I ricordi di Napoli nella Giornata della Memoria
«Rappresenta non solo un luogo del ricordo e della memoria, ma anche un luogo dell’impegno di Napoli nel contrastare tutte quelle che sono forme di intolleranza e ricordare questo terribile episodio della Shoah. Mai come in questo momento nel quale ritornano in Europa venti di intolleranza e venti di violenza ricordare con grande impegno questo momento buio della nostra storia, soprattutto per le nuove generazioni è molto importante perché è un monito per evitare di ripetere gli errori del passato.» [G. Manfredi – Sindaco di Napoli] Successivamente sono stati deposti dei fiori in P.zza Bovio presso le pietre d’inciampo e la cerimonia in Prefettura con la consegna delle medaglie alle vittime della deportazione nei lager nazisti. «E’ una giornata importante per il presente e soprattutto per il futuro per trasmettere ai ragazzi e a coloro che non hanno vissuto questa tragedia il senso di questo sacrificio e soprattutto il pericolo che questi episodi così terribili possano ripetersi. Avere un impegno costante contro ogni forma di intolleranza e di violenza è il miglior modo per difendere la nostra democrazia.» [G. Manfredi – Sindaco di Napoli] Leggi tutto: I ricordi di Napoli nella Giornata della Memoria Zivia Lubetkin e le altre. Partigiane nei ghetti nazisti
Zivia (Celina fu il nome di battaglia) e gli altri partigiani, tutti tra i venti e venticinque anni, ad eccezione di Celina, che ne aveva ventinove, erano acquattati negli armadi, nascosti dietro le porte e in ogni angolo della casa. Il silenzio fu rotto dal rumore degli stivali dei tedeschi che salivano le scale del caseggiato. Quando irruppero nella stanza dove Zivia e i compagni sedevano intorno al tavolo come se fossero poveri ebrei in attesa dell’esecuzione, tutti uscirono dai nascondigli; i tedeschi furono massacrati con ogni tipo di arma e i sopravvissuti batterono in ritirata.» Fu uno dei primi episodi di ribellione nel ghetto di Varsavia che precedettero la rivolta generale nell’aprile successivo; il tutto è stato descritto nel libro di Judy Batalion Figlie della resistenza. La storia dimenticata delle combattenti nei ghetti nazisti (2023). L’autrice di origini canadesi è nipote di alcuni sopravvissuti all’Olocausto Nel libro sono state ricostruite le storie di Zivia Lubetkin e di altre donne che operarono contro l’occupazione nazista in oltre novanta ghetti dell’Europa orientale, per ricordare il contributo femminile, rimasto a lungo nell’oblio. Zivia Lubetkin, nacque a Byten in Polonia il 9 novembre 1914 da una tradizionale famiglia ebrea. Leggi tutto: Zivia Lubetkin e le altre. Partigiane nei ghetti nazisti Il pensiero di Leo Strauss
Autore non molto studiato in Italia, Leo Strauss (1899-1973) è noto soprattutto per essere diventato una sorta di icona del pensiero conservatore americano. Nato in Germania da famiglia ebraica, allievo di Ernst Cassirer, frequentò le lezioni di Martin Heidegger restandone profondamente segnato. Forte pure l’influenza esercitata sul suo pensiero dal filosofo del diritto Carl Schmitt, che lo appoggiò nel concorso per ottenere una borsa di studio alla Rockfeller Foundation nel 1932. Strauss cessò in seguito di avere contatti con lui dopo aver lasciato la Germania a causa dell’adesione schmittiana al nazismo. Chiunque si avvicini alle sue opere ha l’impressione di trovarsi di fronte a un pensatore problematico, per non dire enigmatico. Siamo ben lontani dalla chiarezza, spesso noiosa, della filosofia politica analitica di stampo anglosassone. Strauss, più che offrire risposte, pone in continuazione problemi di soluzione difficile, per non dire impossibile. Né cercava il successo e la gloria accademica e non. Affermò anzi: “Io posso avere una modesta influenza intellettuale sul terreno accademico, ma non ho alcuna influenza nei campi della politica, dell’amministrazione e degli affari”. La frase risale al 1960 e, se rispecchiasse la verità, sarebbe sufficiente a togliere ogni fondamento alle interpretazioni che dipingono Strauss come padrino o nume tutelare dei neoconservatori americani. Antonio Amoretti, ultimo testimone delle Quattro Giornate di Napoli
La scomparsa di Antonio Amoretti è stata, però, una perdita per la storia della città di Napoli. Ultimo testimone delle Quattro Giornate, Antonio ha tenuta accesa la fiaccola della Memoria, raccontando, specialmente ai giovani, di quei giorni di settembre del 1943, ottant’anni fa, quando un popolo intero, ribellatosi al giogo nazifascista, diede inizio alla Resistenza italiana. Antonio, studente di poco più di sedici anni (era nato nel 1927) noto come Tonino ‘o biondo, nel suo quartiere –Stella San Carlo all’Arena- era un po’ il punto di riferimento dei suoi coetanei quasi tutti garzoni di barbiere, dei guantai o dei calzaturifici della zona. Aveva ardore e coraggio; forse troppo coraggio, tanto che anche il suo papà –uno dei ragazzi del 1899 combattente nella Grande Guerra- temeva per quel figlio troppo audace, sprezzante del pericolo, pronto a scendere in strada, dietro una barricata, dall’alto di una terrazza, per battersi contro gli occupanti nazisti. Leggi tutto: Antonio Amoretti, ultimo testimone delle Quattro Giornate di Napoli Le radici pagane del nazismo
L’animo umano era in grado di porsi in rapporto con la natura, poiché anche questa era dotata di un’anima, e ogni individuo poteva istituire con la natura un’intima corrispondenza condivisa con tutto il suo Volk. Quest’ultimo, però, non aveva dimensioni universali, essendo limitato a una particolare entità etnica e nazionale. Ne consegue, pertanto, che a conferirgli il suo carattere e le sue potenzialità non erano “tutte” le manifestazioni naturali, bensì soltanto quelle regionali. La natura veniva definita in termini di paesaggio, cioé quei tratti dell’ambiente circostante peculiari e familiari ai membri di un popolo ed estranei a tutti gli altri. Non nell’ambito della città, ma nel paesaggio, nella campagna indigena, gli esseri umani erano destinati a fondersi e a radicarsi nella natura e nel Volk. Ma non è tutto. Altri articoli... |
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