Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Altamura 1799

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Quella “ leonessa di Puglia” così duramente e ingiustamente punita. La strenua resistenza dei cittadini di Altamura per difendere la Repubblica instaurata nel 1799 si dovette piegare alla ferocia dell’armata reazionaria e monarchica del cardinale Fabrizio Dionigi Ruffo.

Lo storico Lorenzo Predome nella sua monografia “Altamura Leonessa di Puglia” ricorda il generoso contributo degli altamurani nella lotta per la libertà e la coraggiosa resistenza contro l’armata di Ruffo le cui atrocità descrive in questi termini:

“ Pettoruto e trionfante entrò il Ruffo in Altamura soffermandosi dapprima nel Monastero, detto delle Monache grandi, ove erano ricoverate signorine e ragazzi delle più nobili famiglie della città per educarsi.

Suo primo ordine fu di concedere tre giorni ai suoi scherani, di saccheggiare la città e di punire quanti avevano fatto resistenza e quanti avevano partecipato alla Municipalità e alla cerimonia dell’Albero della libertà”.

In quell’occasione Ruffo dimostrò di essere implacabile come descritto in antiche carte che Antonietta Macciocchi dichiara di aver ritrovato nella Biblioteca Richelieu di Parigi nel 1995, un manoscritto di un anonimo napoletano, che descrive con una calligrafia limpida e una prosa poderosa come lo stupro superasse tutti gli orrori dei barbari:

"Era l' orrore allo stato puro. Piu' volte l'Italia fu invasa dalle orde degli Unni, dei Vandali e dei Goti, ma nessuna citta' presento' una serie di stragi quante ne commisero quei soldati comandati da Ruffo il cardinale. Tutto era sangue, tutto era incendio, saccheggio e morte. Le donne furono vittime della brutalita' e della dissolutezza di mille e mille scellerati... le menavano nude per la citta' e quindi dopo aver loro rapito in pubblico l'onore toglievano loro la vita".

 

Le donne, messe a nudo e bastonate, erano spinte avanti come bestie. In particolare "La figlia del principe Caracciolo – come riportato dalle dalle memorie dell'Anonimo - fu condotta nuda per la citta', ...poi fu situata sul sagrato della chiesa dello Spirito Santo nel quartiere piu' cospicuo del luogo, messa contro il portale sacro e qui dopo che i cannibali ne ebbero fatto uso ed abuso in pubblico le fu data finalmente la morte.

Inoltre la Macciocchi riporta, facendo riferimento a carte inedite: "Alla testa delle orde avanzava il Cardinale guerriero, sanguinario campione di Gesu', che si abbeverava di sangue, e man mano le brutalita' si moltiplicavano.

Le piazze e le strade erano ricoperte di membra, di teschi, e si udivano le voci di morte e lamenti ...Chiamo il cielo a testimoniare che io dico il vero... ma la penna si arresta.

Alleati tra loro, dispotismo (Borboni) e sacerdozio (Ruffo) mostrano di che cosa sono capaci, e questa storia di Altamura e di Napoli offre una grande lezione ai popoli della Terra".

Uccidevano e stupravano gia' perdonati dal cielo: "Vi annuncio", li aveva rassicurati il Cardinale scendendo dal suo quartier generale nella Sila, "che se a qualcuno di voi, ispirato dalla fiamma divina, accadesse di trucidare i vecchi, o le donne dei giacobini, in virtu' del mio sacro ministero io gli accordo la piena assoluzione della Chiesa. Fratelli, inginocchiatevi.

Venite a ricevere la croce: Dio lo vuole!". Dietro Ruffo vi erano famosi banditi come Michele Pezza, detto Fra' Diavolo, Gaetano Mammone , un vero mostro, che era stato da bambino compagno del re Ferdinando e Gennaro Rivelli.

Proprio Rivelli aveva guidato l' assalto al Monastero del Soccorso di Altamura. Rivelli ordino' alle suore di imbandire le mense e di portare dei panni neri per coprire le finestre e togliere ogni luce a quel luogo.

La badessa, alta e bella, si oppose. Lui affondo' il pugnale nel bianco seno. Poi ordino' alle suore, che avevano rifiutato di cantare il Te deum per accogliere l'arrivo di Ruffo, che intonassero il De profundis per la superiora morta.

"Sono vocine cosi' belle, cantano come cigni!", disse uno dei briganti. E Rivelli: "Ma i cigni sono bianchi e queste sono vestite di nero. Ora le facciamo diventare bianche come i cigni". Comincio' lui squarciando con un coltello le vesti delle suore e mettendole a nudo.

Ghignava "Guardate come sono piu' belle vestite di bianco, con la loro pelle di latte!". Le suore imploravano: "Dateci la morte! Uccideteci, piuttosto!". Ma il demone della lussuria e la sete del sangue aveva invaso i briganti dopo l' assassinio della badessa. Iniziarono i loro accoppiamenti lubrichi e le violenze sessuali avvennero sulle stesse mense imbandite. Alla fine, eccitati dall' oscenita' , tirarono fuori i coltelli e quaranta cadaveri di suore si ritrovarono sul pavimento della chiesa. “

L’attendibilità storica di tali carte rinvenute dalla Macciocchi è stata messa in discussione. Al di là delle varie posizioni al riguardo, ciò che ci interessa, intendiamo evidenziare è la posizione di Mons. Mario Paciello in un articolo del 18 febbraio pubblicato su Avvenire, la quale ci conforta nella nostra convinzione di essere dalla parte giusta riguardo agli avvenimenti della Repubblica Napoletana, primariamente nel giudizio storico sul cardinale della reazione Fabrizio Dionigi Ruffo, scrivendo testualmente che “ la chiesa ha pagato un pesante tributo di umiliazioni e di sangue per mano di soldataglie, avanzi di galera, racimolati da un condottiero che di ecclesiastico aveva solo un titolo e delle prebende acquistati non certo per santità di vita.

“Ancora più illuminante il seguito dello scritto di Mons. Mario Paciello, vescovo di Altamura: Il saccheggio di Almatura non li perpetrò un “ cardinale di Santa Romana Chiesa, a nome della Chiesa, ma un personaggio venduto alla causa dei Borboni, per restituire al Regno di Napoli, città e terre in cui spirava il vento delle libertà repubblicane. Egli non poteva dare assoluzioni, sia perché non era prete, sia perché i delitti non si perdonano mai prima di commetterli, sia perché i suoi banditi non erano penitenti assetati di conversione”.

E Mons. Paciello si è reso, a nostro parere, buon testimone della verità, non solo storica.

 

Bibliografia:

Lorenzo Predome, Altamura Leonessa di Puglia, 1960

Antonietta Maciocchi, Altamura la strage degli innocenti, Corriere della Sera, 17 febbraio 1999

Mons. Mario Paciello, Le vittime non chiedono perdono: lo danno, Avvenire 28 febbraio 1999

 

Angelo Martino

 

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