Una curiosa cronaca stabiese del 1910
Accadde a Castellammare di Stabia, cento e più anni fa, un piccolo fatto di cronaca, uno come tanti. Sarebbe passato inosservato se non fossi stato colpito da quel titolo di giornale: “Sei mesi di carcere per un bacio!” Ma cosa successe? Tutto ebbe inizio per una scommessa tra amici, una di quelle goliardate giovanili che un po’ tutti abbiamo fatto! A me capitò di scommettere, in un giorno di pioggia, che avrei trovato rifugio sotto l'ombrello della prima ragazza che ci passava davanti. Vinsi la scommessa, chiarendo da subito con la giovane che si trattava di una scommessa e la pregai di farmi vincere. Mi rispose con un sorriso accogliendomi sotto l'ombrello, mentre di schiena, sornione, facevo agli amici il segno della vittoria con le dita di una mano. Non chiedetemi cosa ci scommettemmo. Non me lo ricordo più, forse un caffè, una pizza, ma ora proprio non riesco a recuperare quel ricordo troppo lontano nel tempo. Era la prima metà degli anni Settanta. Alfonso Imperati, tanti decenni prima, scommise con gli amici che avrebbe baciato la prima ragazza che avrebbe incontrato per strada. E vinse la scommessa. Ma mal gliene colse, perché la ragazza, Assunta Parisi, il bacio non se lo tenne e denunciò l'audace giovane per quel bacio rubato. La querela portò il malcapitato studente, presumo ampiamente fuori corso, diritto in Tribunale, XIII Sezione, dove fu condannato a sei mesi per oltraggio al pudore, oltre ad una pena pecuniaria.1 Ma la storia non è tutta qui e, come vedremo, si nasconde altro dietro questa apparente frivola cronaca, color rosa.
Alla breve cronaca del solerte corrispondente napoletano, replicò due giorni dopo, sullo stesso quotidiano, il suo omologo stabiese, direttamente da Castellammare di Stabia, il socialista Ignazio Esposito. Ecco cosa ci racconta il nostro concittadino, militante della locale sezione del PSI già da diversi anni, almeno dal 1907. «È necessario che io completi la notizia telefonatavi dal vostro solerte corrispondente napoletano e pubblicato sull'Avanti d'oggi col titolo: “Sei mesi di carcere per un bacio!”, poiché la giovane Assunta è di Castellammare, dove le fu dato dal bollente studente Imperati – e non Imperatore - il “bacio appassionato”. Quello che ha procurato all'anzidetto Imperati i sei mesi di reclusione non è stato il solo bacio, ma anche la minaccia a mano armata contro il fratello della Parisi, che ebbe l'ingenuità di andare a chiedergli spiegazioni della sua audacia. Come si vede, quindi, oltre l'oltraggio... al pudore vi è qualcosa di più grave, ciò che qui fa generalmente ritenere giustissima la condanna inflitta all'Imperati».2 La cronaca finisce qui. Ma noi, curiosi ricercatori, non potevamo non chiederci chi era questo poco simpatico scommettitore. Per reperire maggiori dettagli forse bisognerebbe cercare all'Archivio di Stato di Napoli, dove esiste il Fondo Tribunale Penale di Napoli, ma quei faldoni al momento non sono tutti consultabili, perché il deposito dove sono stati trasportati, decenni or sono, sembra sia inaccessibile per vari problemi. Magari un giorno ci proveremo, a meno che non voglia anticiparmi qualcuno desideroso di approfondire questa storia, solo in apparenza innocua, come abbiamo ben potuto leggere. E se qualcuno lo farà noi gli saremo immensamente grati. Intanto qualche domanda ce la siamo posta, probabilmente la stessa di voi lettori: chi era Alfonso Imperati? Dopo una breve e fortunosa indagine, siamo risaliti ad un giovane, nato a Napoli, la cui famiglia era originaria di Agerola, studente di giurisprudenza, poi avvocato, ma abitualmente residente a Castellammare di Stabia. La sua data di nascita collima perfettamente con i fatti sopra narrati, risultando nato nel 1882, quindi era 28enne all'epoca del bacio rubato. Non solo, corrisponde anche il carattere, guascone, ambizioso, violento e prevaricatore negli atteggiamenti. Senza dubbio alcuno stiamo parlando di colui che fondò il Fascio di combattimento sul finire del 1920, che organizzò la famigerata manifestazione contro l'amministrazione comunale retta dal socialista Pietro Carrese e che precipitò