Le impressioni di un medico nell’isola di Kos
Kos è un’isola del Dodecaneso, si trova a quattro miglia marine dalla Turchia. Nei giorni tersi se ne osserva la costa, con l’antica Alicarnasso, oggi Bodrum, che troneggia su quello spazio di mare. L’isola vista dall’alto ha una forma stretta e allungata, come se fosse una sorta di racchetta per giocare a tennis. L’aereoporto si trova nelle vicinanze della testa della racchetta, nei pressi della città di Kefalos. Essa viene raggiunta da Atene, con un volo di circa cinquanta minuti; poi per giungere la città di Kos, in auto, ci si impiegano circa altri trenta minuti. Il paesaggio che si osserva lungo il tragitto, se da un lato è duro; dall’altro è affascinante con un richiamo forte della natura. Nel mese di luglio, il caldo è secco, è sopportabile e la cittadina di Kos è multilingue. Si odono i diversi idiomi del Mondo, dalla lingua inglese, onnipresente, sino a quella autoctona, il Greco. Tutte queste ci consentono di immaginare come l’isola sia stata ed è un crocevia culturale, importante per lo sviluppo del pensiero del Mondo mediterraneo. Passeggiando per la città, si avverte quell’area magica, nel cui contesto un platano si erge al centro della via ippocratica. Or bene e proprio da quest’albero che si percepisce una delle essenze della medicina, la sua esistenza e tutto quanto possa collegarci all’essere Medico.
Questo è dovuto fondamentalmente ad una tradizione, radicata nel nostro Mondo, che vuole che i primi insegnamenti di medicina fossero impartiti alla sua ombra da Ippocrate - uno dei padri dell’ Arte Medica- la cui presenza è ancora percepita, nonostante siano passati circa XXV secoli. Questa tradizione, vera o no, a mio avviso non è importante; è importante il concetto della memoria storica, che contempla la nascita della filosofia medica, basata sulle osservazioni e loro registrazioni. Si tratta di quella metodica che ha permesso, in tempi più recenti, di sviluppare quel pensiero,insegnato da Antonio Cardarelli, che ha come motto observatio et ratio. Anche se la vita di Ippocrate è caratterizzata da aneddoti più o meno leggendari, si può comunque desumere, senza ombra di dubbi, che egli già fosse celebre in vita. A tal proposito, Platone testimonia come egli fosse considerato il medico per antonomasia (Platone, Fedro 270c), alla stessa stregua di Fidia di Atene e Policleto di Argo quali scultori per eccellenza (Platone, Protagora 311 c). Il platano è imbrigliato in una rete a sua protezione. I turisti, forse spinti dalla curiosità, per una foto ricordo, o per altro, immortalano la loro presenza in una immagine che rimarrà indelebile per gli amici che le osserveranno. Ma qual è il significato di questo albero? Esso è la vita, con le radici che penetrano nelle profondità della terra di una terra che è in pratica il vero segreto della nostra esistenza; mi ricorda l’albero di Canforo situato nell’orto medico degli Incurabili. Entrambi, per me, hanno il compito di ricordare ai posteri il significato della vita; un panta rei che scorre nelle ore, nei giorni, nelle settimane, nei mesi, negli anni, nei secoli. Gli alberi sono Ippocrate e sono di monito per la nostra professione. Dalla cittadina di Kos, percorrendo una strada, in leggera salita nella parte finale, per circa quattro chilometri, in direzione nord-ovest, si giunge in un luogo che amo definire il tempio della conoscenza, il percorso dei Segreti: l’ Asklepeion. A questo monumento si accede per un viale alberato, fino all’apertura di un grande spazio. Ad una prima visione del monumento, subito si ha l’impressione di un luogo magico e sacro, nonostante i restauri eseguiti in passato. Il monumento si staglia su tre livelli, con una foresta intorno. Questi elementi hanno avuto dei precisi compiti La sensazione che ho avuto, osservando questo luogo, che i livelli non sono altro che l’espressione ancestrale del percorso catartico della conoscenza. L’individuo attraverso un rituale ben preciso, raggiungeva il livello più elevato dove, al centro, era edificato il tempio del dio. In questo luogo avveniva il passaggio definitivo, ossia la conoscenza della vita. (in questi luoghi non si poteva nascere o morire!). Conoscere la vita in pratica è vedere gli aspetti più reconditi della propria esistenza, conoscere i Segreti della natura, bella e struggente da un lato, e misteriosa dall’altro. Di vedere e non vedere, di dire e non dire. Insomma cercare di entrare nella in quella segretezza, alla stregua di quel Giovanbattista della Porta o Giovanbattista Vico. Questi ultimi, in pratica, possono essere considerati, a mio avviso, il continuum ippocratico-asclepico, che a Napoli ha avuto molti seguaci. E pensare che questo avveniva molti secoli fa. Ma oggi, noi cosa facciamo? Non andiamo alla ricerca di qualcosa? Non facciamo dei cammini il cui fine è la scoperta di noi stessi?. In pratica il percorso di Kos non è altro un percorso della memoria, senza la quale siamo destinati a scomparire!
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