Il passato e l'indifferenza
Tra l’incuria e l’indifferenza non solo di chi ci passa accanto senza vedere, ma soprattutto di chi dovrebbe avere occhi preposti a farlo, tantissimi pezzi di storia napoletana giacciono da secoli in attesa di raccontare un passato che ancora languisce tra pietre di tufo erose dal tempo e dall’insensibilità di generazioni. Eppure basterebbe soffermarsi con un po’ di sana curiosità e rispetto verso un passato che ci appartiene, per cogliere la sofferenza di un qualcosa che nella sua fatiscenza, annaspando sopravvive. Basterebbe percorrere col cuore i luoghi più antichi di Napoli, soffermandosi ad osservare non solo le opere che hanno avuto la fortuna di essere salvate, ma quelle lasciate a morire per ragioni che non trovano ragioni, se non nell’incapacità di cogliere una ricchezza che davvero pochi, tristemente, avvertono. E’ desolante osservare dei luoghi così intrisi di storia cadere giorno dopo giorno sotto i colpi di un degrado aggravato e continuato ai danni di una terra che appartiene a noi tutti, e prima ancora ai nostri padri, così come sarà dei nostri figli. Ma non c’è tempo per pensare al passato, la corsa al quotidiano individualismo prevarica ogni altro sentire. Prevale l’indifferenza verso quei luoghi che cadono a pezzi e con essi la memoria storica di una città che stenta a tirare avanti. Non fa più notizia la famiglia che bivacca d’estate sulle torri di Porta Nolana, altre che ignare dimorano tra mura aragonesi e si sentono libere di renderle anche più confortevoli mettendoci dell’anodizzato alle finestre e gli abiti fuori ad asciugare, lascia indifferente vedere l’incivile di turno che usa il portale dell’ex Prefettura come orinatoio così frequentemente da corroderlo e sfondarlo. Oramai sono scene ordinarie, rientrate in un “normale” modo di essere che manco più fa male. Una scrollata di spalle, giusto un borbottio di disappunto e poi la vita continua. Campa cavallo che l’erba cresce! I tuttologi di turno all’occasione si riempiono la bocca con i loro sproloqui sulle opere d’arte museali, ma poi diventano orbi verso un patrimonio storico lasciato in balia dell’inciviltà più aberrante. Milioni di euro investiti dall’amministrazione comunale, per il recupero di Porta Capuana, come per altri siti, non sono serviti a ridonare ai cittadini luoghi tra i più belli ed antichi di Napoli. Nemmeno il tempo di ricostruire e già tutto è ricaduto nella devastazione. Piccole aree verdi destinate ad un vivere civile, nemmeno il tempo di inaugurarle, repentinamente sono trasformate in ricettacoli di immondizie, cumuli di bottiglie vuote, dimore all’aperto di extracomunitari ubriachi e nullafacenti. E’ una realtà innegabile, basta passarci anche di volata per rendersene conto. E la storia languisce in silenzio in attesa di spegnersi del tutto. “La bellezza salverà il mondo”, scrisse filosofo bulgaro Cvetan Todorov. A Napoli di bellezza ne abbiamo da vendere, ma molti la notano solo quando ne parla il tuttologo, o in una nostalgica cartolina. Eppure ogni angolo ancora ci parla, ancora ci racconta tutto quanto i suoi occhi secolari hanno visto. Pietre testimoni di epoche trascorse che oramai stanno lì, come vecchi abbandonati in un ospizio, dove nessuno va a donargli un sorriso, una carezza, vecchi che nessuno ha più voglia di ascoltare, ed ancora peggio, di sentirli vivi. Ci vuole forse troppa passione per guardare quelle mura con gli occhi del passato, e rievocare da luoghi oggi deturpati, suggestioni antiche, paesaggi trasformati. Si fa fatica a notare che nel largo S. Francesco fuori Porta Capuana, luogo che vide il passaggio delle dinastie e tante esecuzioni capitali soprattutto in epoca borbonica, esistono ancora i ruderi del vecchio monastero di S. Anna a Capuana risalente al 1500, del quale ancora si distingue il minuscolo campanile e la cupoletta, sulla cui sommità sopravvive una bandieruola a mezz’asta, la cui croce al centro lascia pensare all’Ordine degli Ospitalieri subentrati ai Templari. Non esiste più traccia nella memoria collettiva di quella piazza prima del risanamento edilizio di fine Ottocento, quando l’attuale Via Rosaroll non esisteva ed al suo posto c’era una larga strada dei Fossi di Sant’Anna a Capuana sul vecchio acquedotto, e il monastero godeva di ampi giardini e terre sante. Forse quelle antiche sepolture, oramai sovrastate dal cemento, ancora le ricordano silenziosamente le edicole sacre scavate sulle mura di cinta, in parte non abbattute ed ancora pietosamente visibili lungo la strada attuale. Ma tutto questo i più lo ignorano, e seppur lo sapessero…. in fondo cosa cambia? Nulla. Il vivere quotidiano non ascolta oltre il proprio bisogno. Il passato è passato, tutto ciò che resta può anche morire. |
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