nel massacro passato alla storia come la strage di Piazza Spartaco del 20 gennaio 1921, provocando sei morti, compresa quella del maresciallo dei carabinieri Clemente Carlino. L'Imperati, eletto fortunosamente deputato nel 1921, fu tra i promotori della marcia su Roma, prima di essere cacciato dal partito fascista per indegnità politica. Alcuni anni dopo, nella tarda serata del 12 novembre 1924, al Corso Vittorio Emanuele, trascinato dal suo carattere istintivo, irruente e violento uccise con due colpi di rivoltella, a seguito di una accesa discussione, un suo camerata, l'assessore e imprenditore edile, Andrea Cosenza. Ricercato dalla polizia, fuggì in Francia e successivamente negli Stati Uniti, dove poi si persero le sue tracce.3 Intanto, durante la latitanza, era stato condannato in Corte d'Assisi a 21 anni di carcere per omicidio volontario. A comprovare la nostra indagine abbiamo ritrovato una informativa dell'Alto Commissariato per la provincia di Napoli, inviata al Ministero dell'Interno, dove il soggetto in questione venne descritto come un vero e proprio criminale: «Egli in precedenza all'ultima condanna riportata (i 21 anni per omicidio), risulta condannato nel 1910 a mesi sei di reclusione dalla Corte di Appello di Napoli per offesa al buon costume, minaccia con arma e porto abusivo di rivoltella. Assolto, per non provata reità nel 1913 dal tribunale di Salerno per oltraggio al pudore e non luogo a procedere per adulterio e nel 1922 assolto dalla imputazione di correità in truffa per insufficienza di prove. Venne inoltre accusato di maltrattamenti continuati in danno della moglie, della quale aveva sperperato il matrimonio, per velleità politiche. Le indagini mantenute in linea del tutto riservate non raggiunsero elementi concreti. Tuttavia una denunzia circostanziata presentata dalla moglie fu rimessa alla locale Procura Regia, per il corso giustizia, in data 11 giugno 1924, ma ignorasi l'esito del relativo procedimento».4 Insomma, da che eravamo partiti dalla ricerca di un colpevole di una audace marachella, ci siamo ritrovati a scoprire uno spregevole individuo dal curriculum vitae tipico di un delinquente incallito. Ma prima di chiudere, almeno per il momento questa storia, è doveroso narrare anche cosa accadde alla malcapitata protagonista la cui la vicenda umana non ebbe un lieto fine. Assunta Parisi era nata il 2 maggio 1888, da Emilio, un impiegato, e Filomena Esposito, una casalinga. Scomparve, ancora nubile, nella sua casa di via Regina Margherita, 113, il 3 settembre 1912 quando aveva soltanto 24 anni. Purtroppo la ricerca non ha prodotto ulteriori risultati lasciando tante domande senza risposta. L’unica speranza di saperne di più è riposta nella possibilità di proseguire le ricerche presso gli archivi di Napoli e di Salerno e forse chissà anche spulciando nell'Archivio Storico Comunale di Castellammare di Stabia, se e quando gli amministratori si decideranno a riaprirlo, dandogli una sede adeguata. Noi purtroppo non possiamo fare altro che passare il testimone alla gioventù stabiese, agli studenti e agli studiosi a cui non solo auguriamo di reperire maggiori dettagli, ma soprattutto di vivere tempi migliori.
Note 1. Avanti, Sei mesi di carcere per un bacio, 9 febbraio 1910. 2. Avanti, A proposito della condanna per un bacio. La condanna fu anche per minacce, articolo di Ignazio Esposito,11 febbraio 1910. 3. Per maggiori particolari sulla tragica vicenda di Piazza Spartaco, cfr. su Nuovo Monitore Napoletano, l'ampia ricostruzione di R. Scala, L'altra faccia di Piazza Spartaco. La strage impunita, pubblicata il 20 gennaio 2021. Per maggiori particolari sulla vita di Alfonso Imperati e sul fascismo stabiese cfr. Nuovo Monitore Napoletano, La marcia su Roma da Castellammare di Stabia. 25 ottobre 2022. Un’ampia sintesi della ricerca relativa alla marcia su Roma è stata pubblicata sulla rivista bimestrale, Infiniti Mondi, Anno 7, n. 27, gennaio febbraio 2023. 4. ACS, CPC: Alfonso Imperati, b. 2630, Alto Commissariato per la Provincia di Napoli a Ministero dell'Interno, 26 febbraio 1929.
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