Nei versi di Marzo 1821 l’Identità Italiana
A margine di una discussione in cui si chiedeva di esprimere delle opinioni ‘scorrette’ su alcuni libri, è infuriata la polemica quando uno dei partecipanti ha commentato che l’autore ottocentesco sarebbe sopravvalutato e la sua opera I promessi sposi vienestudiata ossessivamente, tanto da rappresentare l’incubo di ogni studente italiano. Meglio, quindi, abolire entrambi e dedicarsi ad altri autori, ovviamente stranieri, quali Zola, Twain, Dickens. Se si leggono i commenti di altri partecipanti sembra che il capolavoro manzoniano sia una specie di romanzo Harmony all’italiana, patetico e sdolcinato. Eppure si sa bene: l’opera è uno straordinario affresco di storia in cui si sintetizza il pensiero dell’autore basato sul problema storico e su quello linguistico, e non solo. Manzoni fu anche uno scrittore patriottico, impegnato direttamente nella temperie risorgimentale. Le vicende dei due innamorati milanesi furono il pretesto per alludere al problema della dominazione straniera (gli Austriaci a lui contemporanei come gli Spagnoli nel Seicento), così come le Odi civili da cui si evince tutta la sua visione politica.
Contemporanea a Il Cinque Maggio fu l’ode Marzo 1821, composta in seguito alla concessione da parte di Carlo Albero di Savoia-Carignano, re di Sardegna, di una costituzione liberale il 14 marzo. Manzoni, convinto che ciò preludesse ad un intervento armato del Piemonte, in appoggio ai moti carbonari per liberare la Lombardia dal dominio austriaco e avviare così il processo di unificazione nazionale, immaginò la scena del passaggio del Ticino - all’epoca confine tra i due regni - da parte dei patrioti italiani (in realtà l’evento non si verificò e Manzoni, amareggiato per il fallimento delle rivolte e per timore di persecuzioni politiche, distrusse lo scritto). I piemontesi fermi sulla riva con gli sguardi rivolti al Ticino appena attraversato, concentrati e sicuri, giurano che da quel momento non ci sarebbe stata più alcuna barriera fra le varie parti d’Italia: «[...] Non fia che quest’onda / scorra più tra due rive straniere: / non fia loco ove sorgan barriere / tra l’Italia e l’Italia, mai più!» Insieme a loro altri patrioti accorrono dalla Penisola: «[...] Altri forti a quel giuro / rispondean da fraterne contrade - per combattere uniti fino alla morte, dopo secoli di servitù straniera - o compagni sul letto di morte, / o fratelli sul libero suol». Manzoni inveisce contro gli austriaci: «O stranieri, strappate le tende / da una terra che madre non v’è - ed incita gli italiani a combattere e vincere per la bandiera - stretti intorno a’ tuoi santi colori / [...] per l’Italia si pugna, vincete! - perché il momento è propizio - Oh giornate del nostro riscatto!» Gli italiani si sono risvegliati per essere un popolo completamente libero entro i suoi confini naturali, «una gente che libera tutta / o fia serva tra l’Alpe ed il mare» unito dalle sue tradizioni militari, dalla lingua, dalla religione, dalla storia, dalla stirpe e dal comune sentire «una d’arme, di lingua, d’altare / di memorie, di sangue e di cor». In quest’ultimi due versi Alessandro Manzoni descrisse la nazione italiana, frutto di una vicenda secolare che, seppur caratterizzata da fratture e divisioni, ha mantenuto il suo fondo comune a discapito di chi oggi la vorrebbe sacrificata sull’altare della fine della Storia.
Gianluca Rizzi
Bibliografia
F. Ulivi, P. Gibellini (a cura di), Alessandro Manzoni. I promessi sposi e Storia della colonna infame. Inni sacri e Odi civili, 2012; Letteratura a scuola, il dibattito: “Manzoni sopravvalutato e studiato ossessivamente solo in Italia, meglio Zola o Twain” [tecnicadellascuola.it, 12 settembre 2023]; “Manzoni sopravvalutato, basta studiare i Promessi Sposi, meglio Dickens e Zola”. Sui social infuria il dibattito sullo studio della letteratura [orizzontescuola.it, 22 settembre 2023]. |
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