L’obbligo vaccinale per il bene della comunità
Lo stesso accadde quando si decise di limitare gli omicidi stradali provocati da automobilisti in stato di ebrezza da alcool o stupefacenti. Si è creata, infatti, una legge ad hoc che imponesse controlli severi e sanzioni gravose ai trasgressori. Lo stesso si è fatto quando si è imposto l’uso delle cinture di sicurezza in auto e del casco ai motociclisti: sono stati creati dei provvedimenti legislativi che, inevitabilmente, limitavano le libertà individuali. Ampia parte degli ordinamenti giuridici dei paesi occidentali, dove vige lo stato di diritto, prevedono delle norme che, per salvaguardare i diritti della collettività, limitano delle libertà individuali, altrimenti sarebbe il caos, l’anarchia. Abbiamo esempi innumerevoli di norme del genere anche nell’ordinamento giuridico italiano. Questo accade perché uno dei pilastri del “contratto sociale” dello Stato di diritto consiste nel fatto, per dirla in soldoni, che i tuoi diritti non devono ledere quelli altrui. La tua libertà finisce dove inizia quella altrui e questo vale ancor di più quando si parla di salute pubblica. Come diceva Marco Aurelio «ciò che non giova all'alveare non giova neppure all’ape». Fatta questa premessa, ecco che capita di leggere o sentire in tema di pandemia e di vaccini, una trasversale indignazione nei confronti delle restrizioni delle libertà personali volte a contenere la diffusione del virus e soprattutto riguardo al cosiddetto “obbligo vaccinale”, una minaccia che fa inorridire molti benaltristi. A proposito di Francesco II. La testimonianza di Dumas
Alessandro Dumas, che dal Novembre del 1860 dirigeva in Napoli il quotidiano L’Indipendente, e Gaeta era bersagliata dalle cannonate sabaude (5 nov. 1860 -13 feb. 1861), ha fornito del novello monarca una immagine nitida quanto cruda. Debole, falso, insicuro e pauroso sino alla vigliaccheria, ma anche crudele al punto da gettare, fin dai giorni di Gaeta, il seme della guerra civile, pervicacemente inseguito dal successivo soggiorno romano, dal quale fomentava il brigantaggio e il terrore per tutte le contrade del suo ex reame, col pieno sostegno dalla Corte Romana. In proposito, A. Dumas, come si vedrà più avanti, non ha mancato di evidenziare «la solidarietà dei dispotismi: il Papa è, più di quel che non si creda, fratello del Sultano». Così facendo, Francesco II sperava di poter risalire trionfalmente la penisola, come in altri tempi aveva fatto il sanguinario cardinale Ruffo, scortato dai briganti capitanati da Borjes, Crocco e Chiavone. Il suo tempo, però era già finito. Leggi tutto: A proposito di Francesco II. La testimonianza di Dumas Tucidide e la Guerra del Peloponneso
L’evento apparve straordinario, sembrò che gli autori del sacrilegio avessero seguito fedelmente una parola d’ordine. Ci chiediamo quale fosse, in tale circostanza, la reazione del popolo di Atene. Il panico che lo invase alla vista delle statue mutilate e nell’apprendere che in alcune case si svolgevano parodie dei Misteri eleusini, le dimensioni sproporzionate che assunsero tali fatti, deprecabili alla luce della costituzione dei padri (νόμος πάτριος), hanno suscitato negli storici moderni della grecità profonde riflessioni, di notevole interesse storico e ideologico, che hanno stimolato, a vari livelli di studio, una complessa problematica, per comprendere in che modo gli Ateniesi abbiano potuto collegare azioni sacrileghe e cospirazione politica. Le perplessità di Thirlwall, a questo riguardo, hanno rivelato oscuro un tale legame: «Nous voyons, écrivait-il, si peu de connexion entre des actes d’une impiété audacieuse et des desseins contre l’État, que nous avons de la peine à comprendre comment ils ont pu être associés ensemble, comme ils l’étaient dans l’esprit des Athéniens.» L’ombra del colera del 1837
Sì, Napoli è mille colori, ma quella tarda primavera ebbe il colore nero del lutto e il bianco della calce viva. Il cholera era tornato, con rinnovata cattiveria, dopo appena un anno che era andato via ed eccolo nuovamente imperversare per strade e vichi e disilludere chi non credeva nel suo ritorno, e falciare ancora altre anime. Questa lettera sporca, che pure attesta nelle sue parole il ritorno del morbo mortale a Napoli, che pure è scritta da uomini che ebbero importanza, non è una lettera che si legge, è una lettera che si guarda, che si odora. È la sua ruvida carta la reliquia, la prova della umana paura e del tanto umano tentativo di adottare misure idonee a salvarsi la vita. Ed allora nel guardarla, non nel leggerla, emerge chiaro il segno della pinza con cui la lettera venne prelevata e tenuta distesa e girata su un fuoco di legna umida per essere fumigata e disinfettata. Nuovo Monitore Napoletano N.144
Nuovo Monitore Napoletano N.144 Dicembre 2020
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Filosofia Storia e UtopiaI tanti aspetti della “verità”
Libere Riflessioni - Eventi La lezione di DiegoIl ‘petrolio’ degli anni Duemila Una riflessione su AuschwitzIn difesa della memoria storica del RisorgimentoIl Natale tra false teologie e verità evangelicheRicordi di un Natale salentino2020 Annus horribilisLa beatificazione di “Francischiello”: un’offesa alla verità storica
Si offendono in questo modo verità storica e clima civile di una società libera, democratica, laica, fondata sui basilari diritti civili, politici, sociali, ai quali le alte sfere della chiesa cattolica oggi si riferiscono nei loro discorsi e nei loro scritti. Se Papa Francesco, nella scia di precedenti pontefici, designa i diritti civili, politici e sociali come dimensioni necessarie della dignità di ogni essere umano e di una società umana e religiosa degna di questo nome, ed alla luce di essi critica regimi dittatoriali e società autoritarie e fanatiche, non si comprende come si possa beatificare un sovrano assolutista, clericale, legalmente antisemita, il cui regime ed i cui ordinamenti erano fondati sulla negazione di quei fondamentali diritti civili di libertà e di umana dignità, ai quali i suddetti Pontefici si riferiscono. Gli ultimi pontefici inoltre hanno messo e mettono ben in luce che la vera religiosità non ha niente a che vedere con il formalismo bigotto e con la superstizione, che furono caratteristiche notoriamente tipiche di Francesco II. Leggi tutto: La beatificazione di “Francischiello”: un’offesa alla verità storica |
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