La corsa alla transizione energetica: “adelante con juicio”

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Esiste oggi una drammatica corsa per la quale è in palio la sopravvivenza del pianeta terra o meglio della specie umana. Da una parte la natura che reagisce al riscaldamento climatico e prosegue in modo inesorabile verso il disastro, dall’altra governi e popolazioni che cercano di ostacolarla sostituendo i combustibili fossili responsabili del riscaldamento globale mediante fonti alternative, la cosiddetta transizione energetica.

Come in ogni corsa è fondamentale arrivare al traguardo, ma anche saggio evitare gli ostacoli e non provocare danni durante il percorso.  Andare avanti, con giudizio ce lo ricorda il grande scrittore Alessandro Manzoni nel capitolo XIII dei Promessi Sposi.

«Nel sedicesimo secolo Milano è sotto il dominio spagnolo, è scoppiata la pestilenza ed è sopraggiunta la carestia. Il vecchio Gran Cancelliere, in carrozza in mezzo alla folla in tumulto che chiede pane, è in ansia perché deve raggiungere la sede del Vicario per sottrarlo alla folla che vuole linciarlo ritenendolo responsabile della carestia; si rivolge alla folla con moine e più volte al cocchiere: “Pedro, adelante con juicio”». “Avanti Pedro con giudizio”.

 

L’obbiettivo, scrive Manzoni, fu raggiunto, ma se il comportamento del Gran Cancelliere fosse stato diverso?

La complessità della sfida climatica non è ovviamente paragonabile alla corsa della carrozza di Pedro, ma il richiamo a prudenza e saggezza rimane invariato dopo quattro secoli, in particolare per il nostro Paese dove lo stato di emergenza è sempre presente e nelle rincorse alla soluzione dei problemi si sono verificati troppo spesso danni collaterali.

Inoltre devono essere considerate le caratteristiche del tutto particolari del territorio italiano come ad esempio la ricchezza di energia solare rispetto a quella eolica o della difficoltà di trovare siti geologi adatti alle scorie nucleari.

Per quanto riguarda l’energia solare non si comprende la corsa ad occupare aree vocate all’agricoltura quando si possono utilizzare superfici già occupate dai manufatti.

A causa della cementificazione e dell’abbandono l’Italia ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari.

Nel 2014 il 7% del territorio italiano risultava coperto con asfalto e cemento (edifici privati e pubblici, fabbriche, depositi, insediamenti commerciali, parcheggi, strade etc.) pari ad una superficie di circa 21.000 chilometri quadrati; oggi solo una minima parte è coperta da pannelli solari.

Che ci sia un far west nelle richieste d’impianti e un vuoto normativo nel settore è emerso dalla delibera dell’aprile 2024 della neoeletta Giunta regionale sarda, con orientamento decisamente ambientalista, ma nella quale si fa presente la necessità di una sospensiva temporanea alla autorizzazione degli impianti di produzione energetiche da fonti rinnovabili per individuarne la corretta realizzazione.

Se l’Italia non ha energia eolica come ad esempio la Danimarca o altri Paesi del nord, è sensato mettere enormi pale eoliche in territori di pregio che deturpano il paesaggio, senza che siano fornite evidenti prove della “ventosità” del territorio e sulla quantità di energia che può essere ricavata? Progetti che suscitano perplessità e proteste sono per esempio previsti nel territorio del Mugello fiorentino e in Maremma.

Anche la costruzione di nuove dighe o sbarramenti di fiumi per produrre energia idroelettrica deve essere attentamente valutata per le conseguenze negative che si possono verificare a valle dell’ostruzione valutando la quantità di energia prodotta.

Gli impianti di produzione di biogas devono essere forniti da scarti della produzione agricola, delle attività zootecniche e l’organico della raccolta differenziata. Lascia sconcertati vedere già ora nella pianura padana grandi estensioni di terreno coltivate con piante alimentari al solo scopo di rifornire il crescente numero d’impianti.  

L’utilizzo di energia nucleare è un problema dibattuto, ma a prescindere da problemi di sicurezza, costi e tempi di costruzione delle nuove centrali, una domanda è lecita ai favorevoli al nucleare: si è disposti ad accettare le scorie radioattive nel proprio giardino oppure si appartiene ai Nimby, quelli che proprio non ne vogliono sapere? Si direbbe che quest’ultimi rappresentino la grande maggioranza se da quasi quaranta anni dalla chiusura delle centrali nucleari in Italia non si riesce a trovare un sito unico per la gestione di scorie già esistenti nei numerosi depositi sparsi sul territorio nazionale.

In questa corsa alla produzione di energie alternative rimane inoltre in ombra il problema del riciclo. L’economia circolare è una grande risorsa per risparmiare energia e nuovi materiali, ma se i prodotti sono in eccesso riciclarli può diventare difficile se non impossibile.

Nel 2017 la Cina importava per riciclare più del 70% degli scarti di plastica prodotti a livello globale, ma dal 2018 ha tagliato 24 categorie di scarti, tra cui la plastica optando solo per “scarti di qualità”, avendo constatato che era impossibile riciclare il resto per gli eccesivi costi economici.

Secondo uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Università della Georgia, entro il 2030, il Vecchio Continente accumulerà 110 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, che non potranno rientrare in alcun circuito economico. La raccolta differenziata funziona in Europa, ma il problema di riciclo. rimane.

Se un terzo dei prodotti alimentari finisce nei rifiuti ciò significa che si è sprecato un terzo dell’energia per produrli; ogni anno soltanto nell’Unione Europea vengono distrutti più di 230 milioni di vestiti e calzature, l'80% finisce in discariche o viene bruciato negli inceneritori, mentre altri vengono esportati in Paesi del sud del mondo alimentando spesso un traffico di rifiuti non trasparente.

Nella immensa discarica nel deserto di Atacama in Cile vengono illegalmente gettate ogni anno migliaia di tonnellate di vestiti usati o invenduti, comprese collezioni di moda perfettamente nuove, provenienti da Stati Uniti, Europa ed Asia; da tener presente che la produzione del settore abbigliamento è non solo inquinante, ma richiede anche grandi quantità di energia.

Un altro esempio di consumo in eccesso è quello delle acque minerali: in Italia ne vengono confezionati 16,5 miliardi di litri ; il consumo pro capite è di 150-240 litri l’anno , uno dei più alti in Europa e nel mondo; i problemi legati alla quantità di plastica necessaria all’imbottigliamento e all’inquinamento dovuto al trasporto di 16,5 milioni di tonnellate di materiale  non possono essere sottaciuti; se non vi sono prescrizioni mediche e l’acqua dell’acquedotto comunale è di buona qualità non vi sono motivi per ricorrere alle acque minerali .

Nessuno mette in dubbio l’importanza dei miglioramenti tecnologici che mirano al risparmio di energia dalle auto agli elettrodomestici, alle lavorazioni industriali o all’illuminazione pubblica, ma occorre tener conto in primo luogo gli interessi delle grandi corporazioni che controllano l’energia fossile e che ovviamente si oppongono con ogni mezzo alla transizione energetica, ma anche degli interessi dell’industria a produrre impianti per le energie alternative ; inoltre occorre ridurre lo spreco dei consumi indotto dalla martellante pubblicità.

Nella drammatica corsa per evitare disastri planetari il traguardo della transizione energetica deve essere raggiunto prima possibile dai governi del mondo, ma informando e coinvolgendo le popolazioni con metodi democratici, evitando iniziative di propaganda politica e opponendosi a progetti che hanno alla base solo il profitto.

 

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