Galante Oliva, il 1° maggio, lavoro, pane e libertà
Nella storia del Meridione ci sono personalità della politica e del sindacalismo del Novecento che, pur avendo salde radici nei territori di origine, con le loro idee, le loro battaglie, la loro lezione morale, hanno travalicato i confini locali. Uno di questi è il nocerino Galante Oliva, classe 1932. Rimasto a 14 anni orfano di padre e tre anni dopo anche di madre, costretto per sopravvivere ai lavori più umili già all’età di 12 anni (operaio, bracciante, contadino, cestaio: 15 ore al giorno, con paghe infime), trovò nell’attività sindacale nella CGIL e nella militanza politica nel Pci un’occasione di crescita umana e intellettuale, diventando uno dei massimi rappresentanti del sindacato in Campania e un punto di riferimento di politici del calibro di Pietro Amendola.Allora il 1° maggio era un appuntamento collettivo di riflessione dei lavoratori. Appare quindi di sicuro interesse storico l’operazione di Mimmo Oliva di raccogliere in un saggio intitolato “A me pare che il mondo resti fermo” (184 pagine, editore l’Istituto storico “Galante Oliva”) tutti i discorsi tenuti dal padre in quell’occasione, dal 1956 al 1974, parlando dal palco in Piazza Cianciulli a Nocera Inferiore, davanti al Liceo Classico G.B. Vico, dove poi il regista Ettore Scola ambienterà alcune scene del suo “C’eravamo tanto amati”, e le immagini di quelle manifestazioni. E colpisce e commuove leggere le richieste di Galante Oliva di “lavoro, pane e libertà”, le sue precise analisi sulla situazione economica locale, così come le sue denunce sugli sprechi nell’utilizzo dei fondi pubblici da parte dello Stato e sull’indispensabile lotta alla camorra (che qualche anno più tardi lo costringeranno a vivere sotto scorta e a nascondere la famiglia in posti sicuri).
[Il Mattino 16 marzo 2011] |
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