Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il ruolo di supplenza democratica della magistratura

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In questa repubblica vaticana ad egemonia catto-socialcomunista, con appendici varie per la spartizione del potere dei cosiddetti’laici’ (liberali, repubblicani, socialdemocratici), con l’assenza sostanziale della doverosa epurazione dei responsabili del fascismo (che hanno continuato a comandare nei gangli dell’amministrazione dello Stato, della polizia e delle forze armate), coi sindacati che sono stati cinghie di trasmissione dei partiti, con un arcaico familismo amorale nelle regioni più arretrate del paese, vi è stato un sistematico saccheggio del denaro e dei posti pubblici a tutti i livelli, dai Comuni, alle Province, alle Regioni, a livello romano e nazionale, con una offesa quotidiana ai valori di merito, di competenza, di serietà, di onestà, che hanno prodotto tra l’altro il gigantesco deficit attuale di 1900 miliardi di euro, che ci ha portato ad un passo dal baratro.

Il paese ha resistito, perchè il ‘vero popolo lavoratore’, delle campagne e delle città, e minoranze di imprenditori, di ceto medio, di intellettuali forti e liberi, hanno tenuto il tessuto morale e civile del paese, permettendo la ricostruzione e lo slancio economico-sociale, che, con l’aiuto dei paesi occidentali, degli Stati Uniti, dell’Europa unita, hanno permesso alla cara, amara Italia di giungere ai primi posti nel mondo.

Un ruolo di argine e di difesa di valori di legalità, e quindi di tenuta della democrazia italiana, lo  hanno svolto magistrati forti e liberi, che, senza guardare in faccia a nessuno dei potenti e senza farsi intimidire, hanno difeso il rispetto della legge in trincee difficili.

 

Hanno pagato un contributo di sangue, quale non si ritrova in altri paesi d’Europa (e bastino i nomi di Livatino, Falcone, Borsellino), hanno dovuto subire aggressioni da ambienti giornalistici e politici, quando hanno pestati i calli di potenti che si sentivano impuniti.

Ad essi va la gratitudine delle cittadine e dei cittadini seri, liberi ed onesti. Nelle trincee soprattutto meridionali (senza mai dimenticare il Nord e una città come Milano) coraggiosi magistrati hanno preso di petto i fenomeni della criminalità organizzata, del malcostume locale e nazionale, nei loro collegamenti con persone e i territori di competenza.   Si ricordano ad es. i giudici dei processi alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra, ai casalesi, da Palermo a Santa Maria Capua Vetere.

Ma anche sedi meno note come Catanzaro e Potenza hanno visto operare personaggi coraggiosi come l’attuale sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ed il giudice Henry John Woodcock, che è giunto a far arrestare Vittorio Emanuele di quei Savoia, che, non grati di essere tornati in quella Italia che li aveva mandati giustamente  in esilio nel 1946, soprattutto per la loro complicità e responsabilità per l’avvento del fascismo, non hanno saputo assumere un doveroso, serio e severo costume di serietà e di legalità.

 

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