Repubblica Napoletana 1799. La posizione del clero
Vi furono tanti ecclesiastici meridionali che non solo scelsero la Repubblica, ma prepararono, con il loro pensiero, il terreno ad un’avanzata dei principi democratici di libertà e uguaglianza. Se intendiamo comprendere l’evoluzione del pensiero riguardo al rapporto fra Stato e Chiesa , non possiamo non tener presente l’importante opera di Pietro Giannone, che , con la sua opera “ Triregno”,ebbe un’influenza notevole sul pensiero sia laico che religioso di tutto il XVIII secolo. Vi fu , pertanto , un fermento di idee, di pensiero politico e sociale che si pose in antitesi all’antico regime, proclamando la necessità di un nuovo ordine in cui la democrazia politica si potesse affermare con i principi basilari di libertà e uguaglianza a cui si mostrarono sensibili tanti religiosi .
“Sarebbe miope e ingiusto non valutare appieno la portata che le idee democratiche hanno avuto anche su ecclesiastici di fede sincera e animati da carità cristiana. Non valutare il sacrificio di chi per questo ha dato anche la vita sarebbe davvero ingeneroso." In questa ottica bisogna guardare alla Repubblica Partenopea del 1799, e nel presente scritto intendiamo focalizzare l’attenzione sulla pastorale del 18 marzo 1799 firmata da Mons. Giuseppe Maria Capece Zurlo, già Vescovo di Calvi dal 1756 al 1782, e arcivescovo di Napoli durante i mesi della Repubblica . “Per libertà s’intende - è scritto testualmente - il diritto proprio naturale di ogni cittadino, di poter fare tutto ciò che non è vietato dalla legge, diritto in tutto analogo a quello che , come credenti in Gesù Cristo, voi avete in rapporto alla Religione che professate”. Nel prosieguo il documento pone in risalto come il bene della libertà debba essere coniugato con il rispetto della legge quale contratto tra i cittadini di ogni classe sociale al fine del bene comune. “Tutte queste odiose distinzioni , le quali dividevano un tempo gli uomini in questa società, sono annientate dal nuovo Governo; egli vede in ciascun individuo soltanto il titolo essenziale di cittadino, che tutti quanti eguaglia”. Tale pastorale, anche se molto probabilmente fu redatta da Vincenzo Troise e solo firmata dall’arcivescovo Zurlo, dopo la sconfitta della Repubblica costò cara al cardinale, che in seguito alla “ feroce “ lettera di Maria Carolina a Ruffo del 21 giugno, con la quale si definiva Zurlo uno “ scimunito”, subì un ingiusto esilio a Montevergine. D’altronde la regina era stata chiara: la cacciata dell’arcivescovo Giuseppe Maria Capece Zurlo era “ una delle prime necessarie operazioni” da compiere a restaurazione avvenuta. Zurlo passò gli ultimi anni nel suo ritiro di Loreto a Montevergine ove morì il 31 dicembre 1801. I funerali furono celebrati a Napoli senza pompa alcuna e solo nel 1806, con il ritorno dei Francesi nel Regno, la sua salma fu trasportata nel duomo con onoranze solenni.
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