organizzativa del nuovo assetto governativo, imperniato sul perseguimento della libertà e dell’uguaglianza per tutti i cittadini, chiamati ad essere soggetti attivi delle Municipalità, che patrioti e cittadini venivano sollecitati a istituire ovunque. Eleonora de Fonseca Pimentel riteneva che il Governo avrebbe dovuto tenere maggiormente in considerazione tali manifestazioni di culto popolare al fine di avvicinare le istituzioni repubblicane al popolo, sollecitando a partecipare alla “processione del Corpo di Cristo”. La festa del Corpus Domini avrebbe avuto quale obiettivo politico un’occasione per avvicinare il popolo, che partecipava in maniera commossa a tali ricorrenze religiose. Si trattava di un’occasione ulteriore della necessità che il Popolo, “piegato a parlar come plebe”, avrebbe iniziato “a parlar come Popolo”, acquisendo con la democrazia repubblicana la dignità di Popolo. Eleonora spese tante energie, nei momenti in cui la coalizione controrivoluzione del cardinale Ruffo, degli inglesi, degli svizzeri, dei russi e dei turchi diventava consistente, alla Napoli quale “Patria di ogni Cittadino”, per gettare le fondamenta della GRANDE ITALICA REGIONE, come scrisse nel numero di sabato 25 maggio, allorché i francesi avevano abbandonato da tempo i patrioti al loro destino a fronteggiare da soli l’armata sanfedista- inglese- turco- russo- svizzera. Col numero 35 dell'8 giugno successivo, il giornale cessò le pubblicazioni. Fino al suo ultimo respiro Eleonora aveva creduto nella Repubblica, convinta che essa potesse sopravvivere con le sole sue forze. Quando il generale francese Mcdonald aveva ritirato le sue truppe da Napoli, Eleonora aveva scritto nel numero del 14 maggio: "L'Italia resterà una Nazione guerriera, combatterà del suo, non dell'altrui ferro cinta; si comprenderà la gran verità che un popolo non si difende mai bene che da se stesso; e che l'Italia, indipendente, è libera, ed utile alleata; se dipendente, è invece di peso: perchè la libertà non può amarsi per metà e non produce i suoi miracoli che nei popoli tutto affatto liberi". Invece l’armata sanfedista- inglese- russo-turca- svizzera riportò sul trono Ferdinando IV. Tutto il resto è storia, storia di un’ecatombe vergognosa, indimenticabile e perpetrata per mano dei Borbone.
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