La piccola Hajar
L’integrazione con il resto della classe non fu immediata: Hajar aveva i suoi tempi e così anche gli altri! Nel questionario che le sottoponemmo come prova d’ingresso, alla domanda: “ Di che nazionalità sei?” rispose:“ Italiana”. Le spiegai che i suoi genitori erano venuti dal Marocco e che, anche se si trovavano in Italia già da parecchi anni continuavano ad essere marocchini. Mi rispose che lei non era nata in Marocco ma a Napoli e che quindi era napoletana. Anzi, per dare maggiore incisività all’argomentazione me lo disse in dialetto: “Professorè, ij song napulitana e pircciò so italiana. ‘O Marocco nun nce so’ maie stata!” La parola marocchino, poi, aveva per lei un’accezione negativa. Hai voglia a spiegarle che si tratta di un aggettivo derivante da Marocco, come italiano deriva da Italia! Asseriva, e provate a darle torto, che la gente la usava in maniera offensiva… Non starò a dilungarmi, dirò solo che ci volle molto, molto lavoro affinchè Hajar accettasse di riconoscere le sue origini. Dopo di che fu lei stessa a trasformarsi in intervistatrice della sua famiglia e a portare a scuola usi, costumi, tradizioni e cultura del Marocco.
Portò a scuola anche i suoi sapori grazie a dei dolci che la madre e la nonna prepararono apposta per noi, ci spiegò cos’è la Pasqua musulmana e come la si vive; scrisse in arabo alcune parole spiegandoci anche che andavano da destra verso sinistra, proprio per mostrarci il suo idioma. Non mancò la musica, portata da un compagno su una pen drive. Belle lezioni in cui culture differenti diventano veicolo di conoscenza, di interazione e di integrazione. Prima di lasciare definitivamente la scuola è venuta a salutarmi e, fra le tante, belle cose mi ha detto: “ Ho origini marocchine, professorè… ma so’ sempre napoletana e italiana!” Non posso che darle ragione e plaudo alla mia Napoli per avere approvato la cittadinanza onoraria per i figli degli immigrati! |
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